HOOPS MEMORIES - New York Rens, i magnifici sette


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di CHRISTIAN GIORDANO ©
Rainbow Sports Books ©

Se vi raccontassero di un’acrobatica squadra degli anni trenta composta da sette giocatori neri e considerata la più forte al mondo, pensereste subito agli Harlem Globetrotters. In realtà, quella macchina da canestri e vittorie erano i New York Rens. E per vincere non avevano bisogno dei Washington Generals come vittime designate.

Fondati nel 1922 come Renaissance Big Five da uno zelante appassionato di nome Bob Douglas, che in origine voleva chiamarli Spartans, grazie al loro fondatore si accordarono per giocare nella nuova Renaissance Casino Ballroom di Harlem quando la sala da ballo non era affittata dalla band di “Count” Basie, il conte dello swing. E fu così che i Big Five divennero Rens.

Precorrendo i tempi dei più longevi e celebri Trotters, i Rens s’imposero all’attenzione nazionale nel 1926-27. In quella stagione si spartirono equamente la serie di sei partite contro gli Original Celtics, all’epoca ritenuti la miglior squadra del globo. Già dal 1932 i Rens giocavano in trasferta ogni partita, e le vincevano quasi tutte. In una rosa già fortissima quell’anno arrivò un’altra stella, il centro di 1,94 “Wee” Willie Smith, e così i Rens divennero pressoché imbattibili. 

In quattro anni vinsero 473 partite e ne persero 49, parecchie delle quali condizionate da arbitraggi prevenuti contro quella che era, nei fatti, la prima squadra professionistica di soli neri. La stagione successiva, 1933-35, vinsero 88 gare in fila. E quando si proclamarono «campioni del mondo», nessuno ebbe da ridire.

Nel suo quadriennio al vertice il roster rimase intatto. E quindi il loro gioco d’insieme si dipanava attraverso meccanismi quasi perfetti, in più quegli atleti avevano una resistenza straordinaria. In genere funzionava così: i cinque “titolari” giocavano tutta la partita e, a rotazione, gli altri due si prendevano la serata libera. 

Già, ma chi erano, quei sette fuoriclasse?

Il capitano era Clarence “Fat” Jenkins, il più anziano, e ai Rens dal 1924. Alto solo 1,69, ma noto come “l’uomo più veloce del basket”, nonostante la stazza guidava a ritmi folli il contropiede, spesso attirandosi i raddoppi dei difensori che cercavano di impedirgli le entrate in sottomano. Jenkins era stato anche una star della Negro Baseball League, come era accaduto al suo playmaker e specialista difensivo Bill Yancey. Yancey sarebbe poi divenuto un celebre scout nel baseball, dove scoprì nomi illustri come Al Downing e Billy Bruton.

L’altro piccolo era Eyre “Bruiser” Saitch, come da nickname il picchiatore del backcourt ma anche l’ennesima potenziale stella di più sport. Era infatti un fuoriclasse anche nel tennis, ma non gli fu mai permesso di misurarsi contro i migliori giocatori bianchi. 

Saitch e John “Casey” Holt erano gli altri swingmen, giocatori cioè capaci di oscillare tra i ruoli di guardia e ala, assieme a James “Pappy” Ricks, scintillante deliziatore di folle. Considerato il miglior tiratore dell’epoca, Ricks prima di una gara e a volte anche durante si produceva in prestazioni al tiro incredibili. Poi, terminato il suo show, Pappy salutava il pubblico stringendosi le mani sopra la testa come per complimentarsi.

Quando i Rens sbagliavano una conclusione, uno dei due lunghi era già sotto canestro per andare a segnare sul rimbalzo. Charles “Tarzan” Cooper, 192 centimetri d’agilità scolpiti come l’immaginifico re della giungla, per il futuro Hall-of-Famer Joe Lapchick era «il miglior centro mai visto». Ma fu Smith la tessera che completò il perfetto mosaico dei Rens.

Robert (Bob) Douglas, il proprietario, lo aveva prelevato da Cleveland nel 1932, e spezzò così la consuetudine che voleva tutti i Rens provenienti da New York o Philadelphia.

A completare la comitiva c’era Eric Illidge, segretario e addetto alle trasferte che seguiva guidando il bus della squadra. Era lui ad assicurarsi che ai Rens fosse girata la quota degli incassi pattuita, e spesso a costo di non far uscire i giocatori dal campo fino a che non fosse stato pagato quanto dovuto.

Ci voleva, infatti, un personaggio particolare per spuntarla contro i pregiudizi che i Rens, squadra di soli neri, incontravano negli anni trenta. La squadra viaggiava su un autobus privato nel quale i giocatori spesso dovevano dormire, e mangiare pasti freddi, perché alberghi e ristoranti si rifiutavano di alloggiarli e/o servirli. 

Il loro record fu ancora più sensazionale se si pensa che fu ottenuto nonostante tifoserie e arbitri spesso ostili, e talvolta anche di promoter che cercavano di imbrogliarli sulle percentuali degli incassi che gli spettavano.

Nel 1939, nonostante le sette superstar originarie non fossero più insieme, i Rens vinsero il World Championship Tournament. Poi continuarono a giocare fino al 1949, quando la squadra fallì con un record complessivo di 2588-529 nel computo vittorie-sconfitte.

I magnifici sette dei Rens del quadriennio magico 1932-1936 furono indotti, nel 1963, come squadra nella Hall of Fame di Springfield, Massachusetts. Non erano stati solo la prima squadra pro’ di soli neri e la prima a vincere un campionato professionistico. Erano stati una delle prime grandi dinastie.



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