Storia di Giuseppe Saronni


Piemontese di nascita, cresce a Parabiago alle porte di Milano. Approda al ciclismo giovanissimo passando per la pista dove impara abilità, perizia e furbizia. Da junior arriva al titolo europeo della velocità e da dilettante all'Olimpiade di Montreal nel 1976, dove è ottavo nella prova a inseguimento con Callari. 

"Fanciullo prodigio" nelle categorie minori (127 affermazioni) viene autorizzato al passaggio di categoria a 19 anni e mezzo: approda al professionismo nel 1977 e con la casacca bianconera della Scic dimostra subito di avere i numeri. 

Il gran salto avviene il 23 febbraio 1977 al Trofeo Laigueglia, gara di inizio stagione. E' secondo davanti al campione del mondo Freddy Maertens. Nella Scic di Carlo Chiappano iniziano a coccolarsi il "bambino". I vecchi marpioni dello sprint come Gualazzini e Paolini lo guardano con ammirazione. La prima vittoria tra i professionisti arriva subito, il 29 marzo al Trofeo Pantalica dove c'è una leggera salita finale, terreno buono per la sua esplosività. Batte Paolini e Moser; il "Cecco" è frenato da un motociclista; la grande rivalità inizia già con una polemica.

Saronni è forte dappertutto, a cronometro, in salita e allo sprint. E' competitivo sia nelle corse di un giorno, sia nei grandi giri. Fa paura alle ruote veloci, spesso è piazzato, al secondo o al terzo posto. Nel 1978, è secondo alla Milano-Sanremo, classica nella quale si piazzerà sul gradino inferiore del podio per altre due volte. 

Nel 1979 è maglia rosa a Milano. Ha solo 21 anni e 8 mesi, l'arrivo è all'Arena nel gran tempio dell'atletica leggera; il Giro d'Italia viene deciso nella cronoscalata di San Marino dove Beppe vince indossando la maglia rosa che manterrà fino alla fine. Beppe è stato uno dei vincitori più giovani della storia del Giro d'Italia.

Faccia da eterno bambino, campione degli anni '80, l'anti-Moser per eccellenza. L'altra faccia del ciclismo. Bisognava schierarsi, si tifava o l'uno o l'altro. Moser era il carattere e la polemica. Saronni, spesso la furbizia di aspettare una volata per infilzare gli avversari, la potenza esplosiva di un allungo come quello dei Mondiali di Goodwood che ti trasforma la vita. O Saronni o Moser, senza mezze misure. Lo hanno anche accusato di essere un succhiaruote. Era solo furbo, opportunista, intelligente e forte.

Il lombardo ha uno dei palmarès più ricchi, per quantità e per qualità. Ha conquistato la maglia iridata a Goodwood nel 1982, dodici mesi dopo la sconfitta patita a Praga ad opera di Freddy Maertens. Rivince il Giro d'Italia nel 1983, collezionando in carriera 49 maglie rosa. Talento naturale, tocca i massimi livelli del rendimento nei 14 mesi dal febbraio '82 al giugno '83. 

Dopo la vittoria su Visentini nel Giro '83, la "macchina" Saronni s'inceppa, e per alcuni critici la sua carriera poteva considerarsi conclusa. Non aveva ancora 26 anni, e l'anno successivo ('84) ottiene solo due vittorie di tappa al Giro di Norvegia. Nelle stagioni successive, pur centrando qualche affermazione in virtù di una classe indiscutibile, non ritrova la cadenza di un tempo. Da un punto di vista psicologico ha forse abbia anche l'imperioso ritorno del suo grande rivale Moser, assurto a profeta delle ruote lenticolari dopo essere stato sul punto di ritirarsi. 

In parte può essere vero come l'evidente modesta volontà di battersi (e quindi di prepararsi e di sacrificarsi). In ogni modo la sua resta una prestigiosa carriera da 195 vittorie. Anche in pista ha mostrato le sue attitudini, anche se non ha concesso troppo spazio a un'attività che non lo attirava più di tanto. Due suoi fratelli hanno svolto, al suo fianco, nelle sue squadre, attività tra i professionisti: Antonio (campione italiano di ciclocross nel '79, '80 e '83) e Alberto.

Ha sempre gareggiato sulle biciclette di Ernesto Colnago formando con il costruttore lombardo una coppia affiatata che non ha conosciuto crisi. 

Terminata l'attività agonistica è rimasto nel ciclismo come manager di squadre professionistiche. Da ds di Pavel Tonkov ha conquistato il Giro d'Italia '97. Nel 2001, sull'ammiraglia della Lampre-Daikin, ha ripetuto l'esperienza guidando il trentino Gilberto Simoni alla conquista della corsa rosa.

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