Sanremo e di nuovo via Roma, finalmente
di SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo
La Milano-Sanremo, primo Monumento stagionale, inaugura il periodo più esaltante del ciclismo professionistico.
La Milano-Sanremo, primo Monumento stagionale, inaugura il periodo più esaltante del ciclismo professionistico.
Quello classico, un po' sadico, che passa dalla Settimana Santa (Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix) e si conclude colla Liegi-Bastogne-Liegi.
Tecnicamente, per la metà abbondante del plotone (la crema), è l'apogeo dell'annata; il momento decisivo di un lavoro cominciato in pieno inverno.
La Classicissima dei Fiori, una lotteria che non preclude i sogni di gloria di almeno cinquanta corridori, è ormai - da vent'anni - il limbo (e il paradiso) del velocista resistente.
Ovvero dello sprinter che svela l'Erik Zabel nascosto: uno con la volata facile, al termine di trecento chilometri di corsa difficile.
Con il percorso antico (...), privo di Mànie e Pompeiana (escluse dal tracciato dopo le alluvioni - e gli smottamenti - dello scorso autunno), il pronostico si semplifica.
Le squadre col potenziale Mister Sanremo terranno coperto (e davanti) il loro capitano, scansando strappi e medie da dietro-derny.
I cacciatori di fortuna, che vorrebbero invece evitare l'arrivo a ranghi (più o meno) compatti, proveranno a far saltare il banco.
L'Etixx-Quick Step, al solito, vanta il favorito di una possibile volata, Mark Cavendish, e anche un paio di guastatori niente male, l'iridato Michal Kwiatkowski e Zdenek Stybar.
Il faro della contesa sarà proprio la banda-Lefevere.
Alla ricerca del (possibile) bis, alla stregua di Cannonball, Alexander Kristoff è il pericolo pubblico numero uno.
Alla recente Parigi-Nizza, in alcuni momenti, ci è parso irresistibile.
Nel mucchio selvaggio dei pretendenti, sempre alla voce "velocisti resistenti", John Degenkolb e Peter Sagan, due supertalenti che aspettano da (troppo) tempo la grande affermazione.
Poi, in ordine sparso, il trio della MTN-Qhubeka Ciolek, Boasson Hagen e Goss, i galletti Bouhanni (attenti..) e Démare; Lobato, Swift e l'emergente Matthews.
Il mammasantissima degli assaltatori è - noblesse oblige - Fabian Cancellara.
Spartacus, da tempo, caratterizza - con la sua potenza, il fondo - i finali delle Sanremo: nessuno, nel plotone, ha il suo ruolino di marcia.
Si impose nel 2008, con un'accelerazione devastante a duemila metri dal traguardo, e ha collezionato altri quattro podi (ben tre le piazze d'onore).
Per dirla tutta, alcune volte si è avuta l'impressione che, con le sue azioni, abbia favorito la vittoria di un collega (Gerrans nel 2012) o causato la sconfitta di un rivale (Sagan nel 2013...).
Potenziale ras alla ricerca della consacrazione definitiva, Greg Van Avermaet è un altro che si muoverà salendo o scendendo il Poggio; a fianco - nella BMC - avrà un campione del livello di Philippe Gilbert.
Da tenere d'occhio Ian Stannard, esaltante alla Het Nieuwsblad, Sep Vanmarcke, il "pietraio" più forte del dopo-Cancellara/Boonen, Lars Boom, Tony Gallopin e quell'Alejandro Valverde che manca da nove anni alla partenza da Milano...
Quest'anno, oltre le modifiche altimetriche già illustrate, l'epilogo ritorna nel centro di Sanremo, in Via Roma. Come dal 1949 al 1985 e tra il 1994 e il 2007.
Un chilometro in meno (il totale è di 293) e una montagna di storie da raccontare.
La vernice fu leggendaria, in quel 1949 che definì l'immortalità sportiva di Fausto Coppi.
In una giornata di sole, il Campionissimo si nascose per 260 km; approcciato il Capo Berta, cominciò un assolo esaltante.
Spense la rincorsa di Ortelli e passò il fuggitivo Fachleitner: quei cento metri in cima alla salita divennero quattro minuti e diciassette secondi, all'arrivo, sul gruppetto regolato da Ortelli e Magni.
La tripletta del fuoriclasse piemontese rappresentò il prologo a una stagione eccezionale, caratterizzata dal double Giro-Tour (il primo di sempre) e dai successi - fra gli altri... - nel campionato italiano, nel Lombardia e nel mondiale di inseguimento su pista: ci vorrà Wiggins per trovare un altro atleta che sigilli l'iride della poursuite con la Grande Boucle, ma non nello spazio di pochi mesi...
Per tacere che al Mondiale su strada di Copenhagen, ad agosto, Coppi chiuse terzo - dietro Van Steenbergen e Kubler - solamente perché l'unico strappo era un cavalcavia.
Nel 1985, ultimo traguardo (fin lì) in Via Roma.
Vinse, a sorpresa, il trentaseienne Hennie Kuiper, che infilzò il coéquipier Teun Van Vliet e un ottimo Silvano Riccò al termine della discesa del Poggio.
Un suggello alla carriera di uno degli olandesi più gloriosi (e più completi) di sempre, uno della generazione d'oro dei Den Hertog, Zoetemelk, Groen, Pijnen eccetera.
Definire un segno dei tempi, di quei tempi, la giornata del primo ritorno in Via Roma, è a dir poco un eufemismo.
Il 1994 fu dominato dalla possanza, dallo strapotere, della Gewiss-Ballan.
Che, reduce da una Tirreno-Adriatico trionfale, dettò i ritmi e preparò la stoccata del favoritissimo Renzo Furlan: Berzin, Argentin e Volpi sugli scudi.
Furlan partì come un proiettile sul Poggio, spingendo un ciclopico 53x14, e non fu più ripreso.
Al pari di certe affermazioni alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, qualche settimana prima, la scuola italiana dettò il pattern - robosportivo - di quell'evo.
Immaginate, ai lati della strada, striscioni inneggianti alle possibilità infinite di Epolandia, la frontiera estrema della performance atletica.
L'incredibile 5'45" che Furlan fece registrare, sui 3170 metri del Poggio, oggi - un ventennio dopo, con le bici più leggere e gli allenamenti con l'SRM - non è nemmeno pensabile.
Nel 2013 Cancellara (un fenomeno) salì la collinetta sanremese in 6'46"...
Nel 2013 Cancellara (un fenomeno) salì la collinetta sanremese in 6'46"...
Allora, l'ultima passerella in via Roma (2007) sembra brillare di una rassicurante normalità, con lo stereotipo già imperante di un velocista resistente che festeggia.
Oscarito Freire, l'epitome del campione felino (pigro e talentuoso), al bis - e sulle tracce di un tris - con uno sprint regale su Allan Davis e Tom Boonen.
La Sanremo, nel ciclismo moderno, difficilmente sfugge ai passisti-veloci con le caratteristiche giuste.
Malgrado le sette ore di sella, rimanere a ruota fino alla Cipressa e al Poggio (oppure oltre...) è un vantaggio, nella prestazione complessiva, che fa la differenza.
I tappisti, ultimi mohicani Bugno e Chiappucci (1990 e 1991), fanno tappezzeria o qualche scatto dimostrativo: l'era di un Laurent Fignon, che caratterizzò il tramonto degli Ottanta con le sue vittorie, pare preistoria.
Non ha la follia pop della Ronde, l'unicità epica della Roubaix, la durezza altimetrica della Doyenne, ma il fascino della Classicissima dei Fiori risiede proprio nella sua apparente illeggibilità.
La noia regale dell'attesa si trasforma, in un attimo, nella scarica di adrenalina di un attacco, di un imprevisto.
Da centootto anni, prima sulle strade bianche, oggi sull'asfalto, la bellezza misteriosa della Milano-Sanremo cattura i campioni e quelli che tali vorrebbero diventare.
Una nota per concludere: pioverà ancora, maledetta Primavera.
SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo
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