ZOETEMELK E L’IRIDE AL MONTELLO A 39 ANNI







La carriera ciclistica di Joop Zoetemelk è tra le più prestigiose del panorama internazionale. La sua bacheca può vantare un Tour de France – 1980, l’anno dell’abbandono notturno a Pau di Hinault – e una Vuelta nel 1979, classiche come la Freccia Vallone, l’Amstel Gold Race – nel 1987, alla veneranda età di 41 anni – e la Parigi-Tours nel 1977 e nel 1979, gare a tappe come la Parigi-Nizza, vinta tre volte, la Tirreno-Adriatico e il Giro di Romandia, pure un paio di campionati nazionali.

Insomma, il passista-scalatore nato a Rijpwetering il 3 dicembre 1946 ha già di che ritenersi soddisfatto della sua parabola agonistica, quando il 1 settembre 1985 si presenta ai nastri di partenza del campionato del mondo di Giavera del Montello, a difesa dei colori della nazionale olandese. 18 giri di un circuito disegnato tra le colline trevigiane che chiamano alla sfida il belga Claude Criquielion, detentore del titolo conquistato l’anno prima al Montjuich, soprattutto i due grandi avversari di quelle stagioni, Moreno Argentin che gioca in casa e l’americano Greg Lemond, già iridato nel 1983 e pronto a far traballare il regno di Bernard Hinault, capitano di una Francia che ha tra le sue punte anche Marc Madiot, vincitore della Roubaix.

Sean Kelly, irlandese, è l’altro favorito della prova, insieme al connazionale Roche, l’Olanda si affida a Van der Poel e Kuiper trionfatore a Sanremo in primavera, la Spagna ha Delgado in rampa di lancio, e tra gli outsiders si annoverano il canadese Bauer, l’australiano Anderson, il portoghese Da Silva e lo svizzero Freuler se potrà giocare le sue carte in volata. Il tracciato è impegnativo ma non durissimo, perfetto per gli scattisti che hanno la sparata nei polpacci, l’Italia corre davanti al pubblico amico ed ha l’obbligo, o quasi, di mettersi al collo la medaglia d’oro.

Argentin, appunto, è il faro della nazionale italiana anche perchè l’altimetria vallonata della prova può ricordare quella della Liegi-Bastogne-Liegi che il ragazzo di San Donà ha dominato qualche mese prima. Accanto a lui il c.t Alfredo Martini schiera i due santoni del ciclismo nostrano, Moser e Saronni, pronti a ricoprire il ruolo di luogotenenti, Corti può agire di rimessa come già fece l’anno prima a Barcellona, Baronchelli è l’uomo d’esperienza, Cassani, Leali, Pozzi, Bombini e Amadori lavoreranno di squadra, Gavazzi e Mantovani sono le ruote veloci in caso di arrivo a ranghi compatti.

Si parte alle 9.30 per una fatica lunga 265,5 chilometri, con 182 metri di dislivello ad ogni tornata che misura 14,75 chilometri ed un caldo-umido che può incidere sui muscoli. La “Salita dei Mondiali“, la Presa V, si affronta dopo pochi chilometri e può far selezione se affrontata di petto per 18 giri, dopodichè qualche sali-scendi e un lungo tratto di pianura che porta al traguardo. Ma la gara ha uno sviluppo tranquillo, senza sussulti, con il controllo delle nazionali più forti, con un ottimo Bombini bravo a chiudere sul tentativo di Veggerby, McCormack, Van der Velde e Arnaud, e la soluzione finale rimandata agli ultimi due passaggi in salita.

Argentin è marcato stretto da Lemond, e viceversa, ma al penultimo giro forza i tempi scremando in avanti un plotone di tredici unita che andrà a giocarsi la vittoria. Hinault, fuori forma, è già sotto la doccia, così come Vanderaerden su cui il Belgio puntava forte, Moser e Saronni rimangono attardati e l’olandese Van der Velde, che qualche anno dopo rischierà il congelamento sul Gavia innevato del Giro d’Italia 1988, è tra i più brillanti. Zoetemelk, vecchio marpione che a marzo si è imposto alla Tirreno-Adriatico e al Tour de France ha avvicinato la top-ten chiudendo in dodicesima poszione, se ne sta tranquillamente a ruota dei migliori, pronto a piazzare il colpo del k.o.

All’ultimo giro ci prova l’irlandese Roche in discesa ma il drappello dei primi rintuzza il suo attacco, Argentin, Lemond e Kelly si guardono e così, a due chilometri dal traguardo, a Bavaria, Zoetemelk ha l’astuzia di partire in contropiede con un allungo perentorio. Corti, già secondo nel 1984, prova ad accodarsi ma non ci riesce, l’olandese spinge senza mai voltarsi indietro e d’esperienza va a prendersi la maglia arcobaleno alla bella età di quasi 39 primavere. Argentin, stanco e in preda allo sconforto, si fa beffare in volata da Lemond e chiude sul terzo gradino del podio, per il soffio di 3secondi, e a distanza di anni rimane la sua delusione più grande anche se 12 mesi dopo si prenderà una sonora rivincita a Colorado Springs.

Sul pennone più alto del Montello sventola la bandiera arancio-bianco-blu dell’Olanda e il buon Joop Zoetemelk, il matusa del gruppo, nel 1985 è il suo profeta.

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