Addio al generale Knight - Il genio incontrollabile che fece piangere Jordan


(Ap) Maglione rosso Bobby Knight con i 
giocatori di Indiana in un match della Ncaa

Leggenda del basket Usa, coach dai metodi troppo duri

3 Nov 2023 - Corriere della Sera
di Flavio Vanetti
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  • Tutti hanno l’ambizione e la voglia di vincere, in pochi hanno la volontà per prepararsi a vincere. La forza mentale vale quattro volte più di quella fisica
  • Quando me ne andrò da questa Terra e le mie gesta saranno roba del passato, voglio essere sepolto a pancia in giù. Così i critici potranno baciarmi il c...
Raccontare Robert Montgomery «Bobby» Knight, mancato all’età di 83 anni dopo una malattia che da aprile lo costringeva in ospedale, significa avventurarsi nelle vicende di uno dei più grandi ma anche più collerici allenatori della storia del basket. Di lui si ricordano geniali intuizioni — la difesa «Help», poi diventata «Help and recovery», alla quale nel 1970 si ispirò l’allora c.t. azzurro Giancarlo Primo — ed episodi al limite, a volte ben oltre. Per dire: oltre alle multe e alle «esplosioni» contro i dirigenti della Ncaa, nel 1985 scagliò una sedia in campo durante una partita contro Purdue e spesso arrivò allo scontro fisico con i giocatori.

Nel 2000 ne strattonò uno in modo violento e l’Università dell’Indiana, che l’aveva in servizio da 29 anni, lo licenziò. Knight passò a Texas Tech e lì rimase fino al 2006 — inciso: la Nba non l’ha mai sfiorata, ma tra i professionisti spediva i suoi talenti —, e anche se nelle 6 stagioni texane ne ha avute 5 con almeno 20 vittorie, la sua immagine rimarrà scolpita nelle gesta con gli Hoosiers (il nickname dei giocatori di Indiana) e nell’iconico maglione rosso, colore dell’ateneo assieme al bianco, che indossava a bordocampo.

Soprannominato The General — ma anche «il toro infuriato del basket universitario» —, Knight aveva incominciato il suo percorso nel 1965 ad Army (fu il più giovane coach di Division I) prima di legare i destini a Indiana: 661 vittorie, 24 qualificazioni per il torneo Ncaa in 29 stagioni, 3 titoli tra cui il primo, nel 1976, senza sconfitte (impresa non ancora replicata). A Texas Tech avrebbe raggiunto gli 880 successi.

Nel 1984 The General fu chiamato a guidare gli Usa ai Giochi di Los Angeles: fu l’ultima selezione a conquistare l’oro senza giocatori Nba. Ma in compenso c’erano campioni come Patrick Ewing, Chris Mullin, Sam Perkins e soprattutto Michael Jordan, divinità designata. Knight escluse Charles Barkley e John Stockton (che sarebbero entrati nel Dream Team 1992) per fare spazio a Steve Alford, allenato a Indiana. Le polemiche non mancarono, ma lui tirò diritto per la sua strada. Nel tritacarne finì perfino Jordan: dopo la vittoria sulla Germania Ovest per soli 11 punti lo invitò a vergognarsi per il modo in cui aveva giocato. MJ pianse e anni dopo ammise: «Se avessi saputo com’era fatto, avrei rinunciato a quelle Olimpiadi».

A parte il caratteraccio e l’allergia alle sconfitte, Bobby Knight rimane un fuoriclasse assoluto. Anche nelle motivazioni. Basta leggere il manifesto-lettera appeso nel corridoio tra spogliatoi e campo della Indiana Arena: «Tu che sei un Hoosier, ricorda che tra le 20 mila persone in tribuna ci sono gli occhi di un ragazzino che proverà a imitarti. Sei il suo idolo: sii un buon esempio per lui e aiutalo a diventare grande come sei diventato grande tu».

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