L'ultimo Imperatore


(Rik Van Lo Looy: 1933-2024)

Il fiammingo è morto a 90 anni. 
Soprannominato l’Imperatore di Herentals, vinse 2 Mondiali e fu il primo a conquistare le 5 prove Monumento

19 Dec 2024 - La Gazzetta dello Sport
di Pier Bergonzi

Era il re delle Classiche, era un “Monumento”, era Rik II, era l’Imperatore di Herentals… Per noi che amiamo, visceralmente, il ciclismo fiammingo, che poi è la sintesi pura delle corse in bicicletta, Rik Van Looy è stato un gigante, il più grande delle corse in linea prima che quello tsunami di Eddy Merckx spazzasse via tutti i riferimenti e traghettasse il ciclismo in una nuova dimensione. Si chiamava Hendrik Van Looy ed è morto ieri sulla soglia dei 91 anni (li avrebbe compiuti domani). Velocista capace di numeri da antologia anche in salita, è stato il primo a conquistare tutte le cinque prove Monumento, a cavallo tra gli Anni '50 e '60. Poi ci sono riusciti soltanto in due: Eddy Merckx, naturalmente, e Roger De Vlaeminck.

Leggenda 

Il ciclismo ha bisogno di riferimenti tecnici e umani per alimentare la propria leggenda, ha bisogno di soprannomi e paragoni per rendere carismatico e in qualche modo eterni i propri personaggi. Semplificando molto, Rik II (erede diretto di Rik Van Steenbergen) è stato il più clamoroso specialista delle corse in linea. Il più grande prima del "Cannibale" Merckx. Sì, nella classifica ideale dei campioni da “Classiche” viene prima di Van Steenbergen perché oltre a Sanremo, Fiandre e Roubaix, Van Looy ha vinto anche una Liegi-Bastogne-Liegi e un Lombardia: le due “Prove Monumento” solitamente "vietate" ai velocisti. L’unico a firmare tutte, ma proprio tutte le classiche in linea (a Merckx manca la Parigi-Tours...). Van Looy è stato anche un innovatore. Il primo a codificare il “treno” di gregari che mette in fila il gruppo e prepara lo sprint. Saronni negli Anni '80 e Cipollini negli Anni '90 hanno rifinito e sublimato gli schemi della “Guardia Rossa”, quel drappello di gregari (scelti personalmente da lui uno per uno!) della Faema e poi di Flandria e Solo. Uomini completamente votati alla causa del capitano, che alzavano il ritmo negli ultimi chilometri come preludio all’acuto finale di Van Looy.

Portava i giornali 

Fiammingo, naturalmente, di Grobbendonck, avrebbe voluto giocare a calcio, ma scoprì la bicicletta per consegnare i giornali. Professionista dal 1954 al 1970, ha vinto 379 corse (di più soltanto Merckx), che diventano 492 contando anche le mitiche kermesse fiamminghe, festival dei velocisti. Si è affacciato al ciclismo alla fine dell’èra di Coppi (nel 1954 ha corso con la Touring-Bianchi e si è ispirato a Fausto per il ruolo di leader unico), ha duellato con Anquetil e ha chiuso mentre decollava Merckx; ma non era un predestinato. La sua carriera se l’è costruita grazie a un carattere fortissimo e alla cocciuta determinazione. Ha vestito sia la maglia rosa al Giro sia quella gialla al Tour, e quando decideva di tener duro in montagna (che comunque odiava) non lo staccavano facilmente. Al Giro del 1960, vinto da Anquetil, conquistò addirittura la maglia verde di miglior scalatore davanti a Massignan e Nencini... Diretto fino ad apparire burbero, non legava con Eddy Merckx, che pure passò al professionismo con lui nella Solo-Superia. Quando Eddy divenne il secondo a vincere le cinque Prove Monumento, Rik commentò laconicamente «stavo meglio da solo...». Di recente, da vecchie glorie con il carattere smussato ormai dal tempo, Eddy e Rik erano diventati quasi amici.

Beffa 

Van Looy ha vinto due Mondiali consecutivi: a Sachsering, in Germania, nel 1960 quando folgorò allo sprint Darrigade, e a Berna nel 1961 quando riuscì a rimontare Defilippis. Stava per fare tripletta (come Binda, Van Steenbergen Merckx, Freire e Sagan) a Renaix, nel Mondiale di casa del 1963. Ma venne beffato dal giovane compagno di nazionale Benoni Beheyt in quella volata che resta un romanzo. Van Looy si lanciò nello sprint che già sentiva suo, quando ai 50 metri Beheyt lo rimontò. Rik provò a chiudere il connazionale che però lo tirò per la maglia e lo passò proprio sulla linea. Non c’era il VAR, nemmeno la moviola e il gesto di “lesa maestà” non venne considerato dalla giuria. Un “tradimento” che Van Looy non perdonò mai.

Con Adorni 

A proposito di Mondiali, Van Looy entrò nella fuga di Imola '68 a 200 km dal traguardo con Vittorio Adorni. Un grande azzardo. Rik che aveva grande esperienza di Mondiali si avvicinò ad Adorni per dirgli «ormai non si torna indietro… Sei pronto a morire?». Vittorio raccontava con orgoglio quella fuga folle e quel nobile compagno di viaggio, anche perché finì che a “morire” (sportivamente parlando) fu Van Looy e Adorni conquistò quel leggendario Mondiale con 9’50” su Van Springel. Con Rik Van Looy se ne va una leggenda, un campione dal carattere arcigno come i Muri del Fiandre e il carisma puro come le pietre della Roubaix. Se ne va l’ultimo Imperatore.

***


FOTO PRESSESPORTS - Immensi Rik Van Looy e Eddy Merckx, in maglia gialla al Tour,
hanno corso nella stessa squadra (la Solo) nel 1965, quando il Cannibale debuttò pro’

IN TRE NEL CLUB

Merckx «Mai amici, ma lo rispettavo tanto Mi chiamò in ospedale»

Rik ha telefonato al Cannibale la settimana scorsa dopo la caduta. 
Nel 1965 sono stati in squadra insieme

"È stato difficile competere con lui, era quasi imbattibile. 
La sua voglia di vincere resterà sempre con me"
   - Eddy Merckx 79 anni

di Alessandra Giardini
© RIPRODUZIONE RISERVATA 

È un pezzo di ciclismo, ma anche un pezzo di lui. «La sua morte fa male, uno così doveva arrivare a cent’anni». Eddy Merckx si commuove parlando di Rik Van Looy. Non sono stati amici da giovani, ma da vecchi hanno imparato a parlarsi, a rispettarsi, anche a volersi bene. E una settimana prima di morire Rik ha chiamato Eddy, appena ha saputo che era in ospedale con un’anca fratturata. «Era peggiorato nelle ultime settimane, sapeva che le cose sarebbero andate male, ma mi ha telefonato lo stesso per incoraggiarmi».

Western 

Si conoscevano da quasi sessant’anni: era il 1965 quando il neoprofessionista Merckx andò a correre nella squadra di Van Looy, la Solo. «Come compagni di squadra non abbiamo avuto un rapporto così buono» , ride onestamente Merckx. E Van Looy aveva raccontato di quando lui e i suoi gregari avevano soprannominato Merckx "Jack Palance", come il cattivo dei film western. «Un po’ gli somigliava. E noi davamo i soprannomi a tutti, era la nostra usanza. Ma lui veniva da fuori, forse non capiva le nostre abitudini e pensava che lo stessimo prendendo in giro». Merckx non si divertiva, ma conferma la faccenda della provenienza diversa. «Io sono di Bruxelles, lui di Anversa...».

Riabilitazione 

Da Bruxelles ad Anversa non ci sono neanche 50 chilometri, ma il mondo è piccolo e il Belgio ancora di più. «All’inizio della mia carriera era molto difficile competere con lui, ho dovuto lottare duramente. Rik era un super campione quasi imbattibile nelle classiche. Sono felice di aver potuto gareggiare contro di lui», dice adesso il Cannibale, che ha già cominciato la riabilitazione e conta di poter tornare in bicicletta tra qualche settimana. «Ma prometto che d’ora in avanti ci andrò sempre in compagnia, non più da solo». La loro convivenza era durata solo una stagione: abbastanza perché Van Looy capisse che Merckx era il futuro. «Per batterlo, avrei dovuto nascere diversi anni dopo. Mi ha impressionato fin dall’inizio. In una buona giornata, forse una su dieci, potevo batterlo. Per me, è il più grande corridore di tutti i tempi», disse pochi mesi fa.

Tattica 

L’anno dopo, nel 1966, Merckx lasciò la Solo e andò per la sua strada. Fu l’inizio di una rivalità. Rik usava una tattica che a Merckx non piaceva: gli stava sempre a ruota, e cercava di batterlo in volata. Ma quando non funzionava, Van Looy preferiva veder vincere qualcun altro piuttosto che Eddy. E viceversa.

Le cene insieme 

Il tempo ha rimesso a posto le cose. Un anno fa, quando Rik ha compiuto 90 anni, Merckx gli ha fatto una sorpresa. E ogni tanto andavano a cena insieme, l’ultima volta qualche mese fa. A parlare di ciclismo, di vita, e anche di calcio, l’altra grande passione di entrambi. «Non sapeva ancora di essere ammalato. Era un grande campione e un grande avversario. Un grande corridore da classiche. La sua voglia di vincere rimarrà sempre con me. Non ci sono molti campioni sopra di lui nella storia. Un’icona assoluta. Il suo palmarès è incredibile. E poi ha fondato la Scuola fiamminga di ciclismo di Herentals. Ha fatto molto per il nostro sport». Il tempo aggiusta, ma non sempre basta. «Ha detto che voleva venire a trovarmi dopo la mia caduta, ma non stava bene. Non voleva ammetterlo. Rik era un uomo molto forte e orgoglioso».

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