Martin in cima al Mûr, l'Alpe d'Huez bretone


Lo chiamano "l'Alpe d'Huez bretone", ma più per l'orgoglio locale che per la durezza. E certo non per i 21 tornanti, visto che il Mûr-de-Bretagne proprio non ne ha: è un drittone di quasi 2 km al 6,9 percento di media e la prima metà al 9%.
 Ma che dopo 181 km, specie se preso a tutta e scalato due volte, sa far male. Eccome.

Qui un Vincenzo Nibali ben diverso, nel 2015, prese 20" da Alexis Villermoz, l'enfant du pays che vinse davanti a Daniel Martin, l'irlandese che quest'anno si è imposto con un'azione delle sue. Anticipando il francese Laporte e i favoriti di giornata Valverde e Alaphilippe. 

Un numero che in carriera gli ha già portato una Liegi e un Lombardia più altri 5 podi nelle classiche. Per il quasi 32enne nipote di Stephen (e cugino di Nicolas) Roche è il secondo successo al Tour dopo quello di Bagnères-de-Bigorre del 2013.

A fare più notizia però sono i 53" secondi per foratura (ai -5,8 km dall'arrivo) + i 20" di penalizzazione per scia prolungata persi da Dumoulin. Attardato prima ancora del finale, pagato con appena 3" da Nibali e 8" da Froome, ma ben 31" da Bardet, appiedato (e tamponato da Dumoulin) ai -3,8. Distacchi da Alpe d'Huez. Non la "montagna degli olandesi", ma quella "dei bretoni".
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO

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