Cosa resta della grande Olanda


GIOCO COLLETTIVO RUOLI LIQUIDI: L’EREDITÀ MICHELS NON È ANDATA PERSA

La rivoluzione del Ct olandese ha cambiato il modo di interpretare il calcio e i tecnici ancora la studiano, adattandola ai tempi

«Sono molto triste. Riesco a ricordare solo tanti bei momenti trascorsi insieme. 
Ora è il momento di pensare a lui e di dedicargli una preghiera»
   - Frank Rijkaard

"Una leggenda blaugrana che resterà per sempre nella nostra memoria. 
Riposa in pace Johan"
   - sito Barcellona

"Per chi è della mia generazione era un riferimento calcistico. 
Le basette e la vita travagliata ne hanno fatto un mito"
   - Aldo Serena, ex attaccante

"Riposa in pace, grande amico mio Johan, 
sei stato una vera leggenda del Barcellona"
   - Hristo Stoichkov, ex Barcellona

"Neeskens era una delle anime di quella Olanda, 
difficile da affrontare, innovativa, anche se non ha vinto nulla. 
Era un giocatore intelligente, però Tardelli è stato più forte"
   - Dino Zoff - Ex portiere e ct

di Luigi Garlando
8 Oct 2024 - La Gazzetta dello Sport

Si stanno raccogliendo tutti in cielo, come un tempo attorno al pallone, per spolparlo in pressing. È andato avanti il capo, Johan Cruijff, nel 2016. Poi lo hanno seguito Suurbier (’20), Rensenbrink (’20), Jansen (’22), il portiere Jongbloed (’23) e domenica scorsa Neeskens, detto Johan II, gemello di rivoluzione del Profeta. Ora, dell’undici che cominciò la finale mondiale di Monaco ’74, sono più gli olandesi in cielo che in terra. 

Che poi non è vero perché sono rimasti tutti con noi, nel senso che lo spirito del calcio totale olandese, da quando ha impregnato i campi di calcio negli anni ’70, è diventato qualcosa di imprescindibile, come il pallone e le porte. Ha trascinato il gioco nel futuro e conserverà una modernità eterna. Di cosa parliamo noi oggi? Di calcio liquido, dei ruoli sostituiti dalle funzioni che si spostano in zone diverse del campo; di Calafiori che imposta da dietro, di Cambiaso che si accentra da terzino, di Messi che svuota lo spazio del centravanti. 

È stato Rinus Michels, patriarca del calcio totale, ispirato dal predecessore Jack Reynolds, ad abbattere gli steccati che isolavano i giocatori in piccoli giardini di competenza e a liberare la loro corsa per tutto il campo. Una marea arancione ha sommerso il prato. Per farvi un’idea, cercate in rete il campetto con i tocchi di palla di Cruijff nella finale del ’74. Sembra un volto colpito dal morbillo: pallini ovunque, non c’è un angolo di campo immune.

Maestri di ruolo 

Quell’Olanda impostava con Arie Haan, centrocampista riadattato al centro della difesa, come tanti avrebbero fatto in futuro, da Mascherano a De Rossi, a De Roon. Wim Suurbier e Ruud Krol, i terzini, salivano subito, insieme. La tradizione era tenere il destro in marcatura (Burgnich, Vogts…) e spingere con il sinistro (Facchetti, Breitner…). 

L’Atalanta che "assalta" con entrambi i quinti, e coppie come Alexander-Arnold e Robertson, terzini turbo che hanno griffato il Liverpool di Klopp, rimandano a quella rivoluzione, di cui Neeskens è stato simbolo ancor più di Cruijff, perché era il giocatore più totale di tutti. 

Cresciuto terzino, libero nella nazionale Under 19, si è trasformato in centrocampista senza confini. «Sono un mediano difensivo che fa gol». Era il perno centrale della mediana, spalleggiato da Jansen e van Hanegem. Tackle pesante da incontrista, ma anche fiuto da attaccante: al mondiale tedesco segnò 5 gol, più di Gerd Mueller (4), secondo solo a Lato (7) e, a parte Deyna, tirò in porta più di tutti. Totale per davvero. 

È stato il nobile fondatore della stirpe dei Tardelli, dei Thomas Muller e dei Frattesi, incursori da gol, ma con una precisazione: gli eredi partono da metà campo, Neeskens partiva dalla sua difesa che proteggeva come una diga olandese. Nessun mediano avrebbe più ricoperto un tale raggio d’azione. Analoga precisazione merita Cruijff che, rivisitando la lezione dell’ungherese Hidegkuti, liberava lo spazio da centravanti per Neeskens e "istruiva" i Messi e i Totti poi venuti. A palla persa, però il Profeta, che era il più veloce della banda, aveva il compito di rincorrere l’avversario che ripartiva. Come in genere Totti non faceva. E Leao neppure. Anche il nobile Cruijff dai tre Palloni d’oro aveva un palcoscenico di recita enorme e più funzioni da svolgere.

Idea eterna 

Il calcio totale non è stato un seme portato dal vento, caduto per caso in Olanda. Ad Amsterdam fermentava un’insofferenza giovanile che sarebbe sfociata nel ’68. La corsa infinita di Cruijff era un urlo di libertà in un campo senza più steccati e così quella dei suoi amici capelloni che non erano solo galoppatori selvaggi. Occhio. Ci voleva tanta tecnica per giocare a quella velocità. Il romeno Kovacs, erede di Michels all’Ajax, spiegava: «Miglioro il giocatore per migliorare la squadra». Gerrie Muhren, durante la semifinale di Coppa Campioni '73, si mise a palleggiare al centro del Bernabéu. Uno sfregio storico per dire: «Siamo belli come voi». 

In quegli anni, tra i canali, si discuteva di Architettura Totale, un progetto urbanistico in cui ogni edificio doveva essere in sintonia con il resto della città. L’Ajax e l’Olanda di Rinus Michels furono l’applicazione di quell’idea architettonica: undici uomini sempre connessi, in ogni fase di gioco e in ogni zona di campo. Michels, dopo aver vinto la Coppa dei Campioni con l’Ajax (1971) si trasferì a coltivare l’idea al Barcellona, dal 1973 con l’aiuto di Cruijff e dal 1974 Neeskens. 

Nacque nel tempo una versione più tecnica, palleggiata, del calcio totale che lo stesso Cruijff, da allenatore, aiutò a crescere e che, attraverso van Gaal e Rijkaard, è arrivata fino al tiki-taka di Guardiola. Pep si è evoluto nel tempo, ma non ha mai tradito l’anima olandese del suo calcio: idea collettiva di gioco e multifunzionalità dei giocatori. 

A tener viva l’idea fondante del pressing furioso è stato invece un italiano, Arrigo Sacchi, che lo ha reso scientifico e fonte di ispirazione per tanti: dal Gegenpressing di Klopp, all’Atalanta del Gasp che bracca tutti in ogni angolo di campo. Perché la sintesi ultima è questa: muoiono gli eroi, ma l’Idea è immortale. Oggi tutti giocano all’olandese.

***


«Neeskens era già un tuttocampista e ci sorprendeva»

di Fabio Licari - INVIATO A FIRENZE

L’ex azzurro: «Non ci andava mai bene contro gli olandesi, ci chiedevamo come facessero»
Sono stati i primi, noi restavamo sorpresi da questo movimento

«Ma quanti anni aveva? Del ’51? Pensavo fosse più vecchio. Ero io già avanti negli anni quando giocavo contro…». Dino Zoff è sorpreso. Johan Neeskens appartiene alla sua epoca. Il calcio anni 70, l’Olanda “totale”, i Mondiali di Germania e Argentina. Contro Neeskens e gli olandesi non gli è mai andata bene: ha perso la finale di Coppa Campioni ’73 con la Juve, è finito KO con l’Italia nel ’74 e soprattutto ad Argentina 78.

► Che giocatore era Neeskens?
«Non era Cruijff, ma uno dei grandi che giocavano con Cruijff. Quella squadra ha fatto la storia, è stata importantissima per lo sviluppo del calcio moderno, ma non ha vinto niente. Per sollevare un trofeo ha dovuto aspettare van Basten e Gullit».

► Com’era quell’Olanda?
«Difficile da affrontare. Continuavano a cambiare ruoli e posizioni. Sono stati i primi, noi restavamo sorpresi da questo movimento continuo. Chi chiedevamo come facessero».

► Una rivoluzione.
«Bravi Kovacs e Michels, ma avevano i giocatori adatti per le loro idee. Altri erano fossilizzati su un calcio diverso. Forse anche noi. Poi è arrivato Bearzot e s’è giocato un calcio moderno e aggressivo, anche se qualcuno la pensa diversamente…».

► Neeskens era una delle anime.
«Centrocampista rapido, frizzante, intelligente. Non un regista classico, ma sapeva fare tutto in tutte le zone del campo. Forte negli inserimenti, buon passo, aggressivo. Un Tonali più veloce».

► Non le ha mai fatto gol.
«Mai. Però con gli olandesi non andava mai bene».

► E come persona?
«Non abbiamo mai avuto occasione di parlare. Avevo scambiato qualche parola con Krol che poi è venuto in Italia. E c’era poco da parlare con gli olandesi, ti facevano gol… Era corretto, ma il calcio è sempre una battaglia. Fisicamente si faceva sentire».

► Com’erano in campo gli olandesi?
«Si parlava di loro dovunque, un po’ ti dava fastidio. Il loro calcio piaceva mediaticamente. Ma mi sono sempre chiesto perché non si sia mai parlato di scuola tedesca: quelli vincevano».

► Olanda-Italia 2-1 del ’78 è un ricordo spiacevole.
«Se avessi parato un po’ meglio forse saremmo andati in finale. Neeskens non ha giocato una gran partita, non c’era più Cruijff, il ciclo dell’Olanda era alla fine».

► Con la riapertura delle frontiere in Italia chissà se ci sarebbe stato spazio per lui…
«Non so se sia mai entrato nel mirino di Boniperti. Di sicuro l’Avvocato era innamorato del bel calcio e mi chiedeva sempre dei giocatori che conoscevo. Neeskens non era come Platini, Cruijff e Beckenbauer che “creavano” le vittorie da soli. Un paio di categorie sotto. E credo che Tardelli sia stato più forte di lui».

***

Ha ispirato tanti 
Dal Barcellona di Cruijff e Pep a Sacchi e Gasp

Johan Cruijff - Ajax e Barcellona
Le sue squadre più amate da giocatore sono state anche le uniche da allenatore.

Arrigo Sacchi - Milan e Italia
Già prima a Parma e Rimini, e poi a Milano e in azzurro ha “aspirato” calcio totale olandese

Pep Guardiola - Barcellona, Bayern e City
Cruijff nel 1990 lo lanciò in prima squadra, poi ha guidato il Barça dal 2008 al 2012. Oggi è al City.

Gian Piero Gasperini - Atalanta 
Ha portato i bergamaschi a livelli top in Europa con un calcio intenso, a tutto campo

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