NATE ARCHIBALD - Tiny, il piccolo grande uomo


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica

Può un newyorkese doc diventare lʼanima dei tanto odiati “irlandesi” di Bean City? Certo che può, e a furor di popolo. Nate “Tiny” Archibald, direttamente dai Polo Grounds di Patterson, South Bronx, è stato un giocatore-chiave dei primi Boston Celtics vincenti di fine anni Settanta-inizio anni Ottanta, anche se i suoi anni migliori, per percentuali e statistiche, sono arrivati prima, verso la metà degli anni Settanta e in maglia Kansas City-Omaha Kings. 

Nathaniel Archibald, conosciuto da tutti come “Tiny” (piccoletto), è uno dei più classici prodotti dei playground newyorkesi, in uno dei più classici ruoli in cui i giocatori di Gotham City si contraddistinguono, ovvero i funambolici playmaker. Ma a differenza dei vari Stephon Marbury, Jamaal Tinsley, Rafer Alston, Mark Jackson dei nostri tempi, Tiny vanta una discriminante prerogativa: ha vinto da protagonista un titolo NBA, nel 1981. 

Nato il 2 settembre 1948, sin da ragazzino Archibald ogni santo giorno era sempre giù, ai campetti sotto casa, Abigail Playground, Captain Rivera Playground, campetti che nessuno conosce, nei pressi della 160th Street, South Bronx più profondo, dove nessuno osava addentrarsi, soprattutto verso la fine degli anni Sessanta. 

Ultimo di sette figli, Nate divenne uomo di colpo, a 14 anni, quando il padre, “Big Tiny”, abbandonò la famiglia. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, Tiny non era un predestinato, non faceva faville al campetto, ma aveva una grande passione per il gioco, amava il basket, anche se questo in realtà sembrava non ricambiarne lʼamore. 

Tiny era piccolino, troppo piccolo per questo gioco. Era un ragazzetto timido che veniva dai bassifondi, la sua sorte pareva già segnata. Che cosa si era messo in testa di fare? Alla DeWitt Clinton High School, già nellʼanno da sophomore gli dissero che poteva anche starsene a casa, là non avevano bisogno dei suoi palleggi incrociati e della sua abbagliante velocità, il basket era un gioco per duri grandi e grossi, e lui non cʼentrava niente. 

La scuola, per Tiny, non aveva senso se non si giocava a basket, e quindi ben presto abbandona la DeWitt Clinton High per cercare di tirare avanti nel South Bronx in una famiglia senza più Big Tiny Archibald. Come spesso capita nella favole a lieto fine (poche, quasi zero quelle ambientate al South Bronx), ecco arrivare il “salvatore”, colui che con un gesto apparentemente insignificante, finisce per mettere a posto le cose. 

Si tratta di Floyd Layne, head coach del City College di Manhattan, nativo del Bronx e grande conoscitore del vicinato. In un playground, domandò a Archibald perché uno così non giocava neanche nella squadra della high school. Tiny gli racconta di essere stato escluso dalla DeWitt Clinton High, e che comunque non gliene importava nulla, di andare a scuola. Layne, che con il suo fiuto cestistico era convinto di averci visto giusto, va a parlare con il coach della DeWitt HS, e lo convince a riprovare con Tiny. Detto, fatto. 

Archibald diventa il playmaker della DeWitt Clinton, e nellʼanno da senior viene nominato nellʼAll-City Team della Grande Mela. Nonostante gli stimoli di Layne, però, Tiny a scuola proprio non va bene, e i suoi voti gli precludono qualsiasi borsa di studio in università di alto livello. E così la prima volta che esce da New York è per andare in un piccolo ateneo dellʼArizona, al Western Community College, che lascia, dopo un anno, per trasferirsi allʼuniversità di Texas El Paso, dove consacra la sua straordinaria efficacia sullʼhardwood. 

Tre stagioni a 20 punti di media, 51 nel solo Aloha Classic del 1970, 40 di media in postseason. Queste le sue cifre al college, numeri che, nonostante tutto, non gli valsero la chiamata al primo giro al Draft NBA del 1970, tanto per capire quanto poteva essere “forte” quel Draft. I primi cinque scelti furono Bob Lanier, Rudy Tomjanovich, Pete Maravich, Dave Cowens e Sam Lacey, tutti e cinque All-Star e Hall-of-Famer, gente che ha fatto la storia della NBA. 

Il primo del secondo giro, al numero 18, fu Calvin Murphy (altro personaggio discretamente importante della NBA di quegli anni a venire), mentre con la pick 19 i Cincinnati Royals sceglievano finalmente Nathaniel Archibald da Texas at El Paso. 

I Royals avevano come head coach Bob Cousy, ex grande playmaker che ovviamente aveva un occhio di riguardo per i grandi del ruolo. L’esilarante leggenda del primo incontro tra il giovanissimo baby-face Archibald, Cousy e il general manager dei Royals, Axelson, narra che Cousy e Axelson, che aspettavano Archibald in un hotel di Memphis, siano stati avvicinati da quello pensavano fosse un fattorino, che li saluta. A quel punto, i due si domandano: «E questo cosa vuole? Non ci consegna niente e non ci dice niente, ma che fattorino è?». Infatti, non era un fattorino, era Tiny Archibald, un metro e ottanta per neanche settanta chili di abbacinante velocità, ancora solo agli inizi della sua evoluzione cestistica. 

La sua stagione da rookie è buona, 16 punti di media a partita, ma troppe palle perse e la fin troppo evidente tendenza a monopolizzare lʼattacco con soluzioni personali, classica mentalità da giocatore dei playground newyorkesi. La stessa tendenza Archibald ce lʼha anche allʼinizio della stagione successiva, e così Bob Cousy pensa di scambiarlo sul mercato. Poi altri movimenti di mercato coinvolgono i Royals e con la partenza, per motivi diversi, dei due leader in campo e nello spogliatoio Norm Van Lier (ceduto ai Chicago Bulls) e Tom Van Arsdale (infortunato per la stagione), Nate diventa il vero faro della squadra, aumenta esponenzialmente le proprie cifre (da 16 a 28.2 punti a partita, mantenendo anche la media di 9.2 assist per gara), ma non migliorando le prestazioni dei Royals, che chiudono la stagione 1971-72 con 30 vittorie e 52 sconfitte. 

Dal 1972-73 i Royals da Cincinnati si trasferiscono a Kansas City-Omaha e prendono il nome di Kings, e in quella stagione Tiny fa registrare le migliori cifre della carriera, 34 punti e 11.2 assist di media a partita, numeri e leadership che fanno di lui un All-Star. 

Ormai è uno dei migliori playmaker della lega, e a parte quella del 1973-74, limitata a 35 gare a causa di un infortunio al tendine dʼAchille, le sue stagioni ai Kings, fino al 1976, sono esaltanti. Arrivano poi gli infelici trasferimenti ai New York Nets, ai Buffalo Braves (con i quali non gioca nemmeno una partita) e infine ai Boston Celtics, dove per lui i primi tempi sono davvero duri. 

Nella sua prima stagione in biancoverde, a causa dei continui problemi al tendine dʼAchille non entra mai in forma e ai più pare ormai un giocatore finito. Ma Tiny è un duro, uno che non molla facilmente. Nella stagione successiva (1979-80), grazie al nuovo ruolo nel gioco dei Celtics (più contropiedista e passatore e meno realizzatore, visto che in squadra cʼerano già Larry Bird, Cedric Maxwell e Dave Cowens), ci fu la sua resurrezione: 14.1 punti e 8.4 assist di media a partita e il ritorno allʼAll-Star Game. 

Nel 1980-81 cʼè invece la sua definitiva consacrazione, con la nomina di MVP dellʼAll-Star Game, un ruolo fondamentale nel gioco e nello spogliatoio bostoniani e soprattutto la vittoria dellʼanello NBA, che i Celtics conquistano nella tiratissima finale di sette partite contro gli Houston Rockets di Moses Malone. 

Per qualche tempo il gioco di Tiny è ancora di alto livello, poi il suo impatto nella lega comincia a scemare, e a 36 anni chiude la carriera nei Milwaukee Bucks. 14 stagioni e 16.481 punti nella NBA, nella Hall of Fame dal 1991, Tiny Archibald, il piccolo grande uomo nella massima espressione del basket dei giganti. 


Nathaniel “Tiny” Archibald 

Ruolo: point guard 
Nato: 2 settembre 1948, New York City, New York 
High school: DeWitt Clinton (The Bronx, New York) 
Statura e peso: 1,84 m x 68 kg 
College: UTEP 
Draft NBA: 2º giro, 19ª scelta assoluta 1970 (Cincinnati Royals) 
Pro: 1970-1984 
NBA: Cincinnati Royals/Kansas City Kings (1970-1976), New York Nets (1976-77), Boston Celtics (1978-1983), Milwaukee Bucks (1983-84) 
Palmarès: titolo NBA (Boston Celtics 1981) 
Riconoscimenti: 6 NBA All-Star (1973, 1975, 1976, 1980, 1981, 1982), 3 All-NBA First Team (1973, 1975, 1976), 2 All-NBA Second Team (1972, 1981), capocannoniere NBA (1973), classifica assist NBA (1973), NBA All-Star Game MVP (1981), NBAʼs 50th Anniversary All-Time Team, numero 1 ritirato dai Sacramento Kings 
Cifre NBA: 
punti: 16.481 (18,8 PPG) 
rimbalzi: 2.046 (2,3 RPG) 
assist: 6.476 (7,4 APG) 
Numeri: 10, 1, 7 

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio