ARTIS GILMORE - The Gentle Giant
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
Il ragazzone lasciò a bocca aperta i presenti alle sue partite in quella Narbeth League, impressionando per coordinazione, tecnica ed eleganza. Un gentile dominatore dellʼarea, un duro adolescente di strada ma con i modi di fare di un consumato adulto dellʼalta borghesia. Il suo nome era Artis Gilmore. Un adolescente già signore, la cui eleganza prescindeva dai vestiti indossati (peraltro sempre impeccabili e originali. Unʼeleganza intrinseca (in campo e fuori) che lo accompagna tuttora. “The A-Train” è stato un grande centro che ha segnato sia la ABA sia la NBA tra la fine dellʼera-Wilt Chamberlain e lʼinizio di quella di Patrick Ewing e Hakeem Olajuwon. Un centro dallʼimmenso bagaglio tecnico e dalla grande dedizione difensiva, fatta di rimbalzi e intimidazione in area.
Nato il 21 settembre 1949 a Chipley, cittadina di 5-mila abitanti a metà strada tra Pensacola e Tallahassee, nella rurale Florida del nord, cresciuto con 9 fratelli e un padre pescatore occasionale, Artis (alto quasi due metri già a 14 anni) era un grande appassionato di football e avrebbe voluto giocare tight end, ma la spropositata statura (2.17) lo fece giocoforza planare sul pianeta basket.
Alla Dotham HS gioca abbastanza bene, ma sembra avere ancora parecchio da lavorare su di sé, soprattutto a livello mentale. Da senior viene inserito nellʼAll-American High School Third Team, nomina che gli vale una borsa di studio a Gardner-Webb, junior college di Boiling Springs, North Carolina. Due anni di università lontani dalla sua Florida che culminano con la completa maturazione fisica e la definitiva presa di coscienza di essere un (grande) giocatore di basket, da massimi livelli. Subito notato dalla Jacksonville University, prestigioso college di Division I e soprattutto molto vicino ai suoi amici e familiari e alla sua amata hometown, Gilmore è pronto per il grande palcoscenico. Trascina da leader incontrastato i Dolphins per due stagioni, portandoli anche alle Final Four NCAA del 1970, dove in finale devono arrendersi 69-80 agli UCLA Bruins di coach John Wooden, Henry Bibby e Sidney Wicks. Gilmore chiude i suoi due anni a JU allʼincredibile media di 24.3 punti e 22.7 rimbalzi in 54 partite. Cifre da dominatore assoluto che lo rendono un personaggio di primo piano per i Draft delle due leghe professionistiche.
I primi anni Settanta sono il punto massimo della popolarità della ABA, anche se la NBA stava già macinando consensi mediatici a non finire. Le due leghe si contendevano a suon di dollari i più grandi prospetti del college, e Artis ne trasse un sostanzioso beneficio. Scegliendolo con il numero uno al Draft ABA i Kentucky Colonels lo strapparono alla NBA con un (per quegli anni) faraonico contratto da due milioni e mezzo di dollari per dieci anni.
Allʼepoca tante star del basket americano erano ancora nella ABA (Julius Erving, Dan Issel, George Gervin, David Thompson, Spencer Haywood, Rick Barry), il campionato era assai divertente e vibrante e lʼarrivo di Gilmore fu fondamentale per la lega dal pallone a spicchi bianco-rosso-blu.
Alla prima stagione in maglia Colonels (1971-72), Artis viaggiò alla media di 23.8 punti, 17.8 rimbalzi e 5 stoppate in 84 gare. Un impatto devastante sulla ABA, che in lui aveva trovato un giocatore bello anche da vedere, oltre che un duro dalla grande attitudine difensiva. Ottimo stoppatore e rimbalzista, dotato di maestosi ed elegantissimi movimenti in post basso e nel cuore dellʼarea, Gilmore era una delle colonne portanti dei Colonels (con i quali raggiunse i playoff in ogni stagione, vincendo il titolo nel 1975) e dellʼintera ABA, fino a quando la lega non scomparve e la NBA, alla fine della stagione 1975-76, assorbì le quattro franchigie ABA rimaste e distribuì alle altre squadre NBA, con un Dispensal Draft, i giocatori svincolati dalle società ABA fallite.
I Kentucky Colonels non vennero assorbiti dalla NBA, quindi Gilmore era disponibile per il Draft, che lo vide scelto anche qui con il numero uno, stavolta dai Chicago Bulls della NBA. La sua carriera ai Bulls nel complesso non fu molto felice, pur essendo caratterizzata da medie ragguardevoli (intorno se non oltre i venti punti e i dieci rimbalzi per gara, cifre che gli sono valse anche la partecipazione ad alcuni All-Star Game). Soprattutto i media della Windy City lo presero come una sorta di capro espiatorio per le sporadiche e infruttuose apparizioni ai playoff del Bulls, che continuavano a essere sempre ai margini della Eastern Conference, con sprazzi di buone stagioni ma mai incisivi e determinanti nella post season. Artis era dipinto come un duro non tanto duro, come un centro con grande fisico ma con poca mobilità e limitata intelligenza cestistica e con fatalistica difficoltà nel rapportarsi con i compagni di squadra e con gli allenatori, cose molto spesso non vere. Dopo sei stagioni e solamente due fugaci apparizioni ai playoff (apparizioni culminate in entrambi i casi con una veloce sconfitta al primo turno), il 32enne Gilmore chiede pubblicamente di essere ceduto nella estate del 1982, al termine della sua decima stagione di basket professionistico. Detto fatto, Artis viene immediatamente ceduto ai San Antonio Spurs in cambio di Dave Corzine e Mark Olberding, e a Chicago sono tutti convinti che in un paio di stagioni da panchinaro, visto il tonnellaggio e il chilometraggio ormai apparentemente usurato, Gilmore prenderà la via del ritiro. Ma gli Spurs sono una già una ottima squadra capitanata da George “Iceman” Gervin, una squadra solidamente da playoff (sono i Midwest Division Champs) che ha solo bisogno di un big man in mezzo allʼarea. E Artis fa proprio al caso loro. Nella stagione 1982-83 Artis diventa il vero e proprio anello mancante di quegli Spurs, 18 punti e 12 rimbalzi di media a partita, totalizzando la miglior percentuale dal campo (62,6%) della intera NBA, ritornando a giocare lʼAll-Star Game e conducendo, assieme chiaramente al leader George Gervin, San Antonio ai playoff, arrivando fino alle Western Conference Finals, venendo sconfitti dai Los Angeles Lakers in sei partite. Da quella stagione in poi, fino ad arrivare al suo ritiro a 38 anni con la maglia dei Boston Celtics, le cifre e la incisività di Gilmore andarono giocoforza sempre più in calando, ma ancora una volta Artis aveva dimostrato a tutti i suoi detrattori (soprattutto a Chicago) di non essere finito. 1329 partite giocate tra NBA e ABA, una media totale di 18.8 punti, 12.3 rimbalzi e 2.4 stoppate, un giocatore fondamentale per quegli anni di transizione del basket professionistico americano, ma un giocatore dallʼimmenso bagaglio tecnico, uno di quelli da Hall of Fame, che non è ancora arrivata ma che si spera arrivi presto.
Artis Gilmore
Ruolo: centro
Nato: 21 settembre 1949, Chipley, Florida (USA)
High school: Carver (Dothan, Alabama)
Statura e peso: 2,17 m x 110 kg
College: Gardner-Webb (1967-1969), Jacksonville (1969-1971)
Draft NBA: 7º giro, 117ª scelta assoluta 1971 (Chicago Bulls)
Pro: 1971-1989
Carriera: Kentucky Colonels (ABA, 1971-1976), Chicago Bulls (1976-1982), San Antonio Spurs (1982-1987), Chicago Bulls (1987), Boston Celtics (1988), Fortitudo-Arimo Bologna (Italia, 1988-89)
Palmarès: titolo ABA (1975)
Riconoscimenti: ABA MVP (1972), ABA Playoffs MVP (1975), 6 NBA All-Star (1978, 1979, 1981, 1982, 1983, 1986), 5 ABA All-Star (1972-1976), ABA All-Star Game MVP (1974), ABA Rookie of the Year (1972), 5 All-ABA First Team (1972-1976), 4 ABA All-Defensive First Team (1973-1976), NBA All-Defensive Second Team (1978), ABA All-Rookie First Team (1972), Consensus NCAA All-American First Team (1971), ABA All-Time Team
Cifre nella ABA/NBA:
punti: 24.941 (18,8 PPG)
rimbalzi: 16.330 (12,3 RPG)
stoppate: 3.178 (2,4 BPG)
Numero: 53
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