Edna O’Brien, la ragazza di campagna che svelò il volto ribelle d’Irlanda
Aveva 93 anni. Sfidò la retorica di un Paese retrivo e maschilista per dare voce alle donne
Maestra - Raccontare la verità, la vita, senza preoccuparsi delle conseguenze: la sua lezione di libertà
Impavida A 88 anni volò in Africa per scrivere sulle ragazzine rapite dalle belve di Boko Haram
29 Jul 2024 - Corriere della Sera
dal nostro inviato Matteo Persivale - © RIPRODUZIONE RISERVATA
LONDRA «Quando uscirò di scena, voglio farlo da persona che ha detto la verità». Ci sono scrittori, e libri, che cambiano la letteratura, che segnano la linea di confine tra un prima e un dopo. Poi ci sono scrittori, e libri, che cambiano le vite dei lettori. Edna O'Brien, scomparsa l’altro ieri a 93 anni, appartenne a entrambe le categorie. La sua trilogia di romanzi — l’esordio Ragazze di campagna (1960), La ragazza dagli occhi verdi (1962) e Ragazze nella felicità coniugale (1963) — finì bandita dalla censura irlandese che reagì con furia all’oltraggio perpetrato da quella giovane donna che invece di fare la casalinga raccontava — con verve letteraria straordinaria: da sessant’anni cercano, invano, di imitarla — il sesso con franchezza allora inaudita, e il lato brutto dell'Irlanda retriva e maschilista, le famiglie crudeli, il cattolicesimo cieco. Cancellando senza pietà tutto il bagaglio di retorica dell’«isola di smeraldo» patria dei poeti (peraltro quasi sempre fuggiti all’estero, come lei) e dei santi. Raccontare la verità, la vita, senza preoccuparsi delle conseguenze: la sua lezione di libertà.
«Mi svegliai di colpo e mi misi a sedere in mezzo al letto. Quando mi sveglio così vuol dire che qualcosa mi preoccupa, e per un buon minuto non riuscii a capire perché il cuore mi batteva più in fretta del solito. Poi rammentai. La solita storia: non era tornato a casa» è l’incipit lapidario (la traduzione è di Vincenzo Mantovani, un altro fuoriclasse, per Feltrinelli e poi Elliot) di Ragazze di campagna, libro che ha incantato generazioni di donne (e di uomini disposti ad ascoltarle), perché in O'Brien c’era quello che spesso non trovavano nei libri: la verità.
Tornando a Dublino in aereo da Londra, poco dopo la pubblicazione di Ragazze di campagna che peraltro non era ancora stato bandito ufficialmente, Edna si vide sequestrare le copie che portava con sé, e il doganiere le rilasciò regolare ricevuta (ma le permise caritatevolmente di tenere la sovraccoperta di quei libri osceni). La sua reazione? «Furibonda: mi avevano sfilato cinque sterline di libri».
La sua bibliografia anche parziale — non tutto è stato tradotto in Italia — testimonia un talento in continua crescita: Le stanze dei figli (e/o), Uno splendido isolamento (Feltrinelli, poi Einaudi, che le valse altri guai stavolta nel Regno Unito per il protagonista, un terrorista dell’ira basato su Dominic McGlinchey che O'Brien andò a intervistare in carcere), Lungo il fiume (Elliot), La luce della sera (Elliot), Un feroce dicembre (Einaudi), Tante piccole sedie rosse (Einaudi Stile libero), affinando sempre più lo stile diretto, trasparente, ma allo stesso tempo evocativo, quasi ipnotico.
Lettrice formidabile — ha raccontato, come sapeva fare lei, senza filtri, la volta in cui la madre cameriera le trovò un libro di Seán O’Casey e cercò di bruciarlo —, pubblicò saggi su Byron, TS Eliot, Joyce, e una piéce (Virginia) su Virginia Woolf che conquistò Londra nel 1981, e l’autobiografia Country Girl (Elliot).
Nel corso degli anni conquistò tutti i premi tranne il Nobel (si allunga la lista dei grandi ignorati dall’accademia di Svezia) e il titolo di «Dama dell’impero britannico per servizi alla Letteratura», incassò il perdono (con bonus di lacrime di coccodrillo) del governo dell'Irlanda che con una sessantina d’anni di ritardo dichiarò Ragazze di campagna libro dell’anno. Ma soprattutto ricevette la stima assoluta dei colleghi: Richard Ford, John Banville, Michael Ondaatje, Philip Roth (scrisse di lei: «La donna più dotata che oggi scrive narrativa in inglese»), sono solo alcuni dei romanzieri che si inchinarono al suo talento. Marco Missiroli la intervistò per «la Lettura».
A 88 anni, indomita, dalla casa elegante di Chelsea volò in Africa per scrivere un romanzo sulle ragazzine nigeriane (che volle conoscere) rapite dalle belve jihadiste di Boko Haram: Ragazza (Einaudi) che afferra il lettore per il collo con l’incipit («Prima ero ragazza, adesso non più») e non lascia più la presa per le duecento pagine successive. «Ho dovuto dimenticare tutto quello che ho imparato in sessant’anni di scrittura e ricominciare da zero», spiegò con la solita mancanza di fronzoli. È il diciannovesimo e ultimo romanzo, capolavoro della sua luminosa vecchiaia che nel mondo anglosassone non fu ricevuto con onori adeguati perché O'Brien scrisse con la voce della ragazza, commettendo il peccato di «appropriazione culturale» inviso al mondo progressista e accademico d’Oltremanica e Oltreoceano.
Allergica all’ammirazione senza se e senza ma, festeggiò i novant’anni raccontando al «Guardian» non la sua grandezza ma le sue sconfitte, gli errori commessi, le cose che aveva imparato: l’importanza di correre sempre rischi, nella letteratura e nella vita.
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«Prosa luminosa e libera»
Faber, l’editore di Edna O'Brien (nella foto), le ha reso omaggio definendola «una delle più grandi scrittrici della nostra epoca». Secondo Faber i suoi libri hanno «rivoluzionato la letteratura irlandese, catturando la vita delle donne e la complessità della condizione umana in una prosa luminosa e libera, che ha esercitato una profonda influenza su molti scrittori».
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