Il Fiandre '92 di «Jacky chi?» Durand


di CHRISTIAN GIORDANO ©
in esclusiva per Panache magazine ©

E adesso andate al Fiandre, così imparate come si corre. 

Non siamo storyteller che s'inventano il virgolettato perché non c'erano. Noi non c'eravamo ma, testuale a parte, alla Ronde ’92 andò davvero così. Fidatevi. 

La Castorama, che poi l'avrebbe pure vinto, a quel Fiandre mandò la squadra B. Per punizione. 

La prima squadra, diesse “Napoleon” Cyrille Guimard compreso (per il quarto anno in fila), fu spedita a una corsetta locale, il Gran Premio di Rennes in Bretagna, che allora per i dirigenti contava di più, specie perché quella, con i titolari, una concreta chance di vincerla almeno l’avevano. 

Su e giù per i Muri, invece, anche schierando i migliori avrebbero fatto al più le comparse. Il capitano, Thierry Marie, era comunque al via nonostante la costola rotta, regalino della caduta alla Tre Giorni di La Panne conclusa tre giorni prima con un eroico terzo posto dietro l’olandese Frans Maassen e il russo Vjačeslav Ekimov. 

In piazza a Sint-Niklaas gli ordini del subcomandante in ca(m)po, il secondo diesse Bernard Quilfen, erano stati comunque di «fare del nostro meglio». Così riferirà poi tale Jackie Durand, il soldato semplice promosso, per cause di forza maggiore, a luogotenente in corsa. 


Jacky Durand con Bernard Quilfen dopo la vittoria al Fiandre

È proprio vero che la Storia (ammesso venga letta) non insegna. Nemmeno se recentissima. O fresca fresca come il back-to-back dell’altro Eddy belga, “Eddy Bosberg”. 

Un anno dopo il secondo exploit del rosso e grosso Van Hooydonck, altra fuga (apparentemente) bidone. Gruppo al piccolo trotto, ed ecco che – dopo appena 43 km, a Lembeke – se ne scappano in quattro: i belgi Patrick Roelandt e Hervé Meyvisch, il francese Jacky Durand e la solita “Moto”, lo svizzero Thomas Wegmüller. Al km 102, il vantaggio era salito a 22 minuti. Il gruppo? Niente. 

Solo l’Ariostea aveva tentato, verso metà gara, un abbozzo di inseguimento. Ma visti l’andazzo e – soprattutto – la caduta di Moreno Argentin, anche la Noble Armada di Giancarlo Ferretti s’era presto (ri)adeguata. 

D'altra parte, lo stesso Ferron alla partenza era stato chiaro: i suoi ragazzi per gli altri non avrebbero lavorato. Quando poi il suo capitano, tamponato da un’auto del cambio-ruote era finito in un fosso, con tanto di bici distrutta, era chiaro che le chance sue e della squadra erano andate. Ammaccato, e furioso anche più del consueto (con l’improvvido autista voleranno non solo parole), il Principe delle Ardenne era sì ripartito ma solo per abdicare prima ancora di vedere se, lassù, era ancora lui il più figo del reame. 


Il plotone si sveglia dopo 150 km, sui 2,2 km (uno e mezzo di pavé) al 4,2% medio e 11% massimo del Vecchio Kwaremont. Ci provano il francese Charly Mottet, il belga Etienne De Wilde e Maurizio Fondriest. 

Poi, prima del Kruisberg (2,5 km al 4,7% e punte all’8%), Adrie van der Poel (il papà di Mathieu), Franco Ballerini, Maximilian Sciandri, Johan Museeuw, il Maassen caldissimo vincitore a La Panne, e Bruno Cenghialta. 

Poi ecco Van Hooydonck (quello della Storia fresca fresca) e lo svizzero Rolf Järmann; lo stesso Argentin; l’ancora moldavo Andrej Tchmil e il belga Sammie Moreels; Marc Madiot (corregionale del fuggitivo Durand), il danese Rolf Sørensen e di nuovo Van Hooydonck. Tutti insieme appassionatamente francobollati da Ballerini. 

Una Monumento alla jella, quella del compianto “Ballero”, alla fine comunque nono malgrado i tre cambi-bici e il paio di cadute, compresa quella nel momento-clou per una banale toccata in curva col norvegese Dag Otto Lauritzen. 

Ai -42 km, riparte Museeuw, cui si accodano Fondriest e il solito Van Hooydonck. Maurizio fa il vuoto sul Muur per antonomasia, il Grammont. E solo “Eddy Bosberg”, pur in affanno gli resta incollato. L’azione più bella della gara. Il gruppo non li rivedrà più. 

Idem, dopo 217 km in fuga, per i quattro temerari là davanti. Poi ridottisi a tre perché Roelandts salta: Durand, Meyvisch e Wegmüller. 

Come per il bis di Van Hooydonck l’anno prima, sarà decisivo il 14-esimo e ultimo muro, il Bosberg. Stavolta però in discesa. 


Al km 242, dopo aver già staccato Meyvisch, ecco l’illuminazione. E proprio a Zoregen, dove l'anno prima si era ritirato. È lì che Durand comincia a pensare di poter, massì, magari anche vincere. 

In cima al Bosberg gli tornano in mente le parole scambiate la sera prima con la fidanzata Laurence. 

Lei: Mi darai la soddisfazione di vederti davanti? 

Lui: Ma no, impossibile. Ci sono tanti corridori fortissimi. 

E invece, giù in picchiata, dopo il belga si libera pure dello svizzero: “la Moto” infatti grippa, e chiuderà piazzata a 44”. 


Merckx, sulla macchina del direttore di corsa, gli si affaccia del finestrino: «Hai vinto il Giro delle Fiandre, giovanotto». 

«Mi ha detto che avevo venti secondi su Wegmüller – racconterà Durand – ma a me interessava Van Hooydonck. Merckx non faceva che ripetermi: “Tranquillo, Van Hooydonck è finito”». 

Finito-finito no, perché poi sarà proprio “Eddy Bosberg” a battere Fondriest, complice un problema alla catena del trentino («Mi saltava il rapporto. Mi aveva dato la sua ruota Guy Nulens, mi usciva spesso il “13”») per il terzo posto. Ma 1’44” dal più improbabile dei Flandrien


Carneade tanto coraggioso quanto “fortunato” (al prologo del Tour ’95 partì prima del diluvio e chiuse in giallo) – oggi consultant piacione per EurosportFrance – che neanche i suiveur suoi connazionali riconobbero. 

I colleghi di Vélo magazine rimediarono coniando il «Jackymetro» per misurare i km in fuga del Michele Coppolillo transalpino. Un anno toccò quota 2270. 

Luison Bobet ’55, Jean Forestier ’56 e, trentasei anni dopo, Dudu: un terzo francese primo alla Ronde. «Jacky chi?» l’avrebbe mai detto. 
CHRISTIAN GIORDANO


Ordine di arrivo:
76ª esima edizione, 5 aprile 1992, Sint-Niklaas - Meerbeke, 260 km (media 38,81 km/h) 
1. Jacky Durand (Fra)                     Castorama                          6h37’19” 
2. Thomas Wegmüller (Svi)           Lotus-Festina                      48” 
3. Edwig Van Hooydonck (Bel)     Buckler-Colnago-Decca     1’44” 
4. Maurizio Fondriest (Ita)             Panasonic-Sportlige            s.t. 
5. Frans Maassen (Ned)                 Buckler-Colnago-Decca     1’57” 
6. Jelle Nijdam (Ned)                     Buckler-Colnago-Decca    s.t. 
7. Marc Madiot (Fra)                     Telekom-Merckx                s.t. 
8. Jesper Skibby (Dan)                  TVM-Sanyo                        s.t. 
9. Franco Ballerini (Ita)                 GB-MG Maglificio             s.t. 
10. Dirk De Wolf (Bel)                 Gatorade                              s.t. 

Arrivati: 123 su 186. 



Il bis al Fiandre (1979, '83) di Jan Raas, l'occhialuto del diavolo




Fiandre '89, '91: Van Hooydonck, “Eddy Bosberg"


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