Un campione: Giuseppe "Beppe" Saronni


Il dualismo Saronni-Moser ha caratterizzato la principale rivalità degli anni '70-'80 nel ciclismo italiano, e ha diviso i tifosi e gli appassionati come vuole la migliore tradizione storica del ciclismo nostrano. 

Giuseppe Saronni, per tutti Beppe, nasce a Novara il 22 settembre del '57. Viene da una famiglia di ciclisti, i fratelli Alberto e Antonio fanno attività agonistica, Antonio è pluricampione italiano di ciclocross. 

Dopo la trafila nelle categorie giovanili, nel 1977, appena 20enne, passa tra i professionisti e vince il Giro del Friuli, il Trofeo Pantalica, la Tre Valli Varesine e il Giro del Veneto. All'esordio in una classica del Nord, la Freccia Vallone, arriva secondo alle spalle di Francesco Moser, dando inizio a una rivalità che proseguirà fino al 1986. 

Gli ottimi risultati inducono il Ct della nazionale italiana Alfredo Martini a convocarlo per il mondiale di San Cristobal, Venezuela, in cui Saronni darà un importante contributo alla vittoria del rivale Moser; Beppe arriverà 9°, prestigiosissimo piazzamento per un esordiente. 

Nel 1978, alla Scic, Saronni comincia a fare sul serio. Ha 21 anni e già corre con la grinta e la decisione di un trentenne: si aggiudica il Trofeo Pantalica e la Tirreno Adriatico in preparazione alla Sanremo, poi corre la Classicissima di Primavera per vincerla, e forse ce la farebbe anche se non fosse per lo scatenato Roger De Vlaeminck; poi infila Coppa Agostoni, Giro di Campania, Giro di Puglia, tre tappe al Giro d'Italia più il 5° posto nella classifica generale che lo impone all'attenzione di tutti anche come corridore per corse a tappe oltre che per le classiche. Al mondiale del Nurburgring, vinto da Knetemann su Moser, Saronni si piazza 4°, continuando la sua marcia d'avvicinamento verso il titolo iridato.

Nel 1979 inizia un ciclo di vittorie che durerà fino al 1983 e che porterà Saronni sul tetto del mondo, condiviso peraltro con l'idolo d'oltralpe Hinault. Inizia la stagione con due amari secondi posti, alla Milano-Sanremo, ancora dietro la sua bestia nera De Vlaeminck, e ancora alla Freccia, stavolta dietro Hinault. Da qui in poi vince al Giro di Romandia, al Midi Libre, si aggiudica tre tappe e il Giro d'Italia davanti a Moser, relegato a più di due minuti (decisive le cronometro), il Campionato di Zurigo, il Gran Premio di Camaiore, la Tre Valli, il Trofeo Baracchi in coppia con Moser. Arriva secondo alla Parigi-Tours e chiude ottavo al mondiale di Valkenburg vinto da Raas. In totale 29 vittorie.

Il 1980 è quasi una copia del '79, ma con la maglia della Gis: ancora 2° alla Sanremo (una specie di abbonamento), dietro Pierino Gavazzi, però stavolta primo alla Freccia Vallone, forse la classica belga da lui più amata, davanti a Nillson e a Hinault (vendetta è fatta); poi primo al Pantalica, Bernocchi, Campania, Larciano, Tre Valli e Puglia. Al Giro d'Italia stavilisce il suo record di tappe vinte, sette in una edizione, e si piazza 7° in classifica generale. Vince anche il Campionato Italiano; unica pecca ad una stagione immensa, il ritiro al mondiale di Sallanches, stravinto da Hinault su Baronchelli. Alla fine dell'anno conta 30 vittorie.

Rifiata un po' nel 1981, per poi scatenarsi i due anni successivi. Nell'81 produce pochi acuti, tante gare vinte (24) fra cui Bernocchi, Camaiore, Etna, Laigueglia e Romagna, e qualche rimpianto, come il 3° posto al Giro d'Italia (con tre tappe vinte) perso per 50" dietro Battaglin e Prim, ma anche il 2° posto al Mondiale di Praga, battuto in volata da Maertens. E' il preludio alle due stagioni più belle della sua carriera, entrambe con la Del Tongo-Colnago.

Il 1982 si apre con la vittoria al Trofeo Pantalica e alla Tirreno Adriatico; prosegue con il Giro del Trentino, con il 6° posto al Giro d'Italia più tre tappe, con la vittoria al Giro di Svizzera e poi ancora Coppa Sabatini, Coppa Agostoni e Milano-Torino. Il piatto forte arriva a fine stagione: nel Mondiale in Inghilterra, con quella che resterà nella storia come la "fucilata di Goodwood", Saronni esce dal gruppo a ridosso del traguardo e si lascia alle spalle LeMond e Kelly, aggiudicandosi finalmente il Mondiale dopo un 2° e un 4° posto. Come non bastasse va a vincere il Lombardia con indosso la maglia di Campione del Mondo. Un'annata da 34 vittorie.

Il 1983 è più moderato, ma sempre vincente. Arriva finalmente la vittoria alla Milano-Sanremo, davanti a Bontempi e Raas, dopo tre secondi posti e altrettante delusioni; ci prova anche alla Liegi, ma si deve accontentare del 2° posto, beffato dall'olandese Rooks, che gioca d'anticipo. Quindi arriva il bis al Giro d'Italia, un Giro facile facile, farcito di cronometro e con pochissime montagne: nella classifica finale precede Visentini e lo spagnolo Fernandez. 

Dopo un 1984 di anonimato, sommerso anche dallo straripante ritorno di Moser, ci si aspetta un Saronni pieno di energie e voglioso di riscatto, in virtù anche della ancor giovane età: 28 anni. Invece accade l'impensabile: forse per una cattiveria agonistica che va esaurendosi, appagata dai successi già raggiunti in giovane età, forse per un naturale esaurimento delle forze, dopo sette stagioni al massimo dell'intensità, Saronni riduce gli standard delle sue prestazioni.

Il 1985 gli regala 10 vittorie, tra cui il Pantalica e 2 tappe al Giro; l'anno dopo, 1986, tenta di rialzare la testa, combatte al Giro d'Italia cedendo a Visentini e perdendo la maglia rosa solo nella tappa di Foppolo; al Mondiale di Colorado Springs arriva 3° dietro Argentin e Mottet. E' il suo canto del cigno.

Dall'87 al '90, anno del ritiro, vince poche corse e tutte di seconda fascia: la Milano-Vignola nell'87, la Tre Valli Varesine nel 1989 e poco altro. Chiude la carriera nel 1990 con la vittoria al Giro della Provincia di Reggio Calabria.

In tutto 194 vittorie fra cui 85 frazioni di corse a tappe (24 al Giro) e 49 circuiti. Un atleta che ha lasciato un segno indelebile nel ciclismo italiano ma che ha iniziato il declino troppo presto, prima dei 30 anni, fattore comune ai campioni maturati troppo in fretta.

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