FOOTBALL PORTRAITS - Alex Del Piero, il Boniperti del Duemila (2009)


di CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 30, 28 luglio - 3 agosto 2009

IO E LE RADICI 

Al ricordo Vittorio Scantamburlo ancora piange, lo testimonia la memorabile puntata che Sfide gli ha dedicato. È il 10 novembre 1987 quando, sul suo quadernino, annota tale Alessandro Del Piero. “Alex”, in famiglia. Filo d’ossa e occhioni da cerbiatto che l’allora osservatore del Padova scova nel vivaio del Conegliano. La squadretta dell’omonima città dove il talentino è nato il 9 novembre 1974. 

Da allora, per il guru la Conegliano-Oderzo diventa stradello quotidiano verso Borgo Saccon, frazione a sud di San Vendemiano, per ingraziarsi l’inafferrabile numero 7 e soprattutto i familiari del genietto: papà Gino, elettricista dell’ENEL, mamma Bruna, casalinga, e il fratello Stefano, ex promessa poi dilettante di nove anni più grande. Beatrice, di origini romene e adottata a cinque anni, arriverà dopo. 

Gino, juventino nel dna ed ex calciatore amatoriale, con i geni ha trasmesso la passione anche al primogenito, Stefano, arrivato sino alla Sampdoria primavera, con Lippi allenatore. «Giocavo con Gambaro e Melchiori, nella Berretti c’erano Ganz e Zanutta – ricorda l’attuale procuratore di Alex – Dopo due anni, tutto finito e senza un perché. Lì capii molte cose, le stesse che spiegai ad Ale quando prese il volo. Anche per questo, oggi, è un ragazzo così umile, posato, mai sopra le righe». «L’esperienza di mio fratello – conferma il predestinato – è un richiamo alla realtà, ai rischi delle illusioni, all’importanza dei valori della vita». 

Il primo campetto glielo costruisce papà, sotto casa. Tra l’orto e la strada c’è una striscia di terreno, e per lui è un gioco da ragazzi piantare quattro pali con su una lampadina, illuminata dalla corrente derivata dal garage. «Mi pare ancora di vederlo, mio padre, mentre si arrampica – racconta Alex – Noi zitti in attesa del miracolo, e le luci che si accendono. Un momento fantastico». Ripetuto a comando, in sfida agli amici (Nelso, Pierpaolo Mazzer, Giovanni Paolo e Basei), centrando col pallone l’interruttore: «Guardate come vi accendo la luce». Clic. 

Il primo allenatore, a otto anni, è Umberto Prestia, al San Vendemiano: «Gli diedi il pallone e si mise a palleggiare. Non la smetteva più. Era il più bravo, e per misurarsi cercava i più grandi. Le sue fortune sono state l’esperienza del fratello e i sani princìpi dei genitori. È così che è cresciuto, ragazzo perbene e gran giocatore». 

Stagione 1986-87, da Mazzer arriva una dritta a Buffoni, l’allenatore che sta portando in B il Padova e che vive in zona. Il mister la gira al ds Giambattista Pastorello («Guarda che in una squadretta qua vicino c’è un gran talento») e quello manda in missione Scantamburlo. 



IO E IL PADOVA 

Ale è alle medie e i genitori vorrebbero le terminasse prima di pensare solo al calcio. Ma tempo un anno e il 18 agosto 1988 Romolo Camuffo, responsabile del vivaio, va a prenderlo a casa per tesserarlo nei Giovanissimi di Bozzao e Cavasin. Sarà subito scudetto. Negli Allievi, lo allena Maurizio Viscidi che però ha poco da insegnargli: «Un giorno, lo prendo da parte e gli chiedo come fa a smarcarsi sempre, a ricevere comunque la palla. Lui mi spiega due cosette che avrei letto un anno dopo, sui libri. In pratica, mi ha insegnato lui come ci si creano gli spazi». 

Il 15 marzo 1992 Mazzia lo fa esordire in prima squadra, a Messina, in B. Altre 4 presenze e zero gol. Il primo arriva il 22 novembre, con Sandreani allenatore: in Padova-Ternana, di destro. Sarà l’unico in 10 gare stagionali. Eppure per il ds Piero Aggradi è il «nuovo van Basten». E come tale lo propone, come diritto di prelazione, a Juventus e Milan nel pacchetto-Sartor. 

Come i compagni che vengono da fuori, Alex abita nella foresteria vicino lo stadio e viene seguìto negli studi. Del Piero li completa col diploma di ragioniere. Finalmente, può dedicarsi solo al calcio. Il ragazzo che davanti alla tv sognava di vendicare il Platini appeso in camera – sdraiato per protesta dopo il gol annullatogli contro l’Argentinos Juniors nella finale Intercontinentale 1985 – vuole la Juventus. Il Milan si defila e a fine 1992-93, quando si rifà sotto, è tardi. Boniperti telefona ad Aggradi e per 2,5 miliardi di lire, più il cartellino di Bonaiuti, lo fa bianconero mostrandogli le coppe di piazza Crimea: «Hai visto quante sono? Be’, cerca di vincerne tante anche tu, per fare la Juve ancora più grande. Del contratto non preoccuparti, firma e sarai contento: la cifra la mettiamo noi, tranquillo». 

«Il Milan ha preso van Basten? E noi Del Piero» dirà il presidentissimo, che ad Aggradi promette: «Se diventerà qualcuno come dici, ti regalerò la nostra miglior FIAT». 

Parallelo il cammino in nazionale, di cui è fedelissimo sin dalla Under 15. Il primo neo è il rigore sbagliato con la U17 all’esordio mondiale di Montecatini: Italia-USA, 16 agosto 1991. La maglia numero 7 finirà incorniciata in stanza, per non dimenticare. Tra il 1992 e il 1993, 12 gol in 14 partite con l’U18. 

Alla Juventus, vince scudetto e “Viareggio” (già giocato nel Padova, 6 partite e 2 reti) con la Primavera, e fa capolino nella prima squadra di Trapattoni. Non prima della ramanzina-bis, dopo quella di Boniperti, sul taglio dei capelli. Andava fatto, e alla svelta. 



IO E LA JUVENTUS 

Il debutto in A il 12 settembre 1993 a Foggia (1-1), il primo gol la settimana dopo: suo il 4-0 alla Reggiana, di sinistro, 28” dopo essere subentrato – con il numero 16 a 20’ dalla fine – a Ravanelli. Dopo la tripletta al Parma, il 20 marzo, il Guerino si sbilancia: «È nata una stella». Prima copertina. 

Cinque gol in undici spezzoni lo avvicinano al prestito ai gialloblù emiliani, invece al via della stagione 94-95 Roberto Baggio si fa male e la Triade ne approfitta per sbarazzarsene: l’erede del Codino ce l’ha in casa. 

E quello si presenta con il celeberrimo 3-2 in spaccata alla Fiorentina, il 4 dicembre 1994. Poi inventa, anzi mutua da Robbie Fowler, i “gol alla Del Piero”: conversione da sinistra e pennellata “a giro” d’interno destro sotto l’incrocio lontano. Alla prima Champions, 5 capolavori simili in altrettante gare. Come lui mai nessun italiano. 

Con Lippi vince scudetti in serie, una Champions su tre finali consecutive (nel 1996 ai rigori sull’Ajax) e da protagonista l’Intercontinentale (suo l’1-0 al River Plate). 

L’8 novembre 1998, al 92’ di Udinese-Juventus, gli saltano crociati anteriori e posteriori del ginocchio sinistro: 9 mesi fuori. È lo spartiacque della carriera. Al rientro, non pare più lui. Titolare senza un perché tecnico. Segna su rigore e smazza assist, ma il cambio di passo sembra rallentato di due frame. Per l’Avvocato, da Pinturicchio (perché Raffaello era Baggio) diventa il beckettiano Godot: non arriva mai. 

A L’Espresso, Zeman parla di «calcio che deve uscire dalle farmacie» e il riferimento è ai gonfiati Vialli e Del Piero. Il pm Guariniello trova duecento tipi di medicinali, la frode sportiva e la prescrizione. 

Godot comincia a palesarsi in Bari-Juventus del 18 febbraio 2001: segna in serpentina ed esulta con un pianto liberatorio. La dedica è al padre, appena deceduto. Lì comincia il terzo Del Piero, recordman di presenze (603) e gol (262) in bianconero. Il biennio sotto Capello, con mille sostituzioni («un giorno mi ringrazierà»), lo manda fuori di testa ma gli allunga la carriera. Calciopoli affonda la Juve in B. Il capitano riemerge con due titoli di capocannoniere. E a 34 anni vive la miglior stagione. «È come il vino: invecchiando migliora», le coccole di Ranieri. L’idillio dura una stagione e mezza. Con Ferrara – poco, ma sicuro – andrà meglio. Dopo il 2011, studierà da Boniperti moderno. La promessa è stata suggellata da un pallone del 1950 tramandato dagli Agnelli a John Elkann e da questi, a novembre per presentare il nuovo stadio e a luglio nel ritiro di Pinzolo, al Capitano fresco di rinnovo. 



IO E LA NAZIONALE 

Il 20 gennaio 1993, è ancora al Padova quando Cesare Maldini lo fa esordire nell’U21 che batte 1-0 in amichevole la Romania. Qualificazioni e quarti in due Europei: nel 1994 con la Cecoslovacchia (primo gol), nel 1996 col Portogallo. In totale, 12 presenze e 3 reti: il 21 febbraio 1996, doppietta in amichevole all’Ungheria. In nazionale A debutta con Sacchi Ct, a 20 anni, il 25 marzo 1995 in Italia-Estonia 4-1. Il primo gol il 24 gennaio 1996 a Terni: Italia-Galles 3-0. A Euro 1996, ha il 14 e gioca solo con la Russia, da esterno. A fine primo tempo lascia il posto a Donadoni. Poi tutti a casa. 

Nel 1997, al Torneo di Francia, lo porta Cesare Maldini. Nel quadrangolare sfoggia il 20 alla Paolo Rossi: al Brasile segna una doppietta nel 3-3; ai francesi, al 90’, il definitivo 2-2. Vince l’Inghilterra, lui è capocannoniere. Con 21 reti in campionato e 10 in Champions (da qui il 10 pure in azzurro), Maldini deve portarlo – con Baggio (career-high di 22 centri in A) – a Francia 1998. L’infortunio alla coscia destra in finale di Champions persa 1-0 col Real Madrid lo manda ko. Baggio sta benissimo, e la stampa ci sguazza. Al primo mondiale, 4 presenze e nessun gol. A Euro 2000 Zoff gli dà il 10 ma davanti ha Fiore poi Totti. Titolare con la Svezia, firma l’assist per Di Biagio e, all’88’, il 2-1 all’incrocio. In semifinale con l’Olanda gioca 87’ su 120’ da terzino per l’espulsione di Zambrotta. In finale, subentra a Fiore al 53’. Al 59’ centra col destro Barthez e al 9’ del supplementare sparacchia a lato di sinistro il potenziale golden gol. Trezeguet, invece, non fallirà. Al mondiale 2002, con Trapattoni Ct, torna vice-Totti. Col Messico, gli subentra a 12’ dalla fine e all’85’ segna il pari-qualificazione. La dedica, come il gol al Bari, è per il papà che non c’è più. A Euro 2004 il Trap crede in lui, ma il 2-2 biscottato di Svezia-Danimarca ci va di traverso. Lippi lo porta a Germania 2006. Negli ottavi con l’Australia lascia il posto a Totti al 75’ e al 95’ il romanista trasforma il penalty che vale i quarti. In semifinale coi tedeschi, entra al primo overtime e al 121’ firma a giro il 2-0. La finale con la Francia per lui inizia all’86’ e finisce col quarto rigore. L’apoteosi la firma Grosso. Dopo lo 0-0 coi francesi nelle eliminatorie per Euro2008, l’aut aut a Donadoni: sono una punta. Out Cannavaro, in Austria e Svizzera è capitano non titolare (Romania a parte). Negli ottavi con la Spagna, entra da quinto rigorista, ma De Rossi e Di Natale sbagliano. Fine di un amore mai ricambiato. Sboccerà a Sudafrica 2010? Se c’è uno che ci crede, è lui. 



IO E IL MIO MONDO 

Riguardo la vita privata è ultrariservato. Il 12 giugno 2005 si è sposato in gran segreto con Sonia Amoruso, fidanzata storica cui era legato dal 1998. La cerimonia si è tenuta in una chiesetta sulla collina di Torino, nella piccola parrocchia di Mongreno. A celebrarla, il parroco don Luigi Ciotti, fondatore e presidente del gruppo Abele, nota associazione di volontariato torinese. Il primo figlio, Tobias, è nato il 22 ottobre 2007 nella clinica Sant’Anna di Torino. La secondogenita, Dorotea, il 4 maggio 2009. Ironia del destino, il sessantennale di Superga. 

Contrariamente ai copia-incolla che girano nelle redazioni, Sonia non è parente del Nicola ex attaccante bianconero. È nata a Torino il 16 agosto 1975 ed è figlia di un macellaio di Orbassano. Dove viveva, in via Nota, a due passi dal palazzo comunale, e dove, in piazza Umberto I, sono state esposte le pubblicazioni di matrimonio. Ale l’ha conosciuta da cliente, ai primi di novembre del 1999, del negozio di moda nella centralissima via Roma a Torino dove lei faceva la commessa. Compresa “Satù”, la boutique torinese di via Giolitti 8 che Alex ha le ha regalato da fidanzati, ora hanno tre atelier. La scintilla è scoccata così. Durante la pausa pranzo, lei andava sempre nello stesso bar a mangiare un panino. Un giorno è arrivato Alex, e per lui è stato un colpo di fulmine. «Per una settimana lui ha sbirciato dalle vetrine del negozio – ha dichiarato Sonia al periodico femminile Grazia – Poi un giorno ha preso coraggio e, con la complicità di una mia collega, mi ha aspettato fuori. Era tutto bardato. Portava un cappello e una sciarpa, si vedevano solo gli occhi. Ma l’ho riconosciuto subito». 

Già da piccola, infatti, per Sonia la Juve era di casa. Il padre, tifosissimo, non perdeva una partita al bar con gli amici o in famiglia. E per lei, ora, il tifo si è spostato al capitano. «Sono di parte, seguirei Ale ovunque». Insieme, però, si fanno vedere pochissimo – al Casablanca di Milano l’eccezione – e spesso in “eventi” pubblicitari. Più complicati i matrimoni d’affari. 

Solo due dei cinque rinnovi in 16 anni di Juve sono stati seguiti dallo stesso procuratore. Nel luglio 1993, il quadriennale da 120 milioni di lire a stagione è di Rizzato. A settembre 1995, con Pasqualin, quinquennale da 1,2 miliardi l’anno, prolungato a giugno 1999 per altri cinque anni a 10 miliardi l’anno. Nell’ottobre 2003 i giapponesi Miyakawa chiudono a 4 milioni di euro fino al 2008. Il fratello Stefano pilota il biennale dell’ottobre 2007 (da 4 e 3,7 milioni senza diritti di immagine) e quello (da 3,2 milioni con diritti) del 17 luglio 2009. 



IO E IL MIO PERSONAGGIO 

Frequentazioni vip, beneficenza, show-biz e molto altro nell’universo Del Piero. Golfista convinto e competitivo, ama il tennis e ancor più il basket NBA. È amico di Steve Nash, play dei Phoenix Suns, e di Kobe Bryant, guardia dei Lakers, seguiti in prima fila, mentre era in vacanza negli States, nelle ultime Finals. Fan ricambiato di Noel Gallagher, frontman degli Oasis, nel 2005 appare nel loro video di Lord Don’t Slow Me Down, mentre autografa una sua maglietta e la consegna al gruppo inglese. Al 2007 risale il suo cameo nel film L’allenatore nel pallone 2. 

Tedoforo alle Olimpiadi invernali di Torino 2006, testimonial AIRC per la lotta al cancro, nel maggio 2008 ha disputato un torneo di golf a scopo benefico organizzato dalla fondazione Vialli e Mauro. Sono stati raccolti più di 100 mila euro a favore della ricerca contro la sla. 

Uomo adidas (ma anche Luxottica, Pepsi, Disney e CEPU) da una vita, ha fatto la storia degli spot tv con i gemellini «Noi tifiamo Napoli, tiè» e il celebre uccellino dell’acqua Uliveto, storico sponsor della nazionale. Le malelingue sostengono che qualche chiamata azzurra sia stata figlia del rendimento anche fuori del campo. Cattiverie sublimate nelle polemiche per la convocazione per Euro2004, data per certa dalla Panini – per esigenze tipografiche – ben prima che fosse diramata dal Ct Roberto Donadoni. Per cautelarsi, invece, la Uliveto aveva in cantiere due versioni del commercial col trio Alex-suora-Chiabotto: una per il sì, l’altra per il no. Il colpo migliore di Alex sul set? Secondo Miss Italia 2004, «l’espressività del viso. La paragonerei, con le dovute proporzioni, alle sue punizioni». 

Durante il mondiale 2006, una società di marketing tedesca fornì una classifica in cui era Ronaldinho il calciatore col maggior valore di mercato pubblicitario: 47 milioni di euro. L’unico italiano, Del Piero, era 16° a 18. 

Ale è comparso sulle copertine dei videogiochi FIFA 2004 e FIFA World Cup Germany 2006, editi dalla Electronic Arts. E in quella italiana di Pro Evolution Soccer 2010, prodotto dalla Konami di cui è testimonial insieme a Lionel Messi. 

Il fenomeno Del Piero non poteva che confermarsi tale sugli scaffali. Per i fini più nobili, come i volumi (e i calendari) fotografici realizzati per i bambini dell’ospedale Gaslini di Genova, o commerciali, come le autobiografie illustrate prodotte dal suo entourage come 10+ Il mio mondo in un numero (Mondadori) o Semplicemente Del Piero (Logos). Un cognome, un campione, un brand. 

CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 30, 28 luglio - 3 agosto 2009

Che fine ha fatto? 
Due anni così così al Sydney, in Australia, lo hanno reso ancor più cittadino del mondo e iconcina globale. Oggi fa l’imprenditore stiloso e si divide fra il ruolo di talent per Sky Sport in Italia e la sua adorata Los Angeles. 

Vittorio Scantamburlo ci ha lasciati 86enne il primo ottobre 2016.

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