PARIGI-ROUBAIX 1978, LA PRIMA PERLA DI MOSER NELL’INFERNO DEL NORD
di Nicola Pucci
Il palmarès su strada di Francesco Moser non ha eguali tra i corridori che battono bandiera tricolore, a eccezione di Fausto Coppi… ma l’airone appartiene al pianeta degli alieni in bicicletta. Ha vinto di tutto, e tanto, il trentino di Palù di Giovo, dal Mondiale alla Sanremo, dalla Freccia Vallone al Giro di Lombardia, passando per il Giro d’Italia, un paio di titoli nazionali e con la ciliegina sulla torta del record dell’ora.
Ma se c’è una corsa che più di ogni altra raffigura l’emblema di una carriera memorabile, ecco, quella corsa è la Parigi-Roubaix, che Moser ha vinto, anzi dominato per tre volte consecutive. Oggi vi raccontiamo la prima impresa del trittico delle meraviglie, che porta la data del 16 aprile 1978.
Moser veste la maglia iridata conquistata a San Cristobal, in Venezuela, nel 1977 e guida la formazione più agguerrita al via, la Sanson Campagnolo che si affida anche al belga Roger De Vlaeminck che sulle pietre ha già trionfato quattro volte ed è campione in carica. Ma Francesco ha un feeling particolare con la regina delle classiche, adora il pavè e le stradine lastricate di una corsa che ha già accarezzata due volte arrivando secondo nel 1974 e nel 1976, ed è ben deciso stavolta a non lasciarsela sfuggire. Un sesto posto alla Sanremo, il settimo al Giro delle Fiandre e il podio alla Gand-Wevelgem sono un buon biglietto da visita ma non appagano certo lo smisurato orgoglio dell’azzurro che ha come unico traguardo la vittoria. E vittoria sia, perché con De Vlaeminck fa gioco di squadra, tiene in pugno le redini di una corsa che si avvia da Compiegne e dopo 263 chilometri di fatica, sudore, fango e polvere arriva a conclusione nel più famoso velodromo del pianeta.
La sfida è elettrizzante, a darsi battaglia ci sono campioni acclamati come il giovane francese Hinault, ancora acerbo per una corsa selettiva e anacronistica come la Parigi-Roubaix, semplice nel disegno privo di difficoltà altimetriche ma complicata da gestire tatticamente. La puoi amare fin da subito, e a Moser è andata a genio fin dal debutto proprio nel 1974, oppure la detesti, in ogni caso non è assolutamente praticabile la via di mezzo. C’è l’occhialuto olandese Raas, che ne ha fatto l’obiettivo della primavera, c’è Freddy Maertens che nelle classiche del Nord è un autentica iradiddio, come il connazionale Marc Demeyer l’ha vinta nel 1976 anticipando in volata Moser, c’è il tedesco Dietrich (Didi) Thurau che a San Cristobal ha ceduto al campione trentino e vorrebbe tanto prendersi la rivincita, c’è pure Giuseppe Saronni, poco più che ventenne, all’alba di una rivalità che farà epoca, che cade, si ritira e mai più tornerà da queste parti.
A 21 chilometri dal traguardo, però, dopo una netta scrematura delle forze in campo, è giunta l’ora di accendere i motori e risolvere la vicenda agonistica: Moser in un tratto in pavè allunga imperiosamente e prende il largo con De Vlaeminck, magnifico alleato, che rinuncia alle ambizioni personali e ne copre la fuga. Il trentino mulina un rapporto spaccagambe ma ha dinamite nei polpacci e riserve di benzina più che sufficienti per guadagnare rapidamente un vantaggio incolmabile e tagliare a braccia alzate la linea del traguardo sfoggiando la maglia con i colori dell’arcobaleno, come prima di lui solo Kint nel 1943, Van Looy nel 1961 e nel 1962 e Merckx nel 1968. De Vlaeminck, Raas e Maertens giungono nell’ordine dopo 1minuto 40secondi, quinto è Van den Haute a più di quattro minuti.
L’apoteosi è completa e Moser può infine andare a tener compagnia agli eroi d’Italia che lo hanno preceduto da vincitori sul traguardo più prestigioso del ciclismo, ovvero i fratelli Serse e Fausto Coppi, Bevilacqua e Gimondi. Un poker di campioni che occupano l’albo d’oro per le edizioni 1949,1950, 1951 e 1966… Moser ha in serbo un tris consecutivo clamoroso e farà ancor meglio, ma è presto per parlarne, intanto godiamoci questo primo, storico successo.
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