Fuga per la sconfitta
1973, il primo esodo del tifo è bianconero
di CHRISTIAN GIORDANO, GUERIN SPORTIVO
Un anno dopo all’ultimo atto si presenta ancora l’Ajax e sempre contro un’italiana, la Juventus. Come con i greci del Panathinaikos e con l’Inter, per la terza volta consecutiva si ha una gara senza storia.
I bianconeri arrivano senza grosse difficoltà alla loro prima finale, superando il Marsiglia (0-1/3-0), il Magdeburgo (1-0/1-0), l’Ujpest Dosza (0-0/2-2) e il Derby County (0-0/3-1). Sedici anni prima del tanto strombazzato esodo degli 80 mila rossoneri a Barcellona per Milan-Steaua, il 30 maggio 1973 non meno di 40 mila juventini stipano il «Marakana» di Belgrado.
Nella diversità della vigilia vissuta dai diretti protagonisti c’è, oltre ad una parziale spiegazione dell’andamento della gara, uno scontro di filosofie: di vita prima ancora che calcistiche. Gli italiani vanno in ritiro nel senso più seminaristico del termine, gli olandesi attendono l’evento come una festa, che poi fanno alla Juve. I piani tattici dei bianconeri saltano dopo appena quattro minuti: azione manovrata del libero Blankenburg che dalla trequarti sinistra fa partire un traversone senza pretese. La parabola, lenta ma alta, finisce dalla parte opposta dove Longobucco non stacca neanche. Rep invece sì: zuccata (di nuca) che prende in controtempo Zoff e palla che s’infila nell’angolino lontano alla destra del portierone bianconero. La Juve, paralizzata dall’emozione, pare non giocare e agli olandesi, ormai all’apice della maturità tattica, non sembra vero. Il punteggio non muterà più, con l’Ajax che quasi irride i torinesi con la sua sapiente «melina». La Juve si arrende senza combattere e a distanza di trent’anni nessuno ha capito perché.
La tattica/Sogno o son “Cesto”
Per l’Ajax tricampione d’Europa non servono presentazioni. Calcio Totale, una generazione di fenomeni senza ruoli fissi (Suurbier, Hulshoff e Krol dietro, Haan e Neeskens in mezzo, Rep e Keizer davanti) e un fuoriclasse epocale, Cruijff.
La premiata ditta Boniperti-Vyckpalek, rispettivamente presidente e allenatore, ha rilanciato alla grande i bianconeri, capaci di imporsi in campionato dopo un digiuno di cinque anni. Si intuisce subito che un nuovo ciclo di successi, perlomeno in ambito nazionale, è già cominciato, grazie alla classe di giovani come Bettega e Causio e all’esperienza di vecchi fusti come Haller e Altafini, che partendo dalla panchina sanno ancora regalare scampoli di gran calcio.
In più la Juve può contare sulla lucida regia di Capello, produttivo anche in zona-gol, sulla quantità assicurata da Furino, spietato marcatore della mezzala più pericolosa, e sulle percussioni di Marchetti sulla fascia sinistra. In difesa, marcatura a uomo pura con Morini e Spinosi (o Longobucco) sulle punte e Salvadore libero classico.
In attacco, i ruoli sono abbastanza intercambiabili. Bettega parte più arretrato ma poi stringe al centro per sfruttare il suo eccezionale gioco aereo. Anastasi (e/o il vecchio e un po’ appesantito Altafini) svariano invece sull’intero fronte offensivo.
Prevalentemente da destra, e spesso scambiandosi con Haller quando questo è della partita, Causio fornisce cross come se piovesse, mentre il tedesco si inserisce da lontano.
Nel complesso, un coro di voci forti che però stecca l’acuto. E proprio nella serata di gala.
Il tabellino
Belgrado, stadio «Marakana», 30 maggio 1973
Ajax-Juventus 1-0 (1-0)
Ajax (4-3-3): Stuy; Suurbier, Hulshoff, Blankenburg, Krol; Haan, Neeskens, G. Muhren; Rep, Cruijff, Keizer. Allenatore: Stefan Kovacs.
Juventus: Zoff; Longobucco, Marchetti; Furino, Morini, Salvadore; Causio, Altafini, Anastasi, Capello, Bettega. Allenatore: Cestmir Vycpaleck.
Arbitro: Gugulovic (Jugoslavia).
Marcatori: Rep al 4’.
Sostituzioni: Cuccureddu per Causio dal 78’.
Spettatori: 90 mila circa.
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