Kristoff al Fiandre 2015, sopra il giorno di campione che uno ha
ma oggi lo è stato anche di più»
- Niki Terpstra di CHRISTIAN GIORDANO ©
in esclusiva per Panache magazine ©
Oltre che della tradizione il Paterberg è un monumento (anche) alla contraddizione.
È salita corta e ripida, 375 metri di pavé al 12,5% di pendenza media, in cima anche oltre; e tutto "costruito". La leggenda narra che il fattore proprietario del terreno fosse invidioso dell’amico che, vivendo vicino al Koppenberg, poteva godersi da casa il passaggio della Ronde. Ne costruì così un’imitazione, una replica, un inferno artificiale che della corsa nella versione moderna sarebbe diventato un punto-chiave, uno snodo cruciale.
E infatti è lì, a -26 km dal traguardo di Oudenaarde, che il Fiandre 2015 si decide. «Pensavo che Kristoff fosse un buon compagno di fuga - racconterà all’arrivo Niki Terpstra a Enzo Vicennati di Bicisport - Certo, è veloce, ma quando abbiamo attaccato c’erano ancora tre Muri e ho pensato che l’avrei staccato. Invece, si è dimostrato imbattibile anche in salita. Sul Paterberg ha impostato un ritmo così alto che non ho potuto passarlo. Ci aveva fatto vedere di essere forte, ma oggi lo è stato di più. Negli ultimi tre chilometri sono restato a ruota e allo sprint non c’è stato nulla da fare. Ha meritato la vittoria e io devo essere soddisfatto del secondo posto, anche se ero partito per vincere».
Senza i dioscuri Fabian Cancellara e Tom Boonen, gli unici capaci - in tempi recenti - di accenderla prima, la corsa “vera” era cominciata subito dopo il Kruisberg, in vista del finale a circuito. Terpstra tentava l’allungo e Kristoff, fiutando il pericolo, gli si era subito accodato. E una volta tanto senza il fido Luca Paolini, re solitario nella tempesta di Wevelgem sei giorni addietro, a proteggerlo e guidarlo.
Prima, solita fuga-bidone, stavolta a otto tra cui Marco Frapporti dell’Androni Giocattoli. Poi, tra il vecchio Kwaremont e il Paterberg, la mossa suicida di Terpstra, che, anziché smettere di dare cambi a Kristoff, aspettare il rientro del gruppo (tenuto compatto dal Team Sky per un’eventuale azione di Geraint Thomas o Bradley Wiggins) e magari fiaccandolo con l’appoggio di Zdeněk Štybar, ha scortato il norvegese, arrivato indenne all’ultimo Muro. Vero che poi l’olandese non ha più tirato, ma ormai la propria condanna l’aveva firmata. Non c’era verso che, in una volata a due dopo una corsa così lunga e selettiva, potesse battere uno sprinter potente e di fondo come il capitano della Katusha. La sorte del Terpstra piazzato era segnata.
Niki Terpstra e Alexander Kristoff sul Paterberg
«Non volevo che Terpstra se ne andasse da solo - spiegherà poi in conferenza stampa il vincitore - Era davvero forte e devo riconoscere che nei primi chilometri ha lavorato duro. Da quando però ha cercato di di staccarmi sul Paterberg, ho capito che dovevo lavorare io e negli ultimi due chilometri ho cercato di non andare a tutta, anche se grossi dubbi di batterlo in volata, non li ho mai avuti».
Sprint a due senza storia, infatti. Più avvincente, e a sorpresa, la lotta per l’ultimo posto sul podio. Sempre sul Paterberg, ultimo dei 19 Muri, alle spalle dei due fuggitivi, Peter Sagan aveva attaccato con Greg Van Avermaet. Ma troppo tardi. Un refrain, quello dell’azione tardiva, nella pur folgorante carriera dello slovacco, che chiude sfinito, e battuto dal belga olimpionico l’anno successivo a Rio. I Giochi della clavicola rotta in discesa di Vincenzo Nibali nel finale della gara in linea e di Sagan cavallo (pazzo) di ritorno - 35esimo - nella mountain bike.
Amato e odiato, il Paterberg. Per Edward Pickering, nel suo The Ronde, «rappresentazione nella vita reale della complessità di ogni dibattito sulle forze della tradizione e quelle della modernità».
Più prosaico, ma non banale, l’approccio raccontatogli dal tedesco Andreas Klier, che su quelle pietre, dieci anni prima, secondo tra gli idoli di casa Tom Boonen e Peter Van Petegem, era stato il più forte degli umani: «Da corridore, non mi piace. Deve essere bello se sei Sagan e sul Paterberg stacchi tutti. Sali lassù e gli spettatori puoi vederli a uno a uno. Riesci a vedere, a respirare, l’atmosfera».
L'attacco di Greg Van Avermaet e di Peter Sagan sul Paterberg
Già, l’atmosfera. I soliti, inguaribili romanticoni tutti a dire: eh, quando c’era il Grammont, il Fiandre era più bello. Discorsi già sentiti e risentiti. Anche a fine 2011, quando gli organizzatori annunciarono - dall’edizione successiva - lo spostamento del traguardo da Meerbeke a Oudenaard; o nel 2016 per il cambio di partenza, dopo 18 anni, da Bruges ad Anversa.
La realtà - vera - è che per il Fiandre, come nella vita, è sempre stato così: come si cambia per non morire. Dopo due piazzamenti giù dal podio (4º nel 2013, 5º nel 2014), lo ha fatto anche Kristoff. «Lo scorso inverno - ha svelato Paolini - Alex si è allenato più a fare strappi ripidi e brevi che salite lunghe o volate. Aveva in testa più il Fiandre che la Sanremo. L’ho conosciuto come velocista ma dopo La Panne [Kristoff vinse le tre tappe in linea, classifica a punti e generale, nda] e il Fiandre, non so nemmeno io cos’altro pensare. Dovevamo andare a rimorchio fino alla volata e lui ha attaccato da solo. E anche se ultimamente la Etixx qualche errore lo fa, come lo batti uno così?!».
Non lo batti. Sopra il giorno di campione che uno ha.
Christian Giordano
Ordine d’arrivo:
99-esima edizione, 5 aprile 2015, Bruges-Oudenaard, 264 km, media 40,980 km/h
1. Alexander Kristoff (Nor) Katusha 6h26'32"
2. Niki Terpstra (Ned) Etixx-Quick Step s.t.
3 Greg Van Avermaet (Bel) BMC Racing 7"
4. Peter Sagan (Slk) Tinkoff-Saxo 16"
5. Tiesj Benoot (Bel) Lotto-Soudal 36"
6. Lars Boom (Ned) Astana s.t
7. John Degenkolb (Ger) Giant-Alpecin 49"
8. Jurgen Roelandts (Bel) Lotto-Soudal s.t
9. Zdeněk Štybar (Cze) Etixx s.t.
10. Martin Elmiger (Svi) IAM Cycling s.t.
Arrivati: 133 su 199.
Il Fiandre '92 di «Jacky chi?» Durand
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