BARONCHELLI E L’IMPRESA AL LOMBARDIA '77



Gianbattista Baronchelli ha le stimmate del predestinato, quando nel 1974 si affaccia al professionismo, poco più che 20enne e con la vittoria al Giro d’Italia dei “piccoli” nel 1973. E proprio alla Corsa Rosa del debutto coglie un clamoroso e prestigioso secondo posto, battuto per l’inezia di 12″ – il margine più esiguo nella storia ultracentenaria del Giro – dall’immenso Eddy Merckx.

Il risultato innalza Baronchelli al rango di campioncino quando ancora ha da farne di strada, e in effetti le attese sul suo conto vanno in parte deluse, se è vero che nei primi tre anni tra i “grandi” somma una vittoria al Trofeo Baracchi in coppia con Moser e il Trofeo Laigueglia nel 1975, il Giro di Romagna e la Vuelta dei Paesi Baschi nel 1976, anno in cui è quinto al Giro, la prima di una serie di sei vittorie consecutive al Giro dell’Appenino, il Giro di Romandia dove batte Zoetemelk e la tappa di Pinzolo al Giro d’Italia del 1977, quando torna sul podio in terza posizione, alle spalle di Pollentier e Moser. 

G.B. è bravino, si disimpegna egregiamente un po’ ovunque, vince anche qualche corsa di pregio ma manca del suggello di una gara che appartenga al Gotha del ciclismo. Almeno fino all’8 ottobre 1977, quando il calendario propone la “classica delle foglie morte” che chiude la stagione, ovvero il Giro di Lombardia, che Baronchelli ha corso una prima volta nel 1975 figurando infine al settimo posto, intruppato nel quartetto di contrattaccanti composto anche da De Vlaeminck, Maertens e Merckx che chiude a 1’17” dal trio Moser, Paolini e Chinetti che si contende il successo.

Sono da percorrere 257 chilometri, da Seveso, che l’anno prima ha conosciuto il disastro di una dispersione di diossina, a Como, e che non sarà proprio una passeggiata lo preannuncia il tempo inclemente. Alla partenza piove a dirotto, fa freddo e le strade sono allagate, si attende una giornata micidiale ed in effetti al traguardo giungeranno solo 26 dei 114 corridori allineati alla partenza. Tra questi c’è Roger De Vlaeminck, campione in carica e che in primavera ha vinto Fiandre e Roubaix ma non è in forma smagliante per una tendinite; c’è Freddy Maertens, dominatore alla Vuelta con 13 successi parziali ed in testa al Superprestige Pernod che premia il miglior corridore dell’anno; c’è soprattutto Francesco Moser, vincitore appunto nel 1975, che indossa la maglia arcobaleno conquistata qualche settimana prima a San Cristobal e vuol fare saltare ancora il banco. Accanto a questi tre gettonatissimi fuoriclasse, ecco anche Zoetemelk, che ha dimestichezza con il percorso duro, Thevenet che ha bissato al Tour de France il successo del 1975, il giovane rampante Saronni che al primo anno da professionista ha infilato un trittico di vittorie promettenti, alla Tre Valli, al Giro del Friuli e al Giro del Veneto. E poi, ancora, il campione d’Italia Paolini, Baronchelli, Panizza, Beccia e Vandi tra gli azzurri e De Muynck, Johansson e Vandenbroucke tra gli stranieri.

Nella prima parte di gara sono da affrontare le salite di Erba, Sormano e Madonna del Ghisallo (che torna ad essere scalato dopo l’esclusione dell’anno prima), il Colle Balisio attende i corridori prima del giro di boa e nel finale San Fedele d’Intelvi, Castiglione d’Intelvi e San Fermo della Battaglia sono le asperità che chiameranno i più forti alla resa dei conti, prima dell’arrivo sul lungolago Trento a Como.

Come ogni grande classica che si rispetti, alcuni temerari azzardano la fuga da lontano, senza troppe illusioni di arrivare in fondo ma perlomeno con il conforto di garantirsi un’adeguata razione di visibilità. Alberto Caiumi, gregario di Marino Basso alla Selle Royal di Carlino Menicagli, e José Luis Viejo della Kas Campagnolo attaccano poco dopo la partenza, e in vetta al Ghisallo hanno quasi 3′ di vantaggio sul gruppo. Il plotone lascia fare, anche perché i due fuggiaschi menano di buona lena, perdendo terreno solo sul Colle Balisio in cima al quale transitano con 1’35”.

Il maltempo continua a imperversare, e i ritiri si susseguono, tra questo quello eccellente di Thévénet, che alza bandiera bianca per il freddo. Il plotone dei migliori si riduce chilometro dopo chilometro, la durezza del percorso così come le pessime condizioni atmosferiche inevitabilmente selezionano i più pronti alla battaglia, fin quando sono la SCIC di Baronchelli, Panizza e Saronni e la Sanson di Moser e Fabbri ad alzare il ritmo e inseguire i due avventurieri in avanti con maggior convinzione. E così, a Porlezza, i due battistrada vengono raggiunti dopo una fuga di 145 km.

Sul Passo d’Intelvi è sempre la SCIC a forzare l’andatura, sotto la spinta di un motivatissimo Saronni che spesso si fa vedere il testa al gruppo, producendo una frazione nel plotone. De Muynck, che pedala con energia e ha incedere grintoso, passa primo in vetta con Moser e Saronni a ruota, e un gruppetto di sedici unità, comprendente i migliori, prende il largo. Tra questi ci sono i due belgi di prima fascia, Maertens e De Vlaeminck, intenti soprattutto a controllarsi a vicenda per la classifica del Superprestige, ci sono gli italiani Bitossi, Panizza, Beccia, Vandi, Baronchelli, Perletto e Fabbri, Zoetemelk si aggancia e con lui De Witte, Vandenbroucke e Edwards, britannico che gareggia per la Sanson del campione del mondo.

La discesa resa viscida dal bagnato tradisce Beccia che cade ed è costretto al ritiro; sulla salita di Schignano è ancora la SCIC a scandire il ritmo, stavolta con Panizza che scatta e si trascina dietro l’indomito De Muynck il quale però non collabora, mantenendosi in scia a Wladimiro, armato di una buona dose di tenacia. In vetta i due transitano con una manciata di secondi sugli inseguitori che, in discesa, dopo un tentativo di Moser, riassorbono i due battistrada. Tornati in pianura, inizia la sarabanda degli scatti e Saronni è ancora tra i più attivi; nonostante una foratura che lo costringe ad un affannoso rientro, Beppe scatta a ripetizione senza riuscire però a piazzare l’affondo risolutivo. Tenta ancora un allungo Panizza, che si trascina dietro Vandi, Fabbri, De Witte e il compagno di scuderia Baronchelli. I cinque conquistano subito qualche centinaio di metri mentre alle loro spalle Moser (con Saronni sempre al fianco) temporeggia, Maertens e De Vlaeminck continuano a guardarsi a vicenda, e nessuno se la sente di inseguire con decisione.

Non che gli stessi battistrada riescano a trovare l’accordo per fare la differenza, anzi, e così, a 19 chilometri dal traguardo, lungo un breve tratto in salita, Baronchelli prova l’azione di forza; soltanto De Witte riesce a seguirlo, Panizza si rialza, fa gioco di squadra e rimane dietro a controllare Vandi e Fabbri. Baronchelli, finora al coperto, si scatena e, sotto la pioggia incessante, il suo passo si rivela potente ed efficace. De Witte si mantiene passivo alla sua ruota ma è in evidente difficoltà. Il vantaggio dei due attaccanti sale rapidamente, quindi sulle prime rampe del San Fermo della Battaglia Baronchelli attacca di nuovo. De Witte non prova nemmeno a reagire e “Tista” si invola solitario al comando tra gli incitamenti dei tifosi presenti ancora in gran numero nonostante la pioggia, il vento e il freddo. Baronchelli vola sulle ali dell’entusiasmo, la sua azione è fluida e potente, nessuno può più impensierirlo: in vetta al San Fermo ha 50″ su De Witte e 1’25” su un gruppetto composto da Panizza, Vandenbroucke, Vandi, Bitossi e Zoetemelk mentre Moser e Saronni si trovano ormai irrimediabilmente tagliati fuori con un margine superiore ai 3′. La corsa è ormai decisa, Baronchelli è imprendibile e giunge al traguardo da dominatore, coadiuvato alla perfezione dalla corazzata Scic che non ha sbagliato una mossa, con 1’07” su Vandenbroucke che anticipa in volata Bitossi che a 37 anni colleziona il sesto podio al Giro di Lombardia fatto suo nel 1967 e nel 1970, con De Witte quarto, Panizza quinto, Vandi sesto e Zoetemelk settimo a completare il gruppetto degli inseguitori.

Per Gianbattista l’incantesimo è spezzato, conquista quella vittoria che può valere una carriera ed entra di diritto tra i campioni del pedale. Vincerà ancora, Baronchelli, proprio al Lombardia nel 1986, e sarà secondo al Mondiale più duro della storia, a Sallanches nel 1980 battuto solo dal dio Hinault, così come coglierà un’altra piazza d’onore al Giro d’Italia del 1978, ma quell’8 ottobre, sotto la pioggia, realizzò un’impresa. Di quelle destinate a rimanere per sempre negli almanacchi.

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