RAGAZZO D’ORO


ICONA DEL CALCIO E SUPERSTAR GLOBALE, DAVID BECKHAM STA PER ENTRARE NELLA SECONDA METÀ DELLA SUA VITA ED È ANCORA IN PERFETTA FORMA. IN QUESTA INTERVISTA ESCLUSIVA, CI PARLA DELLA SUA PASSIONE PER IL FITNESS E DI COME UNA SANA RIVALITÀ FAMILIARE LO SPINGA A SUPERARE SEMPRE I PROPRI LIMITI 

9 Apr 2025 - Men's Health (Italy)
Testo: Gordon Smart - Foto: Scott Trindle

Guardare David Beckham tirare un calcio di punizione con il collo del piede destro mentre fa curvare la palla intorno alla barriera difensiva e infila il pallone nell’angolino, significa assistere a una delle immagini più iconiche del calcio mondiale. Ha smesso di giocare 12 anni fa, ma ancora oggi, quando si trova vicino a una sacca di palloni lasciata incustodita sul campo di allenamento dell’Inter Miami CF, tifosi e giocatori si fermano con la speranza di vederlo in azione. Persino Leo Messi, probabilmente il più grande calciatore di tutti i tempi, lo incoraggia a giocare una partitella quando il comproprietario della squadra osserva da vicino i suoi giocatori più preziosi durante l’allenamento - solo per vedere da vicino la sua maestria con il pallone. Sul campo o fuori, la sua presenza è paragonabile a un’auto d’epoca tirata fuori dal garage per un’occasione speciale. Lui è la Jaguar E-Type del calcio. Quando distende il braccio sinistro, pianta il piede d’appoggio e scarica un pallonetto preciso, un corner a rientrare o un tiro potente, non si può fare a meno di ammirarne la tecnica. Anche il suo stile di corsa è inconfondibile, reso celebre dalle sue instancabili prestazioni con club e nazionale. È come guardare Michael Jordan fluttuare in aria con la lingua fuori o Tiger Woods colpire un ferro due con il suo caratteristico movimento di polso alla ne dello swing. «Sono sempre lì a stuzzicarmi: Leo [Messi], Luis [Suárez], Jordi [Alba], Sergio [Busquets]. Mi guardano e dicono: “Dài, dài, vieni a giocare!”». Un sorriso da un milione di watt si allarga sul suo volto. «L’altro giorno stavo calciando qualche pallone per adidas, mentre giravo un video per le nuove scarpe da calcio Predator. Tiravo punizioni, lanciavo passaggi lunghi e mi sono lasciato prendere un po’ troppo. Non dovrei dirlo, ma quando giocavo io non si faceva molto riscaldamento o stretching. Non era insolito prendere qualche pallone dalla metà campo e spedirlo in porta o sulla traversa. Arrivo al quinto, sesto, settimo tiro e all’ottavo penso: “Oh cavolo, il quadricipite!”. Il cameraman mi chiede se posso farne altri due. Io rispondo: “No, penso basti così!”».

SONO SEDUTO CON DAVID IN UN CAMPER fuori dai Neasden Film Studios, in una fredda e grigia mattina londinese. Se stessimo per giocare una partita e io fossi il fisioterapista, gli passerei subito dell’olio biologico di Wintergreen e gli direi di fare un buon stretching per proteggere quei preziosi quadricipiti. Lui è arrivato allo shooting per la copertina di Men’s Health con 40 minuti di anticipo, a bordo di una delle auto più belle che abbia mai visto: una Rolls-Royce verde corsa. Quando gli dico, scherzando, che potrei trasferirmici per sei mesi, risponde ridendo: «È molto comoda». Nonostante l’auto incredibile e un intero team pronto per il servizio fotografico, Beckham ha chiesto semplicemente un pacchetto di Kettle Chips al sale e aceto, che sgranocchia dopo ore passate sotto i riflettori. Si allena intensamente e si prende cura di sé, ma senza rinunciare a un buon sacchetto di patatine. Si è guadagnato la reputazione di essere una persona con cui è piacevole lavorare in occasioni come questa, una lezione che ha imparato nei suoi primi anni al Manchester United sotto la guida di Sir Alex Ferguson. Ho lavorato con un fotografo che ricorda un Beckham adolescente che si spostava in fondo a un volo charter, dove sedeva la stampa, e chiedeva se volessero delle bevande. Ha persino fatto avere loro, di nascosto, alcuni dei biscotti più costosi. Già allora, prima della fama, cominciava ad avere un certo ascendente sulle persone. «Ho imparato molto sulla leadership da Sir Alex Ferguson. Penso di avere questa stessa mentalità anche negli affari», dice. «A volte sono il primo ad arrivare in ufficio e l’ultimo ad andare via. Il mio staff vede come lavoro. Credo che tutto dipenda da come tratti le persone. Ecco perché ho un team fantastico. Non mi piacciono gli ambienti carichi di tensione, né in ufficio né in squadra. Non mi piace l’aggressività. Le persone vanno sempre trattate con rispetto, non importa chi siano: il ragazzo all’ingresso, l’avvocato, il contabile». In pochi minuti, ha tutto il set dalla sua parte. Stringe la mano, si presenta. Ha una straordinaria capacità di farti sentire come un amico che non vede da un po’.

LE NUVOLE SCURE DI LONDRA non potrebbero essere più diverse da quelle del nostro ultimo incontro, nell’agosto 2024, quando l’ho intervistato in Florida all’Inter Miami per farmi raccontare come procedeva il suo sogno nella Major League Soccer (MLS, il massimo campionato di calcio per USA e Canada, ndr). Allora lo stadio era gremito di tifosi in rosa, con Beckham a bordo campo in blazer e cravatta, mentre intratteneva ospiti come il leggendario quarterback Tom Brady. Là, Beckham era nel ruolo dell’imprenditore. Il proprietario. Il leader fuori dal campo, impegnato a scrivere un nuovo capitolo della sua storia nel calcio con l’obiettivo di far crescere il gioco negli Stati Uniti. Non potevo fare a meno di pensare a quanta strada avesse fatto dalla sua prima occasione su un campo da calcio, giocando in prestito dal Manchester United per il Preston North End. Per Beckham, come per tutti gli atleti d’élite, la strada doveva pur iniziare da qualche parte. Sono passati 12 anni dal suo ritiro e il numero 7 dello United, che ha ereditato la maglia da leggende come George Best ed Eric Cantona, si avvicina a un compleanno importante: il mezzo secolo. «Il mio corpo in realtà sta meglio ora rispetto a prima», ammette con un lampo di genuina sorpresa negli occhi. «Mi chiedono dove sento di più gli acciacchi: le ginocchia? Le caviglie? Il tendine d’Achille è stato un problema verso la fine della mia carriera, ma ora non mi dà più fastidio, malgrado la rottura». Con una leggera smorfia, ammette: «Sono la schiena e l’anca sinistra a darmi più fastidio. Ho fatto radiografie, risonanze magnetiche, e abbiamo scoperto che il problema è solo l’usura».

IL 2 MAGGIO DAVID BECKHAM COMPIRÀ 50 ANNI.

Quando nacque, nel 1975, in cima alla classifica britannica c’erano i Bay City Rollers e in Giappone veniva lanciato il sistema di videoregistrazione Betamax. C’è stata anche un’eclissi lunare totale, non correlata alla sua nascita presso il Whipps Cross Hospital di Leytonstone, nella zona est di Londra. Quando Sandra Beckham è entrata in travaglio, non sapeva che suo figlio sarebbe diventato uno degli atleti più famosi nel pianeta. Per un uomo che ha vinto così tanto (19 titoli, per chi non lo sapesse), raggiungere questa nuova fase della vita non sembra creargli alcun disagio. «La gente me lo chiede con cautela, come se fosse qualcosa che mi preoccupa. Ciò che conta è che io sia in forma e in salute, e la mia famiglia stia bene». C’è un momento nella vita di ogni uomo in cui ci si rende conto del tempo che passa, per esempio che Russell Crowe aveva 36 anni quando, nel 2000, ha interpretato Massimo Decimo Meridio ne Il Gladiatore. Come possiamo essere più vecchi di lui? Com’è possibile che David Beckham abbia 50 anni? Sembra ancora in grado di giocare a calcio da professionista. Eppure il suo non è stato un percorso facile, come sa chiunque abbia seguito la carriera calcistica di Beckham. Il lungo periodo iniziato nell’estate del 1998 avrebbe potuto affondare una persona meno resiliente. Era stato espulso nei quarti di finale di Francia 98 contro l’Argentina per aver colpito Diego Simeone. L’Inghilterra perse ai rigori e alcuni tifosi, insieme a parte dei media, gli addossarono la colpa. Fu solo al 93° minuto di una partita di qualificazione ai Mondiali contro la Grecia, nell’ottobre del 2001, che riuscì finalmente a conquistare i suoi critici più feroci. Tutti trattennero il fiato mentre il capitano posizionava il pallone sul celebre prato dell'Old Trafford, si concentrava e poi batteva il calcio di punizione più incredibile, oltre il disperato portiere greco, per assicurarsi il pareggio del 2-2. Quello che accadde dopo non si limitò a portare i Three Lions ai Mondiali del 2002 in Giappone e Corea del Sud, ma segnò anche la redenzione di un giovane giocatore che, a un certo punto, aveva persino visto la propria effigie bruciata su un lampione di Londra. Tutto questo in un’epoca in cui il calcio imponeva richieste fisiche estenuanti. In una stagione standard, tra competizioni europee, nazionali e internazionali, Beckham giocava per più di 90 minuti almeno 50 volte. Ricordando i traumi vissuti dal suo fisico, racconta: «Ho fatto molte iniezioni, e non credo sia una cosa positiva. Penso che sia probabilmente per questo che certe parti del mio corpo erano un vero disastro. Nella mia ultima partita al Real Madrid, al Bernabéu, ho fatto tre iniezioni di cortisone nella caviglia e nel tendine d’Achille solo per giocare... Ho fatto iniezioni anche nella schiena. In realtà la schiena me la sono proprio rotta. Vivevo a Los Angeles e, dopo una partita, ho accusato un forte dolore. Sono andato a fare una radiografia e non hanno trovato niente che non andasse. Io sentivo che lì c’era qualcosa che non andava. Così mi hanno iniettato del liquido di contrasto e finalmente hanno capito. Era un brutto problema».

PRENDERSI CURA DEL PROPRIO CORPO segnato dalle battaglie è una sua priorità oggi. Ci incontriamo in occasione del lancio del suo marchio di nutrizione premium, IM8, che include un integratore in polvere tutto in uno con 92 ingredienti. «Non sono mai stato bravo ad assumere integratori», confessa. «Victoria me li faceva trovare ovunque, e io me ne dimenticavo sempre oppure pensavo: “Ci sono 16 compresse lì, non ho proprio voglia di prenderle”. Ora sono migliorato, mi piace prendermi cura di me stesso». Spera di rimediare parte del danno che ha fatto negli anni.

«È il motivo per cui ho voluto creare IM8. Ero stufo di andare in farmacia o in un negozio di prodotti biologici dove c’erano così tanti integratori, così tante compresse, così tante polveri», dice. «IM8 mi aiuta a stare bene. Salute intestinale, energia, concentrazione: tutto è migliorato». Per sua stessa ammissione, l’alimentazione non è mai stata considerata molto sul campo di allenamento dell’Old Trafford nei primi tempi della sua carriera. I giocatori ignoravano i consigli del nutrizionista e continuavano a mangiare bistecca e patatine con un roll alla marmellata per dessert. «E questo accadeva a ogni pranzo», dice Beckham. Lui ha iniziato ad apprezzare il valore di una corretta nutrizione quando ha capito che questa poteva fare la differenza per le sue prestazioni. «Oggi cucinare è una delle mie grandi passioni e ne vado fiero», dice. Sui social non mancano i tour nella sua casa tra le colline di Cotswold che mostrano anche pollaio, orto e arnie. «Mi emoziono quando guardo il miele raccolto. Mi giro verso i miei figli in cerca di conferma e loro se ne escono con un “OK, papà, contento tu...”. Ma per me è una grande soddisfazione».

OGGI BECKHAM È IN FORMA con l’aiuto del suo amico ed ex judoka olimpico Bobby Rich. Si allenano insieme ogni giorno, specialmente a Miami. Si può intuire il loro cameratismo quando Bobby si presenta per lo shooting. Descrive Beckham come “il sogno di ogni allenatore”, il che è coerente con la sua fama di essere preciso e meticoloso. Beckham scherza, «Penso stia mentendo! Bob e io siamo buoni amici e questo aiuta, perché mi piace anche divertirmi quando mi alleno». Una rigida clausola assicurativa durante la sua carriera da calciatore ha impedito a Beckham di godersi molte delle sue passioni, non solo le moto, ma anche lo snowboard e il surf. Vivere a Miami gli ha permesso di impostare una nuova routine che soddisfa la sua voglia di sana competizione. «Gioco a padel tre volte la settimana e mi alleno tutti i giorni», dice. Anche il suo workout in palestra è cambiato. Durante la sua carriera, racconta, l’unico lavoro di forza che ha fatto è stato quello sulla parte inferiore del corpo. «Non ho mai avuto pettorali sviluppati finché non ho incontrato Bob. Non ne ho mai sentito il bisogno. Volevo essere il più magro possibile. Ma da quando sono "in pensione", ho messo su un po’ di muscoli. Prima odiavo le trazioni alla sbarra, mentre ora le facciamo quasi tutti i giorni e mi sento bene». Ma il vero segreto è far leva sullo spirito competitivo che anima tutta la famiglia Beckham. Quando gioca con i figli a biliardo o ping-pong, gli fa vincere un gioco, ma raramente la partita. I suoi ragazzi hanno iniziato a sciare e andare sullo snowboard prima di lui, e gli ci sono voluti tre o quattro “giorni durissimi” per imparare. «Ma restano le mie vacanze preferite», dice con un altro sorriso raggiante. «C’è privacy e aria fresca. Io e i miei ragazzi siamo i primi a salire e gli ultimi a scendere dalle piste. Chiacchierare con loro sugli impianti di risalita è la parte migliore. I ragazzi non possono usare lo smartphone, siamo semplicemente seduti lì e parliamo: è incredibile. Tra di noi c’è sempre competizione, ma quando invecchi ti rendi conto che sono più veloci e agili di te e così mi lasciano indietro. Victoria è un po’ più prudente. Non scia più tanto, perché è consapevole che ci si può fare male. Io invece non sono ancora arrivato a quel punto. Sono abbastanza sicuro che continuerò a sciare anche a 70 anni».

IL WORKOUT DI COPPIA non sempre funziona, ma nel caso di David e Victoria pare proprio di sì, nonostante lei adori utilizzare StairMaster e Versaclimber, che lui invece apprezza meno. «Per anni ho cercato di convincere Victoria ad allenarsi con Bob e alla fine ha accettato. Ora ci alleniamo insieme cinque o sei volte la settimana. Adoro allenarmi con lei. Ci sproniamo a vicenda. Però lei non è molto brava ad ascoltare Bobby... va per conto suo. Non le piace recuperare. Se ha 90 secondi di riposo, è pronta a ripartire già dopo 25».

Mi considero fortunato per aver trascorso abbastanza tempo in compagnia di Beckham negli ultimi 20 dei suoi 50 anni sul pianeta. Nel 2006, ho trascorso un intero weekend a Madrid con la coppia prima che si trasferissero a Los Angeles. Non mi vergogno a dire che mi hanno completamente conquistato, abbassando la guardia durante la cena e invitando anche mia moglie per il fine settimana. Ricordo di aver incontrato Beckham per caso mesi dopo e lui si è ricordato della squadra di calcio che mio suocero stava allenando e di molti altri dettagli della mia vita che avrebbe avuto il diritto di scordare. Beckham cambia la temperatura di una stanza. Il giorno della copertina di Men’s Health, tutto lo staff si è meravigliato della sua professionalità. Per essere un uomo a cui piace cucinare ha stupito tutti alla sbarra per trazioni, mostrando dorsali e addominali ben definiti. Oltre a essere naturalmente fotogenico. Anche quando indossa vestiti normali per andare a prendere a scuola la figlia Harper, non puoi fare a meno di pensare a quanto bene starebbe in copertina. Sarebbe piuttosto fastidioso se non fosse così a abile. Il prossimo compleanno potrebbe non impensierire Beckham, ma c’è un evento imminente che già lo sta turbando: il nido vuoto. Tra qualche anno anche Harper completerà il ciclo di studi. «Non ci siamo ancora, ma è doloroso anche solo pensarci», dice. «In casa siamo passati da quattro a uno». Il “maniaco dell’ordine” (come lui stesso confessa di essere) ammette persino di sentire la mancanza delle camere disordinate dei ragazzi. «Cosa darei per potermi lamentare di nuovo con loro! Detto questo, sono piuttosto bravi. Mi invitano sempre al pub quando vanno con i loro amici». Se Beckham è l’esempio di un ragazzo che sta entrando nella seconda fase della vita, prendo quello che prende lui. Lo scrittore francese Victor Hugo disse: «Quaranta è la vecchiaia della giovinezza, cinquanta la giovinezza della vecchiaia». Bene, la giovinezza della vecchiaia si adatta a David Beckham come un paio delle sue classiche adidas Predator.

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