ADRIAN DANTLEY - Low Post Cannibal


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica

Quel modo di prepararsi a tirare i liberi, prendendosi tutti i dieci secondi per scoccare il tiro, facendo roteare per tre volte la palla con la mano destra da davanti, un rituale davvero originale. Negli Stati Uniti quelli come Adrian Dantley li chiamano undersized, ovvero di stazza, statura e peso inferiori agli standard del ruolo in cui giocano o delle attitudini che hanno. Ebbene, Dantley è stato per tutta la carriera un «undersized», etichetta che gli ha sempre procurato problemi e una stima minore di quella che meritava. Solo da qualche media o di ottusi tifosi però, perché qualsiasi addetto ai lavori, allenatore, giocatore o scout sapeva che Dantley era una bestia, soprattutto nel suo incontrastato regno: il post basso. 

Nato il 28 febbraio 1956 a Washington, D.C., Adrian è un fenomeno della palla a spicchi sin dai tempi della DeMatha Catholic High School a Hyattsville, nel Maryland, dove le sue mirabolanti evoluzioni, unite alla sua grande intelligenza cestistica, gli valgono una borsa di studio per Notre Dame. Già dal primo anno si consacra stella emergente del basket, nonostante i 195 centimetri per 94 chilogrammi (anche se in maglia Fighting Irish era molto sovrappeso), fisico in teoria al più da small forward, ma con una tecnica e una potenza fisica da non temere niente e nessuno in area o dai 3-4 metri dal canestro. Un impressionante e quasi infinito campionario di movimenti e di soluzioni, e un primo passo inafferrabile, da fare impazzire anche i difensori più coriacei. Lo stesso Dennis Rodman, uno dei più grandi difensori e rimbalzisti nella storia della NBA, ha riconosciuto in Dantley (suo compagno ai Pistons per due stagioni e mezza, dal 1986 allʼ88-89) uno degli ossi più duri da affrontare. 

I suoi anni a Notre Dame, dal 1973 al 1976, sono stati fantastici: First Team All-American nel 1975 e 1976 (stagione chiusa da Player of the Year), 2.223 punti e oro con la nazionale USA allʼOlimpiade di Montreal ʼ76 (migliore giocatore degli Stati Uniti, con 19.3 punti a partita e 32 in finale contro la Jugoslavia), anche se la più grande soddisfazione la visse da freshman (matricola), quando fu protagonista con i Fighting Irish nella interruzione, dopo 88 partite, della striscia vincente della UCLA di coach John Wooden, Bill Walton e Jamaal Wilkes. 

Scelto con la sesta chiamata al Draft NBA del 1976 dai Buffalo Braves (con cui sarà Rookie of the Year 1977 a 20.3 punti di media), e passato agli Indiana Pacers (assieme a Mike Bantom in cambio di Billy Knight) e ai Los Angeles Lakers nel giro di due stagioni, Dantley trova la sua massima espressione nelle sue sette stagioni (1979-1986) agli Utah Jazz. E oggi il suo numero 4 è appeso al soffitto della Energy Solutions Arena a Salt Lake City. 

Due volte miglior realizzatore NBA (1981 e 1984), tra il 1979 e il 1984 tenne una media di 28.3 punti a partita e una percentuale realizzativa di 56.9, un valore impensabile per una guardia/ala di 195 centimetri che giocava prevalentemente sotto canestro contro i cristoni grandi e grossi che pullulano nelle aree NBA. 

Il gioco di Adrian Dantley è sempre stato di sostanza, un inarrestabile cocktail di potenza, intelligenza, velocità e tecnica, alla faccia degli insiders che lo consideravano un undersized senza troppo futuro nella NBA. 

Ceduto ai Detroit Pistons nel 1986-87, Dantley trova una squadra da titolo ma anche meno spazio in attacco. Nella “Motown” la sua media punti cala sensibilmente, anche perché lui fatica ad avere giochi per sé per via delle talentuose e ingombranti presenze di Isaiah Thomas, Joe Dumars e soprattutto Bill Laimbeer, il cui stile di gioco si scontrava con la tendenza di Dantley ad andare spesso in post basso. 

Le famose Finali NBA del 1988, perse 3-4 contro i Los Angeles Lakers (ma che Dantley giocò egregiamente, a 17 punti di media come in tutti quei playoff), lasciarono la rabbia in corpo a Detroit, che la stagione successiva si vendicò con il cappotto sui Lakers in Finale. Dantley però non ebbe la soddisfazione di partecipare alla rivincita. A metà della stagione 1988-89 fu ceduto ai Dallas Mavericks in cambio di Mark Aguirre, ala piccola più propensa al gioco perimetrale e meno ingombrante (per importanza e numero di palloni da servirgli) sottocanestro. Per Dantley, già trentatreenne, addio possibilità di mettersi al dito l’anello di campione NBA. 

Un’altra discreta stagione a Dallas nel 1989-90 (12.4 punti per gara), lʼapprodo come free agent ai Milwaukee Bucks nel 1990-91, un’apparizione nel campionato italiano di A2 alla Breeze Aresium Milano nel 1991-92 (a 26.7 punti di media e una percentuale al tiro prossima al 60%) prima del ritiro, a 36 anni. 

A fine carriera, il bilancio è spettacolare: 23.117 punti totali e 24.3 di media, con il 54% nella percentuale realizzativa, due volte miglior realizzatore della NBA, sei volte All-Star. E il grande rammarico di non avere vinto il titolo NBA. 

Da allenatore, Dantley è stato per otto stagioni un rispettato assistant coach di George Karl ai Denver Nuggets, dei quali è stato anche head coach nel campionato 2009-10, quando sostituì Karl, che stava vincendo la sua lotta contro il cancro alla gola. 

Da assistente il suo compito era quello di trasmettere alla squadra il suo background di movimenti e di esperienza in post-basso, lavorando soprattutto con Carmelo Anthony, il giocatore che, per fisico e stazza, poteva beneficiare di più del bagaglio di conoscenze dellʼex “Low Post Cannibal”. 

Rispetto per Adrian Dantley, uno dei più grandi undersized della storia NBA. 


Adrian Delano Dantley 

Ruolo: ala/guardia 
Nato: 28 febbraio 1956, Washington, D.C., USA 
High school: DeMatha Catholic (Hyattsville, Maryland) 
Statura e peso: 1.94 m x 93 kg 
College: Notre Dame (1973-1976) 
Draft NBA: 6ª scelta assoluta 1976 (Buffalo Braves) 
Pro: 1976-1991 
NBA: Buffalo Braves (1976-77), Indiana Pacers (1977), Los Angeles Lakers (1977-1979), Utah Jazz (1979-1986), Detroit Pistons (1986-1989), Dallas Mavericks (1989-90), Milwaukee Bucks (1990-91) 
Palmarès: oro olimpico Montreal 1976 (USA) 
Riconoscimenti: 6 NBA All-Star (1980-1982, 1984-1986), NBA Rookie of the Year (1977), 2 classifica marcatori NBA (1981, 1984), 2 All-NBA Second Team (1981, 1984), 2 Consensus NCAA All-American First Team (1975, 1976), Oscar Robertson Trophy (1976), numero 4 ritirato dagli Utah Jazz; Naismith Memorial Basketball Hall of Fame (dal 2008) 
Cifre NBA: 
punti: 23.177 (24,3 PPG) 
rimbalzi: 5.455 (5,7 RPG) 
assist: 2.830 (3 APG) 
Numeri: 44, 4, 45, 7 

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