Dave Arsenault , l'uomo che inventò il Sistema (1999)
Courtesy of Grinnell College Sports Information
di FEDERICO BUFFA
Il cartello per Grinnell arriva dopo cinque ore d'auto da Chicago, a est c'è stato del gran grano, a ovest si direbbe ce ne sia ancora parecchio prima d'una reale alternativa. Viriamo verso nord. Ancora grano. Finalmente, Grinnell. C'è un cartello che indica un presunto centro città, che da sempre nei paesini di tutta l'America si limita a una via centrale tipo quella di Ritorno al futuro e che inevitabilmente si chiama main street, su cui incrociano cinque o sei strade di cui una deve necessariamente essere broad. Fine di Grinnell e di tutti gli altri paesini d'America. Se volete una colonna sonora alternate i Platters a Dolly Parton e il gioco è fatto. Entriamo in un locale (su broad) che sembra un'edicola multi-licenziataria all'anglosassone dove vendono anche il cioccolato e le patatine. C'è uno scaffale delle riviste dove nel settore sportivo ce ne saranno dieci di wrestling.
Chiedo un caffè come si può fare in un locale del genere. Mi spediscono nel negozio a fianco.
Colpo di scena, un tipo beatnik tardi anni Cinquanta-primi Sessanta, mesce vini bianchi californiani e rossi cileni (sic) con grande destrezza e se gli chiedete un caffè, vi presenta una lista con dieci scelte, tipo Java o Columbian Supreme. A proposito: niente Dolly Parton e nemmeno Platters, solo dell'ottimo jazz. "E' Dave Ellis, niente male vero?" ci chiede il beatnik affabilissimo che ha un nome e un cognome, Jeff Phelps.
"Le posso fare una domanda?" butto lì. "Sì ma poi gliene posso fare una io?" rilancia Dave.
"Come mai nel mezzo dell'Iowa c'è un locale del genere? Sa, l'idea che si ha di questo Stato è che un locale così new age californiano non abbia diritto di cittadinanza da queste parti", è stata la mia parte dell'accordo.
"Lei è qui per Grinnell college e Jeff Clement, vero? Ha fatto bene. Sono più divertenti d'un branco di scimmie impazzite". E' l'altra metà, quella di Mr. Phelps.
Ci dobbiamo entrambi delle spiegazioni. La più interessante è quella dell'anfitrione, che comunque conferma che Ellis l'ha comprato a Chicago. "Capisco il suo stupore. Vede, l'Iowa è uno degli Stati più rurali e tradizionalisti dell'Unione, ma esiste nel suo cuore una sorta di isola che s'estende tra Iowa City e Grinnell. A Iowa City, c'è un'enorme comunità d'intellettuali omosessuali, qui a Grinnell invece abbiamo la più alta concentrazione di eccentrici d'America."
Ohibò.
"Grinnell", prosegue, "ha novemila abitanti e il college, che è uno dei più prestigiosi della nazione, ne arruola un migliaio tra cui molti stranieri di tutti i continenti e la cui parola d'ordine è... genialità. Un terzo degli studenti sono gay!".
Ammettere che sono stato colpito a guardia abbassata, è il minimo che possa dire. Il campus, vezzosissimo, somiglia a un ateneo della Ivy league, stile-Yale.
"Noi siamo soliti definire Harvard la Grinnell dell'est" conclude perentorio il beatnik enologo. Torniamo al basket. "Stia pronto perché stasera vedrà qualcosa che nessuno ha mai provato a mettere in scena nella storia di questo gioco. E direi che solo a Grinnell era pensabile che qualcosa del genere potesse accadere. Ha fissato un appuntamento con coach Arsenault, il genio?" è l'ultima chicca di Mr. Phelps. L'appuntamento l'ho fissato ma comincio a credere che ci sia qualcosa di strano, tipo il film-cult dello splatter Two Thousand Maniacs in cui un gruppo di nordamericani arriva in un sonnolento paese del Sud e scopre che la Guerra di secessione non è mai finita e che - sfiga ben maggiore - i locali sono dei semi-cannibali dalla motosega facile.
"Ah, lei è venuto davvero dall'Italia per conoscere il mio Sistema?" ci accoglie coach Arsenault, un giovanissimo bostoniano canadese sulla cinquantina, la mente di tutto ciò. Questo è tutto quello che l'interessato deve sapere prima di vedere una partita della Grinnell: il kit di sopravvivenza, per intenderci. "Il mio nome è Arsenault, Dave Arsenault (un burlone, nde). Sono per metà canadese e sono cresciuto giocando a hockey a Boston, dove s'è sposata la mia famiglia. Ho giocato a basket per la nazionale del mio Paese e ho difeso i colori del Colby College nel Maine. Giocavo play e non tiravo quasi mai e ragionavo come un mezzemaniche. Nel '76 passai anche sei gare senza prendere una conclusione, ma di quelle partite non ne perdemmo una. Poi sono diventato allenatore. Ho studiato il regolamento FIBA e con la storia dei 30 secondi ho pensato che fosse possibile solo un ribaltamento di lato per azione. Mentre da noi, prima senza limite poi con 45 secondi, i ribaltamenti erano più d'uno. Quando hanno portato il limite a 35 secondi anche qui ho elaborato il "Sistema". Questi sono i sacramenti per vincere ogni partita:
1) la mia squadra deve prendere almeno 94 tiri a partita, di cui la metà devono essere delle triple;
2) i nostri avversari devono perdere almeno 32 palloni;
3) dobbiamo prendere almeno trenta tiri più di loro;
4) dobbiamo segnare in occasione di almeno un terzo dei nostri errori, per cui abbiamo bisogno di una valanga di rimbalzi d'attacco;
5) la nostra situazione ideale è -10 a dieci minuti dalla fine.
Scientifico. A costo d'apparire blasfemo, e premesso che mentre annotavo sul taccuino non sempre la penna scorreva senza sbalzi, direi che la caduta dall'asino sulla via di Damasco di Saul, meglio noto come Paolo di Tarso (poi addirittura popolarissimo come San Paolo) è il solo episodio che mi sovvenga che abbia prodotto un effetto più profondo su mente umana rispetto al giorno in cui coach Arsenault studiò il regolamento FIBA.
C'è ovviamente di più. "Io" riprende il coach "in Iowa non ci volevo venire. A Boston diciamo che tra le 4 mila miglia he separano Boston da L.A. non esiste niente. Un mio amico che allenava le donne alla Grinnell insistette perché dirigessi la derelitta sezione maschile. La scuola mi pagò il biglietto d'aereo. Arrivato qui non volevo restare oltre il tempo di due birre. Mi fanno un'offerta allettantissima ma resisto. Noto che ogni persona che incontro mi sorride e a un certo punto comincio a pensare di avere la zip dei pantaloni aperta, perché altrimenti non me lo spiego. Mi raccontano che qui si sorride sempre. Voglio lo stesso tornare sulla costa. Mi rifanno un'offerta ancora più allettante, soldi che a Boston nemmeno sogno. Alla fine crollo e firmo. Intanto tutti continuano a sorridere come se avessero un'emiparesi. Mah!"
Questa storia del sorriso contagia anche me, e a questo punto voglio fare degli esperimenti; e in effetti, prima che uno abbia incrociato uno sguardo indigeno, ti hanno già mostrato la loro smagliante dentatura. Provo a ricambiare ma dopo un po' sembro Marcel Marceau, il mimo francese quando deride l'audience e desisto.
"Quando ho preso in mano la situazione", narra il coach, "la Grinnell veniva da 25 stagioni perdenti consecutive. Una mezza tragedia. Gli studenti (senza borse di studio, nde) sono dei semigeni, mattocchi e sregolati, spesso omosessuali che non saltano un foglio di giornale e nel weekend cominciano a tenere il conto delle Budweiser dopo la quarta. Al primo allenamento, su 24 prestatisi per giocare, ne ho tenuti solo otto. Provo a giocare stile-Princeton, controllo assoluto, grande cura dei fondamentali, backdoor e gare ai 50 punti. Andiamo così così. Mi accorgo che ho in squadra un grande tiratore, un certo Dickman. E introduco il Sistema, solo che quello che non le ho detto in precedenza è che per onorare i cinque sacramenti bisogna che i giocatori non stiano in campo più di 2 minuti e mezzo a volta, per cui vanno cambiati come le linee dell'hockey. Sa, io sono canadese e 'ste cose le conosco". Gran risata un po' satanica. Strano, per qualche motivo mi sembra che Arsenault abbia uno spiccato accento germanico, ma si tratta certamente di un equivoco.
"Il primo anno col Sistema finiamo con un glorioso 11-11 di record, la prima stagione non perdente da una vita. Dickman ne segna 37 di media, non difende nemmeno per sbaglio, ma odia essere sostituito e convince i compagni a tornare al sistema-Princeton per giocare 38 minuti e non 21 a sera. Terminiamo con 10-12 di record e i ragazzi m'implorano di reinserire la rivoluzione. Mi arriva un grande tiratore, un certo Brandts, solo che lui non lo sa. Lo reimposto mentalmente: chiudiamo a 13-8, un trionfo. Col mio metodo un giocatore può resistere fino a 45 anni miscelando due minuti di gioco a due di panchina".
Ho un quesito. "L'80% tiro, il rimanente 20% è di 5 contro 5": un sogno, nemmeno nella vostra prima divisione potreste sperare tanto.
E' quasi ora di andare in spogliatoio per coach Arsenault, ma c'è ancora tempo per qualche spruzzatina. "Ho pensato anche a una squadra di 14 tiratori da tre ma poi nessuno bloccherebbe per gli altri. Lo scorso anno comunque ho fatto segnare da tre 13 giocatori su 14 nella stessa partita, record NCAA d'ogni epoca. Siccome non avevamo altri obiettivi, ho provato anche a battere altri record, tipo cento punti in un tempo, per i quali ho promesso ai giocatori di tingermi i capelli di un colore a loro scelta. Comunque tutto è cambiato dal giorno in cui andai a vedere una partita delle high school della Grinnell e ho visto Jeff".
Jeff è Jeff Clement, il figlio del direttore sanitario dell'ospedale del paese. Cresciuto in una fattoria a dieci km dal centro, è l'uomo che ha fatto entrare nella storia se stesso e la squadra: recordman per triple in una gara (19). Trattasi di tozzo midwesterner di nemmeno 1.80, capelli tagliati a spazzola, il braccio armato della follia, destro quando tira un pallone da basket, mancino quando lancia nel baseball.
"Grazie a lui ho variato in parte il Sistema. Non le anticipo niente, vedrà lei."
Sopraggiunge un rubizzo fragolone sui 12 anni "E' il mio figliolo. La sua squadra delle medie già attua il Sistema. Da allora sono 42-3, hanno perso solo quando i campi erano troppo stretti per avere una completa linea per il tiro da tre. Li alleviamo da giovanissimi, sono i Clement di domani".
Giuro che l'accento continua a essere sempre più germanico, alla dottor Mabuse, ma dev'essere ancora un equivoco. Stasera i Pioneers giocano contro Illinois College, la stessa squadra contro la quale lo scorso anno Clement mise i 19 tiri (su 54, altro record ogni epoca del college basket). Il pallone della partita - autografato dal tozzo e venerato dagli astanti - è custodito a Springfield nella Hall of Fame, a pochi metri dalle foto di Bob Cousy o da quelle di Doctor J. "Per lui ho un sogno: fargli battere la media di Pete Maravich di 44 punti a partita" ci ha confessato il coach.
Provo a intervistare anche coach Worrell, l'allenatore avversario, che accetta. E' bianco come un cencio.
"Quella di giocare contro la Grinnell è un'esperienza che consiglio a tutti una volta nella vita. E' un fatto mentale. Devi non preparare la partita, dire ai tuoi di dimenticarsi di ogni cosa che hanno fatto nella loro vita cestistica fino a ora. Noi perdiamo di media sotto le dieci palle a sera; se le teniamo sotto le trenta, li battiamo. Ti invitano a segnare da due indisturbato, per avere la palla indietro e ucciderti da tre. Ho provato in passato a giocare a quattro angoli ma poi loro ti 'costringono' a segnare. E' un incubo cui devi resistere. Io quando ho cominciato a giocare contro Arsenault, lo odiavo; ora lo rispetto molto perché è un genio. Se allenasse in Division I, Dick Vitale parlerebbe solo di lui. Conosco a memoria il video".
Già il video. Coach Arsenault ha messo su pellicola la sua idea, intitolandola Running to the Extremes. Nessun coach di Division I l'ha ordinato e dubito ne conoscano l'esistenza, ma va a ruba ai licei, ogni tanto chiama un allenatore fruitore, magari dopo aver perso 140 a 139 e chiede ulteriori delucidazioni.
Si comincia dopo che la squadra femminile della Grinnell, che gioca in maniera tradizionale, ne ha beccati venti a domicilio dalle Bluegirls. La banda intona Sons of Old Grinnell, scritta da James Norman Hall, un laureato di quelle parti, classe 1910, che poi si consegnò alla posterità con Gli ammutinati del Bounty.
Al salto a due si presenta un segaligno pivot di 2.05 che peserà forse otto chili, in compenso si è ossigenato completamente i capelli da sembrare il comandante Straker, quello degli UFO. Al 53esimo secondo, Arsenault ha già cambiato 4 giocatori! In campo resta solo il bomber, ma ecco la magata che ci aveva anticipato.
Clement, dopo i primi cinque secondi in cui effettua una semi-parodia della difesa, lascia la propria metà campo e si va a posizionare a otto metri dal canestro avversario, tutto spostato sulla destra. La cosa comica è che coach Worrell, anziché attaccare 5 contro 4, a sua volta toglie un attaccante. I Pioneers pressano ogni pallone dalla rimessa sciamando tutti verso il portatore senza un senso apparente. Un'azione su due vengono battuti e gli altri segnano due punti da sotto in un tre contro zero, nell'altra forzano una palla persa. Dopo un canestro subìto, una sorta di playmaker impiega meno di tre secondi a superare la metà campo e qui inizia una rumba da capogiro. Ricordate l'ossessione del coach per i ribaltamenti? Ebbene i suoi cambiano il lato non meno di tre volte in dieci secondi e alla fine parte un missile da parte di chiunque decida di farlo. Anche il platinato? Soprattutto lui, direi. Non ha assolutamente l'idea del gioco, non solleva i piedi quando corre e i fondamentali sono quelli di uno che ha cominciato martedì, in compenso tira da otto metri con una scioltezza impressionante e finirà la gara con 5 su 7 da tre. Dopo un inizio abbastanza democratico, si prende a giocare soprattutto per Clement, che praticamente non mette quasi mai la boccia per terra e in attacco gioca senza palla come un forsennato e appena riceve tira ricadendo indietro. I primi tre tiri nemmeno toccano il ferro. Il pubblico è composto per lo più di linguacciutissimi tifosi tipo-Duke che non le mandano a dire ad allenatore e giocatori avversari. Fanno finta di dargli un occhio due poliziotti sulla quarantina con un'uniforme che ricorda le comiche degli anni Trenta. Il viavai di cambi che si succedono ogni due palle morte a un certo punto genera un "tecnico" perché il coach perde il conto e in campo sono in 6 contro 5. "Ne prendiamo uno a partita" mi precisa il vicino di posto. Dopo dieci minuti di choc comincio a intuire qualcosa. In attacco il penetra-e-scarica è sublimato sino al paradosso: appena un giocatore ha la palla si butta dentro e gli altri quattro si nascondono dietro la linea da tre muovendosi contemporaneamente. Appena la palla esce, gli altri tre si buttano a rimbalzo e non sono tagliabili fuori; e siccome spesso il rimbalzo è lungo, sono favoriti. A quel punto fanno l'unica cosa che sinceramente c'è piaciuta sinora: a rimbalzo arpionato gli altri quattro sono micidiali a riposizionarsi automaticamente e il rimbalzista ne pesca uno con una fucilata anche no-look su cui è obiettivamente quasi impossibile difendere. Segue ovviamente altra tripla.
I tiri da due, che sono meno della metà di quelli presi, sono determinati più dagli adeguamenti dei difensori che da una precisa scelta offensiva. Clements non sembra in serata e chiude la prima frazione con 5 su 20 e 2 su 14 da tre. Il parziale è +4 Blueboys.
Ripresa. Jeff ha un sussulto e mette il triplone. Il coach cambia anche lui assieme agli altri 4, ma poi ne ricambia 5 dopo 50 secondi. Illinois è sempre su di 5-6 punti. A metà secondo tempo il bomber prende fuoco e presenta la fattura: tre triple in un minuto. Lui segna, gli altri rimettono e segnano da due, indisturbati. Rimessa da fondo, Jeff, non rientrato, sceglie un lato, gli altri cambiano sistematicamente, ma il nostro riceve e tira girando in aria di non meno 40 gradi. Il terzo tiro lo effettua palleggiando verso il tavolo e poi piroettando mentre parte il siluro. A momenti viene giù il palazzetto, che è una lindissima bomboniera anni Quaranta dove potrebbero aver tranquillamente girato Un professore tra le nuvole, divertissement disneyano in cui uno scienziato svitato inventa una sostanza da mettere sotto le scarpe che fa rimbalzare a quattro metri da terra dei ventenni bianchi con la riga nei capelli e altrimenti inevitabilmente zavorrati.
Mi parte l'occhio su un catafalco dove due radiocronisti provano a commentare una gara in cui verranno presi 168 tiri, e gli auguro ogni bene. Blueboys avanti 106 a 104. Poi c'è una serie di tiri liberi per parte. Colpo di scena finale: coach Arsenault per gli ultimi 100 secondi dispone i suoi a zona 2-3. Illinois impazzisce e prende a bombardare essa pure, salvo commettere falli di frustrazione su cui i Pioneers vanno avanti dalla lunetta. Ultima azione: bomba per Illinois fuori, rimbalzo in attacco e favoloso stoppone del platinato, che effettua il suo primo salto della gara ma è quello decisivo.
Finale: 111 a 109 Grinnell. Tutti si riversano sul parquet. Ricordate i due poliziotti vestiti come nelle comiche anni Trenta? Anche loro in campo. Uno si fa dare la palla, si leva il cappello e comincia a tirare da tre. Solo rete. Questo è sinceramente troppo...
D'accordo non sarà Two Thousand Maniacs, ma stavolta ho bisogno di una boccata d'aria. (1999)
Commenti
Posta un commento