Beenhakker il giramondo dei record
Si è spento a 82 anni “Don Leo”, l’allenatore che vinse tre campionati consecutivi con il Real, che portò l’Arabia a USA 1994 e che conquistò i titoli d’Olanda con Ajax e PSV
Aveva iniziato ad allenare nel ‘67 finendo da consulente a Trinidad con cui arrivò al Mondiale 2006
11 Apr 2025 Corriere dello Sport
ANSA di Andrea De Pauli
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Si è spento, a 82 anni, Leo Beenhakker, mitico allenatore giramondo olandese. Una vita trascorsa in panchina, con una carriera iniziata a soli 25 anni, dopo una fugace esperienza da calciatore a livelli non eccelsi. Era il 1967 e a dargli fiducia, in Patria, fu la modesta compagine dell’SV Epe. L’inizio di una carriera entusiasmante, che si sarebbe chiusa una cinquantina d’anni dopo, con un’ultima parentesi come esotico consulente tecnico di Trinidad e Tobago. In mezzo, tanti trionfi, inaugurati con un primo scudetto alla guida dell’Ajax, a cui hanno fatto seguito le più svariate esperienze in più o meno tutti gli angoli del pianeta, sia a livello di club, su tutti il Real Madrid, che di Nazionali, con le sue esperienze al timone di Olanda, Arabia Saudita, Trinidad e Tobago e Polonia.ieo Beenhakker era nato a ootterdam il 2 agosto 1942
Grande scopritore di talenti: da Bergkamp a Ibrahimovic
DON LEO. Con la sua inconfondibile folta chioma bionda e l’immancabile sigaretta accesa tra le labbra, Beenhakker ha attraversato mezzo secolo di calcio. Dopo un buon decennio di gavetta, la chiamata dell’Ajax, lui che era nato nell’ostile Rotterdam degli eterni rivali, il Feyenoord. Ed è subito titolo, nell’esaltante stagione 1979/80. Un paio d’anni dopo arriva la prima chiamata dalla Spagna, dal Saragozza, dove il tecnico olandese ben presto si guadagna l’ossequioso soprannome di Don Leo. Tre stagioni positive che lo proiettano, qualche tempo dopo, alla guida della Nazionale olandese. Una prima esperienza breve, chiusa con la mancata qualificazione a Messico 86. Poco male, perché ad aspettarlo c’è il Real Madrid, con cui conquista, tra il 1987 e il 1989, tre campionati in fila (oltre a una Coppa del Re e a una Supercoppa di Spagna). E tre Liga consecutive, alla Casa Blanca, nessuno le ha più vinte. L’avventura, però, s’interrompe bruscamente a causa di due sacrilegi compiuti dall’allenatore dei Paesi Bassi: il tonfo del 5-0 davanti al Milan di Sacchi (a segno anche Carlo Ancelotti) e, forse ancor di più, il peccato mortale di aver imposto la panchina all’idolo locale Emilio Butragueño, leader indiscusso della ribattezzata Quinta del Buitre (La leva dell’Avvoltoio), che contemplava i vari Michel, Manolo Sanchis e Martin Vazquez, in un incrocio coi campioni uscenti del PSV Eindhoven, ad altezza quarti di Coppa Campioni. Eliminatoria peraltro superata.
SCOPRITORE DI TALENTI.
Quella sera giocò l’incontenibile nipote d’arte, Paco Llorente Gento, più congeniale al piano di un allenatore che i talenti li sapeva riconoscere, eccome. Sotto la sua ala sarebbe cresciuto Dennis Bergkamp, dopo il ritorno all’Ajax di Beenhakker, che da direttore tecnico, una decina di anni più tardi, riuscì a strappare al Malmö tale Zlatan Ibrahimovic. Nel mezzo, un’eliminazione, contro la Germania, agli ottavi di Italia 90, alla guida della Nazionale olandese nella famosa partita dello sputo di Frankie Rijkaard a Rudi Voeller, una storica qualificazione a Usa 94 con l’Arabia Saudita, le avventure in Messico, con America e Chivas, in Turchia col Istanbulspor, e il titolo con il Feyenoord del 1999, che lo ha reso l’unico allenatore a conquistare la Eredivisie alla guida della due eterne rivali d’Olanda. Un altro mezzo miracolo, poi, è la qualificazione, a Germania 2006, di Trinidad e Tobago, che nel 2013, lo avrebbe richiamato per la sua ultima esperienza da consulente tecnico. Riposa in pace, Don Leo.
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