HOOPS PORTRAITS - "Big O" Robertson, una carriera da Oscar
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di CHRISTIAN GIORDANO
Robertson è sempre stato un fenomeno. Nella sua epoca, secondo – e di un’incollatura – soltanto all’immenso, sfortunatissimo (sul parquet e nell’adolescenza) Jerry West.
Al college è stato il primo a vincere la classifica marcatori NCAA di Division I per tre stagioni in fila. Franck Selvy e Darrell Floyd, entrambi di Furman University, si erano fermati a due nel triennio 1953-1956.
Guardia di 1,94 per 100 kg, con un fisico tanto elastico quanto massiccio e compatto, Oscar aveva il pacchetto completo: a fondamentali perfetti (tiro, rimbalzi, passaggi) abbinava innate doti di velocità, potenza, visione periferica, mani morbidissime e una straordinaria capacità di coinvolgere i compagni. A livello universitario, forse il più versatile di sempre.
Nato il 24 novembre 1938 a Charlotte, Tennessee, e cresciuto a Indianapolis dove la sua famiglia si era trasferita, Oscar Palmer Robertson ha vissuto sulla propria pelle l’essere una superstar nera di un gioco ancora molto per bianchi sia al sud-est sia al nord-est nell’America degli anni cinquanta.
Già predestinato a una grande carriera universitaria sin da quando era uno junior alla Crispus Attaucks Hih School, da senior – nel 1956 – trascinò la squadra a due titoli statali e fu nominato Giocatore dell’anno dell’Indiana, stato in cui il basket è qualcosa di più che semplice tradizione.
Alla University of Cincinnati, dopo una stagione con la squadra delle matricole, riscrisse – alla lettera – gli annali del basket NCAA.
Da sophomore nel 1957-58, Robertson viaggiò a 35.1 punti e 15.2 rimbalzi per gara, tirando col 57% su azione. Cifra impressionante per una guardia, specie per una che era abituata a portar palla.
Nella finalina per il terzo posto nei Regional, contro Arkansas segnò 56 punti, terza miglior prestazione nella storia del Torneo NCAA.
Attorniato da compagni più forti, le sue cifre nelle due stagioni successive calarono un po’ (32.6 PPG e 16.3 RPG nel 1958-59), ma i suoi Bearcats arrivarono fino in fondo.
Cincinnati approdò alla Final Four, ma perse contro University of California, che poi avrebbe vinto il titolo, e chiuse al terzo posto. Stesso piazzamento l’anno dopo con Oscar che finì il suo anno da senior con 33.7 punti e 14.1 rimbalzi a partita. In tre stagioni, uno dei più grandi giocatori di college d’ogni epoca aveva segnato 33.8 punti di media, con 89 vittorie e appena 9 sconfitte.
Solo “Pistol” Pete Maravich e Austin Carr hanno chiuso la carriera universitaria con cifre realizzative superiori, ma rispetto a Oscar – 14 record infranti nella carriera collegiale – il loro contributo in termini di assist e rimbalzi era risibile.
Destino cinico e baro, i Bearcats vinsero il titolo nell’anno in cui Robertson passò professionista con i Cincinnati Royals. E non si fermarono lì, ne vinsero un altro in back-to-back.
Big O si consolerà con i premi di Rookie of the Year 1961, MVP della Lega (1964) e di tre All-Star Game (1961, 1964, 1969) oltre all’allora record di assist in carriera (9.887; oggi è sesto dietro John Stockton, Jason Kidd, Steve Nash, Mark Jackson e Ervin “Magic” Johnson). E soprattutto con lo storico titolo NBA del 1971. L’unico della franchigia di Milwaukee e di un fuoriclasse straordinario. Immenso in campo e fuori (in età avanzata donò un rene al fratello), purché non davanti a un microfono.
CHRISTIAN GIORDANO
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