BIKE PORTRAITS - André Leducq, il "bel Dédé"


di CHRISTIAN GIORDANO ©

Piaceva alle donne perché era bello André Leducq, le beau Dédé. Il bel Dedé. 
E perché vinceva. Tanto. Tra gli anni Venti e Trenta del Novecento: due Tour de France e altrettanti Critérium International, una Roubaix, una Parigi-Tours, un mondiale dilettanti. 

Famoso per il look, il fascino e il buon umore, è stato uno dei primi sex-symbol del ciclismo francese.

Parigino di Saint-Ouen, dove era nato nel 1904, e marsigliese d’adozione, ebbe in dono la prima bici a cinque anni. A venti, era iridato a Parigi.

Professionista dal 1927, finì subito quarto alla Grande Boucle, con le prime tre delle sue 25 vittorie di tappa totali al Tour. Un record che durò fino alle 34 del "Cannibale" belga Eddy Merckx, poi eguagliato dal britannico Mark Cavendish.

Corridore completo, forte allo sprint e in montagna, vinse all’"Inferno del Nord" nel 1928 la sua unica classica monumento. 

Nel 1930 conquistò il Tour duellando per tre settimane con l’italiano Learco Guerra. Leducq vinse nonostante i 15’ persi in discesa sul Galibier per via di un infortunio a un ginocchio. Rientrato dopo un inseguimento di settanta km con l’aiuto dei compagni, batté la "Locomotiva Umana" in volata a Évian. 

Era, quello, il primo Giro di Francia per squadre nazionali, e Leducq approfittò di una rara équipe francese poco o per nulla divisa in clan.

Più netto il suo bis nel 1932, con la maglia gialla conquistata alla terza tappa e tenuta fino alla fine con anche cinque successi parziali.

Tre anni prima, al Tour del 1929, fu uno dei tre corridori a indossare il giallo nello stesso giorno. Successe dopo la tappa da Les Sables d’Olonne a Bordeaux, con Leducq che finì con lo stesso tempo del francese Victor Fontan e del lussemburghese Nicolas Frantz. 

Oggi la classifica si decide con le frazioni di secondo del cronoprologo e le posizioni nelle tappe ma quell’anno il cronoprologo non c’era, e i corridori con lo stesso tempo tali restavano. A risolvere l’impasse ci pensò la tappa dell’indomani, quando la maglia gialla andò al belga Gaston Rebry, terzo al traguardo nella fuga a tre arrivata a Bayonne con 3’21” di vantaggio. 

Perso un po’ il passo, nella seconda parte di carriera corse al servizio dei connazionali Georges Speicher e Antonin Magne, che abbracciò tagliando insieme il suo ultimo traguardo, al Parco dei Principi nel 1938.

L’anno dopo scoppiò la Seconda guerra mondiale. Detenuto dai soldati tedeschi, per lui le cose si stavano mettendo male ma un ufficiale lo riconobbe: «Ehi, io ti conosco». Pausa scenica. «Gut… z’est bon», pronunciato alla tedesca. E lo lasciò andare.

Leducq raccontò poi la storia a Raymond Poulidor, l’eterno piazzato: tre volte secondo e cinque terzo al Tour senza mai indossare la maglia gialla. «Vedi, Raymond, a qualcosa è servito vincere il Tour». Frase immortale che fa il paio con quella che il popolarissimo "Poupou" incassò sul letto di morte del suo arcirivale Jacques Anquetil: «Caro Raymond, mi sa che anche stavolta arriverai secondo».

Dopo la guerra lavorò per la fabbrica di bici Mercier e per poco come direttore sportivo. Un mestiere, quello di procacciare sponsor d’inverno e guidare la squadra durante la stagione, che non faceva per lui. 

Il ciclismo era cambiato. E con esso i corridori, che secondo il "bell’André" non avevano più la capacità di divertirsi, la spontaneità e il coraggio della sua generazione. 

«Piaceva alle donne, che onorava con la stessa frequenza dei contratti su pista» s’è scritto di "le beau Dédé", l’altro nick con cui è passato alla storia - per la sua allegria - assieme a le joyeux Dédé

«Per lui tutte le porte erano aperte, con lui non abbiamo mai dovuto aspettare per un tavolo al ristorante» ha raccontato al giornalista inglese Les Woodland un concessionario di biciclette, Ron Kitching, che lo aveva incontrato a una fiera di settore nel 1946 e con cui, testuale, aveva «cantato On Ilkley (Ilkla) Moor B’aht ’at - - On Ilkley Moor bar tat, l'inno dello Yorkshire - in un nightclub fino alle cinque del mattino».

Adorava l’inglese, ma lo parlava come l’ispettore Closeau di Peter Sellers nei film della Pantera Rosa. E lui stesso raccontava di quella una volta che la sua insegnante dovette cacciarlo dal corso perché così faceva ridere tutti.

André si è spento a Marsiglia nel 1980 e riposa al cimitero parigino di Bagneux. 

In sua memoria ci resta “Le Guerrier Blessé” (il guerriero ferito), la statua nuda di Arno Breker ispirata al Leducq seduto, sconsolato, con la testa reclinata nel braccio destro e il ginocchio sinistro sanguinante, sul ciglio della strada al Tour 1930. 

Nella gioia e nel dolore, per sempre bello, le beau Dédé.


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