CELTIC, DAI "LISBON LIONS" ALLE MULTINAZIONALI


di Christian Giordano ©
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Ai giorni nostri i grandi club sono autentiche multinazionali, con relativi bilanci e una rete di scouting davvero globale. A rendere quel Celtic speciale era invece la peculiarità, oggi inimmaginabile, che l’intera rosa proveniva dal vivaio, fatto con giovani del luogo e dalle profonde radici locali. L’undici campione d’Europa 1966-67 era nato e cresciuto entro 15-30 miglia da Glasgow. Prima di scendere in campo come professionisti all'Hampden Park, quasi tutti i giocatori, da ragazzi, avevano tifato per i Bhoys (con l'acca) da quelle gradinate.

All’arrivo di Jock Stein, nel 1965, il Celtic era un club dalle ampie risorse, ma non vinceva. Il campionato “apparteneva” ai fortissimi Rangers del difensore John Grieg e del mediano “Slim Jim” Baxter. Stein non solo regalò ai biancoverdi Coppa e titolo nazionali nel giro di un anno, ma seppe portare la squadra oltre i confini – è il caso di dirlo – parrocchiali fino a issarla sul tetto d’Europa. I local lads, i ragazzi del posto, erano diventati i “Lisbon Lions” capaci, nella finale di Lisbona, di sfilare la Coppa dei Campioni alla grande Inter di Helenio Herrera.

Come per altri squadroni britannici – caso vuole anch’essi guidati da scozzesi, il Liverpool di Bill Shankly o il Manchester United di Matt Busby e quello di Alex Ferguson – è stata soprattutto la continuità ad assicurare al Celtic un decennio di trionfi. Alla stessa maniera della dinastia dei quasi omonimi Boston Celtics del basket NBA negli anni 50-60, la cessione o il ritiro dei giocatori-cardine non spezzava il ritmo dei successi, a testimonianza della cura del club nel preparare il ricambio generazionale della rosa. Per il dopo-Jim Craig era già pronto Danny McGrain, al posto di Bertie Auld via libera a Kenny Dalglish. Il risultato era lo stesso: dominio pressoché totale.

Non a caso, persino nell'ultimo grande Celtic, perfetto specchio dei tempi, persino il tecnico Martin O’Neill, nord-irlandese di Kilrea, veniva da fuori. E se c’era uno che poteva rinverdire i fasti europei dell’èra-Stein, questi era proprio l’ex pupillo di Brian Clough ai tempi del Nottingham Forest: in quattro stagioni al Parkhead, già un treble (2001) campionato-Coppa di Scozia-Coppa di Lega, un double (2004), un altro campionato (2002) più una finale di Coppa UEFA persa nel 2003 a Siviglia contro il Porto di José Mourinho campione d’Europa l’anno dopo. 
CHRISTIAN GIORDANO

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