BARTOLI E LA MAGIA SUL GRAMMONT AL FIANDRE '96
di Nicola Pucci
Alzi la mano chi non ha sussultato con Michele Bartoli, “il leoncino delle Fiandre“, il 7 aprile 1996, giorno di Pasqua.
E’ l’appuntamento che i fiamminghi attendono un anno intero. Equivale da quelle parti ad una sorta di campionato del mondo del pedale, disseminato di muri lastricati in pavé e sentieri che talvolta risulterebbero indigesti anche agli animali da soma, battuto dal vento e infiammato dalla passione che sgorga a fiotti come la birra dalle fumose osterie della zona: benvenuti, gentili signore e signori, sulle strade della Ronde Van Vlaanderen, edizione numero 80. In Italia lo chiamano Giro delle Fiandre.
Quassù il ciclismo è religione, chiedete a Johan Museeuw che nei cinque anni precedenti ha colto due vittorie, 1993 e 1995, e due piazze d’onore: è campione in carica e uomo-faro della corsa, su di lui si punta ad occhi chiusi ed è logico che sia il principale pretendente al tris. Il belga guida la pattuglia più forte, ovvero la corazzata Mapei-GB, che in verità ha altre frecce appuntite al suo arco. Ad esempio Franco Ballerini, seppur orientato verso la Foresta di Aremberg della Parigi-Roubaix che incombe da lì a sette giorni, oppure Andrea Tafi, che attende di spiccare il volo tra i protagonisti delle grandi classiche, magari Gianluca Bortolami che ha dimestichezza con le corse del Nord, in ultima battuta Tom Steels nel caso in cui si arrivasse in volata, che qualche settimana addietro ha trionfato all’Het Volk, classica che tanto somiglia ad un piccolo Giro delle Fiandre.
L’avversario che Museeuw teme più di ogni altro è il russo Tchmil, un mastino che adora le pietre e va a nozze a queste latitudine, anche se la sua Lotto-Isoglass pare non propriamente attrezzata per la battaglia, gli esperti Wauters e Sergeant in appoggio e poco altro. L’alternativa più probabile, allora, è rappresentata dalla Rabobank del “vecchio” Van Hooydonck, già due volte vincitore, del pericoloso Ekimov e del danese Rolf Sorensen che ha classe da vendere; ancor più temibile l’MG-Technogym, con Fabio Baldato che fu secondo nel 1995 proprio dietro a Museeuw, Fontanelli e Jaermann che sono dati in ottima forma, soprattutto un giovanotto non ancora ventiseienne, da alcune stagioni atteso al definitivo salto di qualità, e dotato di un talento clamoroso per questo genere di esercizio: già, proprio lui, Michele Bartoli il pisano, che ha già rivelato doti non comuni in Belgio, vincendo in passato Freccia del Brabante, Gran Premio Cerami e Tre Giorni di La Panne. Se ci mettiamo, poi, che ha debuttato l’anno con tre successi distribuiti tra Calabria e Tirreno-Adriatico., ecco che veste i panni di spauracchio… e Museeuw lo vede come la peste. Van Petegem che è nato e cresciuti tra i muri, Gabriele Colombo che ha fatto saltare il banco a Sanremo, Fondriest che è adattissimo al percorso, così come Sciandri e Hincapie – che hanno un certo Lance Armstrong in appoggio -, Zanini in maglia Gewiss e Brochard, sono gli altri concorrenti che possono far bene. E’ attesa battaglia, ed allora è tempo di mettersi in marcia.
Si parte da Sint-Niklaas per arrivare a Meerbeke dopo 269 chilometri di fatica, e il tracciato altimetrico prevede sedici muri-carogna da scavalcare come fossero un Golgota; tra questi l’interminabile Vecchio Kwaremont che solitamente screma il plotone dei favoriti, il Paterberg che ha pendenze che infuocano i polpacci, il Berendries che può favorire l’azione solitaria di qualche azzardoso, il Grammont che è semplicemente Muur e sta al Fiandre come il diavolo sta all’acquasanta, vedi l’inferno cioè, per ultimo il Bosberg caso mai non se ne avesse abbastanza.
Fa freddo e cade qualche goccia di pioggia, come spesso accade da queste parti, e la corsa è bloccata dalle squadre più forti, che tengono nel mirino chi prova l’azione a lunga gittata. Sui muri Museeuw e Tchmil, i rivali annunciati, sono sempre all’avanguardia del gruppo, Bartoli non li perde d’occhio e Van Petegem rimane a ruota, mentre si mette in luce l’uomo che non ti aspetti a questi livelli, Gabriele Missaglia in maglia San Marco, e Mauro Bettin è protagonista della fuga della mattina con Eric De Clerq, che nasce al chilometro 85, guadagna quattro minuti di vantaggio per poi venir riassorbita al chilometro 170. Cipollini scollina in testa sul Molenberg ma poi si spenge alla distanza, Pianegonda, Michaelsen e Sciandri tentano l’allungo ma rimangono a bagno maria per una dozzina di chilometri con vantaggio massimo sui 45 secondi.
Il Valkenberg decide chi rimane a lottare per la vittoria e ai piedi del Muur il francese Cedric Vasseur si presenta in beata solitudine con venti secondi di vantaggio sul gruppo dei favoriti, composto da una dozzina di corridori. Milleventicinque metri di rasoiata in pavè, con punte al 20% e la certezza che chi ne uscirà davanti andrà all’arrivo con buone credenziali di vittoria. Tchmil forza in testa, Museeuw inaspettatamente è in coda accusando un problema meccanico e non sembra poter rispondere all’accelerazione del russo, l’impennata si fa dura, l’acciottolato spezza il fiato e all’uscita di una curva a destra, nel tratto più ripido, Bartoli accende i motori e lascia la concorrenza sul posto.
Lo scatto del capitano dell’MG-Technogym è gesto tecnico di una bellezza epocale, ricorda il Saronni di Goodwood o l’Argentin di Liegi, stilisticamente perfetto e lassù, dove la strada spiana e una piccola cappella pare edificata apposta per benedire il campione che spicca il volo, Bartoli si invola. Giù, testa bassa, mani ferme sul manubrio e corpo allungato sul telaio, il talentuosissimo toscano sa che gli ultimi diciotto chilometri non saranno una passeggiata. Lui, solo al comando, inseguito da un manipolo di cacciatori agguerriti, che magari si organizzano e dall’unione che fa la forza possono andarlo ad acchiappare.
Ma Michele ha progettato il colpo nei minimi dettagli con Giancarlo Ferretti, il generale di ferro che lo guida in ammiraglia, la storia del ciclismo lo attende per andare a tener compagnia a Fiorenzo Magni, che fece tris consecutivo tra il 1949 e il 1951 e da quel dì è per tutti “il leone delle Fiandre“, Zandegù, Argentin e Bugno che prima di lui sventolarono il tricolore all’arrivo della classica più affascinante. E non conosce esitazione. Anziché soffrire il ritorno di chi lo bracca, allunga inesorabile, spiana il Bosberg senza battere ciglio e il finale assomiglia tanto ad una passerella trionfale.
Bartoli taglia il traguardo a braccia alzate, cinquantacinque secondi dopo il compagno di maglia Baldato anticipa Museeuw in volata completando la giornata di gloria tricolore. Michele, benvenuto nel clan dei campioni e bravo, ora sei tu "il leoncino delle Fiandre".
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