Piccoli Bosman crescono
In principio fu l’inglese George Eastham, se non il primo, uno dei pionieri capaci di sfidare, nel 1960, lo strapotere dei club. Nel ’56 era stato ceduto dai nordirlandesi dell’Ards al Newcastle United e dopo tre anni voleva lasciare il nord-est ma la dirigenza gli negò il trasferimento. Eastham, per tutta risposta, si ritirò. L’anno dopo, la sua vecchia squadra si accordò per cederlo all’Arsenal ma Eastham portò il caso all’Alta Corte di Giustizia, e il giudice Wilberforce dispose che essendo quel sistema-trasferimenti «un’immotivata restrizione del mercato», o il club riassumeva Eastham o doveva lasciarlo libero senza pretendere indennizzi.
Nel giugno ’98 la cestista polacca Lilia Malaja firma per lo Strasburgo, che ha già due giocatrici extra-comunitarie. La Federbasket locale annulla il tesseramento e il presidente del club alsaziano si appella all’accordo fra Polonia (più altri 23 Paesi) e UE del 16 dicembre 1991, relativo alla circolazione di lavoratori nell’ambito SEE (Spazio Economico Europeo). Il 3 febbraio 2000 la Corte di appello di Nancy dà ragione all’atleta il cui appello viene accolto, il 30 dicembre 2002, dal Consiglio di Stato, suprema istanza giurisdizionale francese.
La stessa città transalpina e un altro club belga tornano alle cronache nel 2001. Il calciatore ungherese (quindi non comunitario) Tibor Balog, svincolato dall’RSC Charleroi, si vede negare il passaggio al Nancy per via dell’eccessivo indennizzo richiesto. Balog porta l’RSC in tribunale e il club si rivolge alla “solita” Corte Europea di Giustizia di Lussemburgo. In marzo si giunge a un compromesso amichevole e Balog finisce ai belgi del Mons.
Il 13 aprile 2005 viene ratificato il parere, espresso l’11 gennaio dello stesso anno da Christine Stix-Hackl, procuratore generale del tribunale Europeo del Lussemburgo, in merito al caso Igor Simutenov. In seguito al ricorso presentato dall’ex Reggiana e Bologna (ma ai tempi al Deportivo Tenerife) contro il Ministero dell’Istruzione e della Cultura spagnolo, la Corte di Giustizia dell’UE stabilisce che, in virtù dell’accordo di partnerariato del 1994 (Articolo 23), i giocatori russi tesserati da club dell’Unione Europea vanno equiparati ad atleti comunitari e quindi non soggetti ai limiti di impiego applicati ai giocatori extra-UE. Dieci anni dopo la madre di tutte le sentenze di settore, un’altra decisione di portata rivoluzionaria e destinata a fare giurisprudenza.
CHRISTIAN GIORDANO, Guerin Sportivo (2005)
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