Vienna 1964 - Un Mazzola così


di Christian Giordano © - Guerin Sportivo ©

La Coppa dei Campioni passa da via Serbelloni a via Dante ma resta a Milano, non per merito del Milan campione in carica (eliminato ai quarti dal Real, 1-4/2-0), bensì dei «cugini» nerazzurri. L’Inter del “Mago” Herrera e del «presidentissimo» Angelo Moratti elimina l’Everton (0-0/1-0), i francesi del Monaco (1-0/3-1), il Partizan Belgrado (2-0/2-1) e il Borussia Dortmund (2-2/2-0). In finale, a Vienna, il 27 maggio 1964, l’attende il grande Real Madrid. Di Stéfano è al canto del cigno, ma le merengues, con Puskas, Gento e Santamaria, fanno sempre paura. Sospinti da migliaia di tifosi giunti da tutta Italia, i nerazzurri si impongono per 3-1.

Sul finire del primo tempo, Mazzola scaglia dal vertice sinistro dell’area un potente destro che non dà scampo a Vicente: 1-0. Dopo un’ora di gioco l’Inter raddoppia con Milani. Lancio di Suárez e destro fulminante del centravanti nerazzurro. Sembra fatta. Dieci minuti dopo però, con un’acrobazia di Felo sottoporta, il Real assesta l’ultimo colpo di coda. I bianchi si riversano in avanti alla disperata ricerca del pari ma così fanno il gioco dell’Inter che, tempo sei minuti, chiude la partita. Ancora con Sandrino, l’eroe della serata, che approfitta di un pasticcio difensivo spagnolo, si beve in velocità Santamaria e da distanza ravvicinata mette dentro il 3-1. Adesso non sembra fatta: lo è. 

Il giovanissimo Mazzola, non ancora ventiduenne, con la doppietta in finale (7 gol in 9 gare) ottiene anche la consacrazione a livello internazionale. Da quel momento in poi avrà anche un nome e non solo un pesantissimo cognome. La prova? Il leggendario Puskas che con gli occhi lucidi di commozione, chiedendogli la maglia col numero 8, gli sussurra: «Ho rivisto Valentino…».


La tattica/L’Inter di HH, apologia della velocità

Lo schema di gioco dei nerazzurri è improntato al pragmatismo più esasperato, e concede con parsimonia quei lampi di spettacolarità che caratterizzeranno con maggiore frequenza l’Inter euromondiale del 1965. 

Herrera, che i madrileni li conosce bene da quando allenava il Barcellona, non ha dimenticato la batosta subita in blaugrana nelle semifinali del ’60 e azzecca ogni mossa. Lascia l’iniziativa a Di Stéfano (nonostante gli anni ancora superbo, seppure asfissiato da Tagnin) e compagni e li colpisce con contropiede che definire mortiferi è poco. Puskas, francobollato da Guarneri, esce dalla partita e non vi fa più ritorno. A centrocampo il geniale Suárez si vota al sacrificio oscillando tra Felo e Muller senza mai far mancare lucidi suggerimenti per il (finto) tridente, Jair, Milani e l’imprendibile Mazzola. In più la retroguardia è così salda (5 gol presi in 9 partite) da non temere pericolosi squilibri quando Facchetti, il primo fluidificante vero espresso dal nostro calcio nell’èra moderna, galoppa sulla fascia sinistra.

Il Real è troppo anziano e compassato per non farsi travolgere dagli indiavolati ritmi della Beneamata, ma sa ancora regalare lampi di classe sopraffina. La generazione dei grandi vecchi, Di Stéfano (38 anni), Puskas (37), Santamaria (34), Gento (appena 30, al confronto un ragazzino), è al tramonto e non è riproducibile. I ricambi, tranne la fantasiosa punta esterna Amancio Amaro, non paiono all’altezza del glorioso passato madridista. Ma l’orgoglio «blanco», duro a morire, consente alla squadra guidata in panchina da Muñoz una dignitosa resa. HH sa bene che la vendetta si gusta meglio fredda.


Il tabellino della finale

Vienna, stadio «Prater», 27 maggio 1964
INTER-REAL MADRID 3-1 (1-0)
Inter: Sarti; Burgnich, Facchetti; Tagnin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Milani, Suárez, Corso. Allenatore: Helenio Herrera.
Real Madrid: Vicente; Isidro, Pachin; Muller, Santamaria, Zoco; Amancio, Felo, Di Stéfano, Puskas, Gento. Allenatore: Miguel Muñoz.
Arbitro: Stoll (Austria).
Marcatori: Mazzola (I) al 43’, Milani (I) al 60, Felo (RM) al 70’, Mazzola (I) al 76’.
Spettatori: 72 mila circa.

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