Connie Hawkins prima di Doctor J


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di STEFANO OLIVARI, Guerin Sportivo

La pallacanestro di strada ha creato molti miti, spesso falsi e sempre ingigantiti grazie al fatto che i protagonisti sono di solito deceduti o lontani: quasi nessuno di questi ha lasciato una traccia nella pallacanestro vera. 

Fra i pochi ad esserci riusciti c’è Connie Hawkins, morto l’altro giorno a 75 anni. Da adolescente stella assoluta del Rucker Park, il campo di Harlem dove lo street basketball ha toccato i suoi livelli più alti con i vari Earl Manigault (‘The goat’), Pee Wee Kirkland e Joe Hammond, Hawkins riuscì a portare in parte questo stile di gioco anche fra i professionisti, dopo essere stato espulso dal mondo dei college per una vicenda di scommesse (in cui nella sostanza non c’entrava) a Iowa ed essere passato per anni nel circo degli Harlem Globetrotters. 

Non era la solita guardia mangiapalloni da Rucker, ma un’ala versatile (negli anni Settanta l’avremmo definito ‘ala alta’), atletica e con il gusto dell’assist a effetto. 

Fu la prima vera stella della romantica e folle ABA, trascinatore dei Pittsburgh Pipers verso il primo titolo della neonata lega, nel 1968, prima di una buonissima (4 volte convocato all’All-Star Game) carriera NBA fra Phoenix Suns, Lakers e Hawks. 

Una carriera condizionata da problemi alle ginocchia e dall’essere entrato nella NBA abbastanza tardi, a 27 anni, con uno stile di gioco paradossalmente più adatto a quello di oggi che a quello dei primi anni Settanta. 

Certo è che ‘The Hawk’ è stato l’anello di congiunzione fra due mondi all’epoca molto lontani. Idolatrava Elgin Baylor ed è stato, per certi movimenti eleganti e l’atletismo che nei rari momenti di salute poteva esprimere (schiacciava a 11 anni…), Doctor J qualche anno prima di Doctor J: non parliamo dell’intera carriera e nemmeno del ruolo, ma dello stile (ci sono le immagini). 

Fantastica la storia del suo mancato approdo alla Fortitudo Bologna nel 1977, che abbiamo letto nel libro di Lorenzo Sani ‘Vale tutto': Hawkins, fermo da un anno e un po’ appesantito, fece un precampionato clamoroso ma le sue condizioni fisiche fecero fare ai dirigenti della Alco una scelta apparentemente più sicura, puntando sul ventitreenne Jeff Cummings, un discreto centro che dopo il college a Tulane era stato tagliato dai Boston Celtics senza di fatto mai giocarci. 

Hawkins ci rimase male, ma la prese bene: decise infatti di rimanere a Bologna per quasi tutta la stagione, giocando per divertimento e soprattutto vivendo appieno la vita notturna della città, raccontando alla moglie (rimasta negli USA) che stava disputando il campionato italiano, con la certezza che i giornali americani non avrebbero pubblicato i tabellini delle partite della Fortitudo. 

Non è stato un buon amministratore dei discreti soldi guadagnati in carriera, ma nell’immaginario degli appassionati di pallacanestro ha lasciato una traccia.

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