FIANDRE all’italiana
È domenica 10 aprile Gand-Wetteren, 270 km:
Fiorenzo Magni, a 28 anni, trionfa nel 33° Giro delle Fiandre, primo italiano.
Dopo 7h21’ alla media di 35,370 km/h, batte i belgi Ollivier e Schotte.
Si ripeterà nel 1950 e 1951, con imprese solitarie
Poi Bugno, Bartoli...
Nel 1949 in Belgio la bici diventò riscatto sociale
L’Italia ha vinto 11 volte fino a Bettiol 2019
"C’erano un sacco di italiani,
emigrati in Belgio per lavoro.
Vinsi anche per loro"
- Fiorenzo Magni
6 Apr 2025 - La Gazzetta dello Sport
Di Ciro Scognamiglio
Arrangiati, dissero più o meno in squadra a Fiorenzo Magni quando nel 1949 – l’anno dopo che aveva vinto il primo dei suoi 3 Giri d’Italia - manifestò la volontà di correre il Giro delle Fiandre. E Fiorenzo si arrangiò: due treni da prendere - Milano-Bruxelles e Bruxelles-Gand – assieme al gregario Tino Ausenda e al giornalista della Gazzetta Guido Giardini, cuccette di seconda classe, le biciclette nel bagagliaio, pochi soldi in tasca e una idea per niente pazza che nella testa gli albergava da un po’: vincere. Per lui, per noi. Sapeva perfettamente che in Belgio, nel post seconda Guerra Mondiale che l’Italia aveva perso, erano apparsi sulle vetrine dei negozi dei cartelli eloquenti. Vietavano l’ingresso ai cani e agli italiani: il clima era questo. Andò a finire che Magni conquistò quel Fiandre – «una fatica da morire, ma tornerò» - e quello dopo, e quello dopo ancora: tre in fila, come mai nessuno prima, e neppure dopo. Diventò il Leone delle Fiandre e un simbolo di riscatto nazionale magistralmente descritto da queste sue parole: «Ogni villaggio fissava traguardi a premi per i corridori. In palio scarpe, magliette, tappeti. C’erano un sacco di italiani, emigrati in Belgio in cerca di lavoro. Operai, manovali, minatori. Quel giorno vinsi anche per loro».
Storia
La Ronde (da Ronde Van Vlandereen, il nome fiammingo), che oggi manda in scena l’edizione 109, nasce nel 1913 da una idea del giornalista olandese Karel Van Wijnendaele, in occasione della fondazione del giornale Sportwereld: è l’unico dei Monumenti del ciclismo – gli altri sono Sanremo, Roubaix, Liegi, Lombardia – che non è stato fermato dalla Seconda Guerra Mondiale e dal Covid. E grazie anzitutto a Fiorenzo Magni si cominciano a scrivere pagine di storie a tinte azzurre: prima di lui, infatti, nessun successo e nessun podio. Adesso, terza nazione per vittorie (11) dopo Belgio (69) e Olanda (13). Un pioniere visionario, come fu pure in altre occasioni: (anche) questo è stato il grande Fiorenzo che al Fiandre aveva esordito nel 1948. Non bene: caduta, forcella rotta, ritiro. Ma così aveva annusato l’aria «dell’avventura gloriosa» che amava così tanto, tra i Muri in pavé e le stradine strette di campagna, dove contano solo l’uomo, la sfida spalla a spalla, il coraggio, in mezzo a un pubblico competente e adorante, l’unico forse che riesce ad avvicinare a tal punto i ciclisti agli eroi. Quando Magni trionfa la prima volta, un minatore lo insegue per fargli mangiare una mela cotta nella birra. Nel 1950 non lo fermano pioggia e neve, nel 1951 neppure la grandine, men che meno il fatto che non può contare più sull’effetto-sorpresa: sul mitico Muro di Grammont sembra avere le ali, la gente urla "C’est le meme", è sempre lui, e questo lo gasa. Gli avrebbero fatto ponti d’oro per partecipare anche nel 1952, ma Fiorenzo preferisce salutare così, con quel tris leggendario. Non se n’è mai pentito.
Ce ne vogliono poi 16, di anni, per far sventolare un’altra volta il tricolore. Nel 1967, Dino Zandegù chiude sesto la Sanremo vinta da Eddy Merckx che così si presenta al Fiandre da favorito, a neanche 22 anni. Numero 130 per il Cannibale, e a Zandegù dicono: «Devi essere la sua ombra, seguilo qualsiasi cosa accada», e gli danno un adesivo da mettere sul guantino destro con il 130. Il padovano vive la giornata della vita: all’attacco con lo specialista belga Forè, trionfa in volata. Poi, intona «’O sole mio», dedicandolo al tifo degli italiani immigrati.
Altro salto temporale di 23 anni: è il 1990 quando Moreno Argentin, normalmente più “di casa” nelle Ardenne, spiana i Muri e batte allo sprint il belga Rudy Dhaenens. Mentre nel 1994 tocca a Gianni Bugno, che a lungo – prima cioè dell’avvento di Tadej Pogacar – è stato l’ultimo vincitore di un grande giro capace di trionfare al Fiandre. Straordinario il successo del monzese, che all’inizio non ha buone sensazioni ma riesce lo stesso con uno sprint imperiale a superare l’idolo di casa Johan Museeuw, non senza il brivido per l’esultanza anticipata e il dispiacere «per avere battuto un amico a casa sua».
Nel 1996 esultiamo grazie alla classe infinita di Michele Bartoli, che vince il suo primo Monumento e che dopo riuscirà ad eccellere pure nelle Ardenne, come solo pochi eletti; nel 2001 è il turno di Gianluca Bortolami, che riesce a battere allo sprint i sette compagni di fuga al termine di una delle edizioni più incerte. L’anno dopo — 2002 — Andrea Tafi completa una doppietta ancora unica per un italiano: accoppia il Fiandre alla Roubaix (1999).
Lampi
Il decimo Fiandre italiano porta il nome di Alessandro Ballan: nel 2007 dà spettacolo sulle micidiali pendenze del Grammont, staccando Tom Boonen, e poi si gioca il tutto per tutto nella volata con l’altro belga Leif Hoste. Ballan sembra avere un rapporto troppo duro, ma è una illusione ottica: ha ragione lui.
Mentre 6 anni fa chi mai avrebbe puntato su Alberto Bettiol? Invece, a cose fatte, i tifosi si ritrovano a ballare entusiasti sulle note di «Gloria» e «Bella Ciao» in una giornata memorabile grazie anche a Marta Bastianelli, regina tra le donne. Ad Alberto il talento non aveva mai fatto difetto, ma fino ad allora non aveva mai esultato tra i professionisti: come se un tennista, come primo torneo, vinca Wimbledon. Bettiol entra nel circuito finale con la decisione di chi sa di essere il più forte, non si volta mai e inventa un assolo lungo 18 chilometri. Al traguardo si porta le dita agli occhi come dire «mi avete riconosciuto, stavolta?». Orgoglio italiano, orgoglio da leone: nel solco di quanto, settant’anni prima, aveva insegnato quel Fiorenzo Magni che doveva semplicemente arrangiarsi, e invece iniziò a diventare leggenda.
***
109° Giro delle Fiandre
Si corre oggi da Bruges a Oudenaarde, 268,9 km.
Il via alle 10.
I Muri
Vecchio Kwaremont - In gran parte in pavé, molto ripidi, sono 16: il primo, al km 128, è il Vecchio Kwaremont (2200 metri, 4-11,6%), che è il più iconico.
Il circuito della morte - Dal km 214 inizia il circuito della morte, 54 km fino all’arrivo Da scalare due volte il Vecchio Kwaremont (km 214-252), due volte il Paterberg (km 218 e 255: 360 m terribili, media 12,9% e max 20,3%), e il Koppenberg (km 224: 700 m all’11,6% medio, punte del 22%).
La prima edizione
Primo Fiandre il 25 maggio 1913, da Gand a Mariakerke, 330 km: vinse il belga Deman, che durante la Grande Guerra fu una spia
Commenti
Posta un commento