Ancelotti eroe dei due mondi


BRASILE » L’ESULTANZA DEI TIFOSI DELLA NAZIONALE VERDEORO PER L’INGAGGIO DELL’ALLENATORE ITALIANO

PASQUALE COCCIA
Il Manifesto
Sabato 21 Giugno 2025
Pagina 18

GOIANIA (Brasile) - "O mais", il massimo, afferma con tono deciso il cameriere di un grande ristorante nel centro di Goiania, capitale dello Stato di Goias. Che non sia un’opinione strettamente personale, ma alquanto diffusa basta andare al Mercado Central della città, il proprietario della più antica bottega che vende foglie secche di tabacco, arrotolate e lunghe qualche metro, usa due parole: grande treinador.

Gli apprezzamenti sono tutti per Carlo Ancelotti, primo europeo (e terzo straniero dopo l'uruguaiano Ramón Platero nel 1925 e il portoghese Joreca nel 1944 assieme al brasiliano Flávio Costa, ndr) nella storia del calcio brasiliano a guidare la nazionale verdeoro. Nella partita di esordio casalingo Brasile-Paraguay giocata a San Paolo martedì 10 giugno, valevole per le qualificazioni mondiali, la coreografia fatta con i cappellini e le maglie verdeoro dai tifosi della tribuna posta sul lato opposto alla panchina, ha accolto Carlo Ancelotti con "Parabens Carletto" (auguri Carletto, era il suo 66esimo compleanno, ndr). Nella retorica calcistica della telecronaca della partita, «O Carletuuu» pronunciato a ripetizione dal telecronista si sprecava, segno dell’aura di sacralità e affetto che circonda Carlo Ancelotti.

LA SPROPORZIONE 

Le attese sono enormi e l’investimento economico nei confronti dell’allenatore italiano, circa 12 milioni di euro compresi i bonus, è sproporzionato se rapportato alla realtà sociale ed economica del Brasile, ma qui la Copa manca dal 2002 e le attese per i mondiali del 2026 sono enormi.

La scuola brasiliana da decenni esporta campioni, soprattutto in Europa, dove i grandi club li pagano a peso d’oro, una situazione che ha depauperato le grandi potenzialità della nazionale verdeoro.

In Brasile il calcio assume un carattere sociale e culturale totale, tanto che la Biennale internazionale del libro, che si svolge a Rio de Janeiro dal 13 al 22 giugno dedica un’intera sessione al tema «La passione per il calcio». Tra gli argomenti oggetto di dibattito, oltre alle numerose presentazioni, sono previsti anche temi come il calcio brasiliano, la forza della torcida, l’intreccio delle storie di calcio tra la vita e la letteratura.

Nata nel 1983 nell’ultimo scorcio della dittatura militare, la Biennale internazionale del libro di Rio ha attraversato tutti i mutamenti sociali politici e culturali degli ultimi quarant’anni fino all’ultimo governo Lula, e il calcio all’interno della manifestazione ha sempre avuto un aspetto preponderante nei suoi significati più vari.

IL FECHAMENTO 

Per comprendere a fondo il rapporto tra il calcio e la società, può aiutarci la lettura del libro Quando Dio entra in gioco. Riflessioni su calcio, religioni e società (Rogas editrice, euro 15,70) dell’antropologo brasiliano Claude Petrognani, studi di antropologia a Porto Alegre. L’idea che abbiamo del calcio brasiliano è circoscritta al futebol bailado oppure all’impresa di far passare la palla sopra la testa dell’avversario (dar um chapéu). Pochi fino a oggi ci hanno spiegato il significato del fechamento, la performance religiosa insita nel calcio brasiliano, un vero aspetto culturale. Il rito religioso della preghiera, che si compie nello spogliatoio prima della partita, quando il magazziniere ha provveduto ad allestire un vero altare, è strettamente interconnesso al momento collettivo, in cui il calciatore più rappresentativo parla ai giocatori nello spogliatoio invocando Dio, evangelico (ricordiamo il milanista e brasiliano Kakà, che attribuì la Champions vinta dal Milan alla volontà di Dio) o cattolico che sia. Il momento finale del fechamento è quello del silenzio tenendosi per mano, un momento di raccoglimento-trance, che trasmette a ogni giocatore la «scossa», quell’energia che i calciatori riverseranno in campo. È un rituale denso, costituito da elementi provenienti da diverse religioni, quella cattolica, afro-religiosa (pubblicamente disprezzata da Bolsonaro a favore di quella evangelica, che lo ha sostenuto politicamente alle elezioni presidenziali) e pentecostale, che esprimono simbolicamente l’ethos dei brasiliani. Parlare di calcio, in Brasile significa parlare di religione, che a sua volta significa parlare della società e della politica.

Forse in nessun Paese al mondo questo intreccio è così fortemente presente, come nella realtà brasiliana. Per comprendere meglio il rapporto tra società e calcio in Brasile, dovremmo ricorrere alle parole dell’antropologo Bruno Barba: «Ho sempre creduto che non si potesse comprendere il Brasile senza conoscere il calcio: oggi credo anche che non si possa conoscere il calcio senza conoscere un po' di Brasile».

L’ALTARINO E LA COPA 

Ad Ancelotti o mais non basterà osservare la nazionale verdeoro con il sopracciglio sinistro arcuato, sintomo di preoccupazione, oppure accontentarsi della stima che gode presso i brasiliani e delle dichiarazioni di grande disponibilità dei calciatori più rappresentativi della nazionale verdeoro, alcuni dei quali hanno giocato nel Real Madrid guidato proprio dall’allenatore reggiano. È vero, come ha sostenuto dopo la sua prima partita, Ecuador-Brasile, giocata lo scorso 6 giugno, che bisogna sistemare qualcosa in difesa, ma soprattutto in attacco, dove le cose non vanno per il verso giusto.

Per Ancelotti sarà necessario anche entrare nella cultura dello spogliatoio brasiliano, capire a fondo gli aspetti più religiosi e rituali del calcio locale, condizione importante per amalgamarsi con i giocatori della nazionale verdeoro e guidare il Brasile ai mondiali dell’anno prossimo. Dopo aver allenato il Chelsea, il Bayern Monaco, il Napoli, che quanto a riti mistico-religiosi non è da meno rispetto al Brasile, il Milan, il Paris Saint-Germain e negli ultimi quattro anni il Real Madrid, portando il club madrileno alla conquista di trofei prestigiosi, l’italiano Carlo Ancelotti saprà aprirsi anche al fechamento brasiliano?

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