HOOPS MEMORIES - Pazze idee, americanate e strani amori


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Meno di quindici anni dopo l’invenzione del basket del 1891, una nuova forma del gioco spuntò nel Nord-est. Era il basket su pattini, una prima forma di rollerball, si potrebbe dire, che ebbe subito legioni di convinti partecipanti. L’entusiasmo per il nuovo gioco era così forte che alcuni si aspettavano ne rimpiazzasse la versione originale di James Naismith.

Nel 1906, al Madison Square Garden di New York tutto era pronto per dar vita a un campionato di rollerball con, pare, oltre cinquanta squadre disposte a prendervi parte. Ma la lega non fu mai formata e il nuovo sport si sarebbe rivelato solo una moda passeggera che scomparve rapidamente.

Subito dopo fu la volta del basket a cavallo, un gioco che comprensibilmente richiedeva alcune modifiche regolamentari. Siccome i giocatori a cavallo erano molto più alti dal terreno, la linea del tiro libero fu spostata a trenta piedi (oltre 9 metri) dal canestro. Il palleggio venne abolito e si usava un diverso tipo di pallone, pieno di stoppa anziché d’aria, il che lo rendeva anche più facile da maneggiare.

Segnare era estremamente difficoltoso, come indicato da una gara tra due unità militari svoltasi a New York nel 1929 e terminata col punteggio di 9-4. Tra gli incidenti accaduti in quella partita, si contarono una gamba rotta e un infortunio alla schiena. Non sorprendentemente, quella forma di pallacanestro morì altrettanto alla svelta.

La pallacanestro su ghiaccio vide un breve tentativo nei primi anni ’30, più precisamente si trattò di un incontro disputato alla University of Illinois e capitanato da due pitcher della varsity (la prima squadra) di baseball. Ma come era accaduto al baseball su ghiaccio (popolare a cavallo del secolo) anche il basket su ghiaccio scomparve sul nascere.

Altre sventurate idee non alterarono il terreno di gioco ma i canestri. Il richiamo verso canestri più alti che contribuissero a neutralizzare i lunghi si era avvertito già nel lontano 1934, quando dei canestri posti ad un’altezza di dodici piedi furono usati in una partita tra Kansas e Kansas State. Dopo la gara, agli appassionati venne chiesto di votare pro o contro l’adozione del cambiamento: il 75% dei votanti bocciò i canestri più alti.

All’incirca nello stesso periodo la National Association of Basketball Coaches (NABC) voleva applicare l’idea di allargare il diametro dei canestri da 18 a 20 pollici, per incrementare il tiro da fuori. La University of Missouri funse da cavia, usando i canestri allargati dal 1936 fino al ’39. Ma in merito quella fu l’ultima “idea” di cui si sentì parlare.

Infine, sempre negli anni ’30, venne inventato un dispositivo, chiamato Bask-o-Lite, che aveva un interruttore elettrico nella retìna. Quando questa veniva attraversata dal pallone, dietro il canestro si accendeva una luce per indicare agli spettatori che il canestro era valido. Avrebbe potuto funzionare nell’hockey, dove per ogni gol tuttora viene accesa una luce che segnala quando il puck supera la linea di porta. Ma nel basket, per gli spettatori non era un gran problema riuscire a capire se il pallone si era infilato nel canestro e per loro il Bask-o-Lite era un’inutile stravaganza.

E i bellissimi palloni a strisce biancorossoblù della ABA, alla fine degli anni ’60, furono l’ultima di una lunga serie di stramberie cestistiche. Che non fanno altro che dimostrare quanto semplice il gioco sia in realtà.


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