Defoe su Hackman: «Duro ma gentile, insieme sul set contro i razzisti»


Non ha incarnato su di sé le follie di tanti attori, gli piaceva recitare ma non aveva niente a che fare con il business

28 Feb 2025 - Corriere della Sera
di Valerio Cappelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Ho sempre ammirato Gene Hackman», ci dice Willem Dafoe. I due attori si ritrovarono fianco a fianco in Mississippi Burning di Alan Parker. Il film che brucia. Le case incendiate, le croci di ferro, la caccia all’uomo. Ambientato nel 1964, racconta un caso vero. Due agenti dell’FBI agli antipodi, il primo dai modi spicci, l’altro ligio alle procedure, indagano su un assassinio in una contea del Mississippi. Un’imboscata del Ku Klux Klan. Tre attivisti dei diritti civili afro-americani vengono uccisi a fucilate. L’indagine porta all’arresto dello sceriffo e del suo vice, oltre a 17 affiliati dei segregazionisti bianchi.

Che cosa ricorda di quel film?

«Fu una ferita aperta nella storia americana. Quell’anno, il 1964, fu l’anno-chiave nella battaglia dei diritti degli afroamericani, si fece strada Malcom X, Martin Luther King vinse il Nobel per la pace. Ci furono reazioni viscerali».

Hackman sul set era...

«Sebbene fosse grande e grosso, aveva delle qualità da uomo qualunque che sono opposte all’idea che si potrebbe avere di lui malgrado ci abbia lasciato alcune performance d’attore davvero carismatiche. Non si considerava una star».

Com’era nella vita reale?

«Se sullo schermo era un duro, nella vita era gentile e timido. Si teneva lontano dal luccichio di Hollywood, diceva che era tutto terribilmente narcisistico e si finisce per dimenticare il motivo per cui si fa questo mestiere. Nei suoi film era spesso circondato dalla violenza, quanto di più lontano dalla sua natura».

Nessuna stravaganza.

«Non ha incarnato su di sé le follie di tanti attori, gli piaceva recitare ma non aveva niente a che fare col business di essere attore. Diceva: sono stato addestrato a essere un interprete, non una star».

Di che cosa parlavate?

«Era curioso e irrequieto, non si fermava mai. Amava giocare a golf. Su certe questioni ci andava cauto, era un tipo conservatore. Mi consigliò di non lavorare con registi al debutto, è pericoloso, mi disse. Si lamentò di certe sue scelte del passato, mi confidò di essere un povero ragazzo di cuore e ottimista; sai, diceva, anche se il materiale non è buono può sempre venir fuori un bel film».

Quali altri ricordi ha del vostro film insieme?

«Accettai quel film soprattutto perché avevo la possibilità di lavorare con lui. Mi divertì recitare la parte del poliziotto giusto contrapposto all’appariscente sceriffo locale. Gene mi invitò a una cena di fine riprese. Io dovevo continuare sul set senza di lui per altri giorni. Quella sera mi disse: sei stato bravo, ma perché non cerchi di trovare qualche altro colore nel tuo personaggio?».

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio