La storia umana è “Here”: nel cielo in una stanza
Zemeckis torna a indagare il tempo coi sodali Hanks e Wright
11 Jan 2025 - Il Fatto Quotidiano
Robert Zemeckis » Anna Maria Pasetti
Schegge di memoria. Frammenti di famiglie. È tutto qui, Here, dai dinosauri al presente, passando per secoli, conflitti, scoperte e rivoluzioni, ma soprattutto matrimoni, nascite, divorzi, malattie e morti: il cerchio della vita e della Storia dentro a una stanza dalla grande finestra. Perché il tempo vola, ma il luogo resta, mutando gli arredi ma non la sostanza.
A 72 ANNI, Robert Zemeckis ha compiuto un nuovo, ennesimo prodigio cinematografico. E l’ha fatto tornando a ragionare su quanto ha più caratterizzato il suo cinema, il concetto di tempo, basti pensare all’iconica trilogia di Ritorno al futuro. Here nasce dall’adattamento del seminale omonimo fumetto di Richard Mcguire del 2014 ed è profondamente sintonizzato sulle grammatiche dei graphic novel a partire dalla giustapposizione sullo schermo di quadri simultanei che spezzano la cronologia a favore di una narrazione non-lineare, appunto a mosaico o collage, resa cinematograficamente alternando quadri fissi a molteplici forme di split screen.
La macchina da presa persiste fissa sulla stanza, unità di luogo immanente e trascendente, ove lo scorrere del tempo è attraversato ma anche contemplato, quasi a voler conservare l’antica complessità greca del quadripartito concetto di tempo: c’è il kronos (la cronologia), ma anche il kairos (il momento supremo) così come l’aion (l’entità eterna) e l’eniautos (la circolarità). Here/qui, paradigma della memoria individuale e collettiva, (si) celebra la vita nella sua essenza più alta, profonda e autentica, e poco importa si tratti di umani preistorici, Nativi americani o figli illegittimi di Benjamin Franklin come fu tal William che in quel sito, ancora foresta incolta, edificò la sua dimora nel XVIII secolo. Poi venne il 900, l’aviatore e la sua sposa presto vedova, l’inventore della poltrona reclinabile con consorte, la famigliola afroamericana post-Covid-19, ma soprattutto la coppia formata dal veterano della II guerra mondiale Al e dalla sua Rose: sulle vicende del loro primogenito Richard e sua moglie Margaret, Zemeckis concentra il cuore del racconto, la famiglia che nasce, cresce, invecchia.
A contribuire al sentimento di tenera nostalgia che pervade l’intero film è la scelta dei due protagonisti, Tom Hanks e Robin Wright, di nuovo insieme a 30 anni da Forrest Gump. Li vediamo miracolosamente ringiovaniti grazie al Metaphysic Live, una nuova tecnologia legata all’intelligenza artificiale che permette di mutare i volti e i corpi degli attori in real time mentre recitano. La buona notizia è che, come sempre, Zemeckis utilizza le più innovative risorse del dispositivo audiovisivo come mezzo e non come fine: per questo il suo sguardo si mantiene umanista e intimamente sentimentale, così come il suo cinema non smette di riflettere sulla propria capacità di vedere l’invisibile e di inventare mondi così meravigliosi da sembrare possibili. Da non perdere.
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