BUCK WILLIAMS - The Rumble in the Middle


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica

In 17 stagioni NBA e 1.307 partite giocate, 12.6 punti e 10 rimbalzi di media sono cifre che hanno un significato ben preciso. Significa essere dediti, credere in se stessi e nel proprio ruolo, essere dei veri combattenti. Chi ha visto giocare Charles Linwood Williams in arte “Buck”, chi è rimasto ammirato e impressionato dalle sue battaglie dʼarea contro Karl Malone, Michael Cage, Charles Oakley, A.C. Green o Horace Grant, sa che, nonostante lʼimportanza delle cifre, i numeri della sua carriera non dicono tutto di lui e del suo atteggiamento sul parquet. 

Ala forte atipica di 203 centimetri, fisico longilineo, non troppo muscoloso ma con una potenza, e una presenza a rimbalzo, fuori del comune, Williams è stato per tutti gli anni Ottanta e metà degli anni Novanta il prototipo della power forward dura e rimbalzista; sguardo impenetrabile, prima senza e poi con gli occhialoni protettivi alla Kareem Abdul-Jabbar, e una etica lavorativa encomiabile. 

Nato lʼ8 marzo 1960 a Rocky Mount, North Carolina, alla Rocky Mount Senior High School Williams fa faville e scintille, dimostrando di essere una spanna superiore agli altri. Ottenuta una borsa di studio alla prestigiosa University of Maryland, avvezza ai grandi talenti cestistici, Buck in maglia rossa Terrapins non delude le aspettative e già da freshman (matricola) lascia il segno, conquistando lʼACC Rookie of the Year Award nel 1979 e dimostrandosi subito uno dei più accaniti e determinati rimbalzisti della NCAA. 

Conquistate svariati riconoscimenti a Maryland (All-ACC Team 1980 e 1981, miglior rimbalzista 1979 e 1981), si guadagna la convocazione della nazionale statunitense per le Olimpiadi di Mosca 1980, cui però non parteciperà a causa del boicottaggio degli Stati Uniti (e di molte altre nazioni). 

Dopo tre anni a Maryland, nel 1981 Buck si rende disponibile per il Draft NBA, nel quale viene scelto con la terza chiamata assoluta dai New Jersey Nets, dietro Mark Aguirre di DePaul (Dallas Mavericks) e Isaiah Thomas di Indiana (Detroit Pistons) e in una lottery ricchissima di futuri ottimi giocatori NBA come Orlando Woolridge, Tom Chambers, Rolando Blackman, Kelly Tripucka, Frank Johnson, Larry Nance, Alton Lister e altri. 

Buck arriva in una squadra disastrata (24 vinte e 58 perse nella stagione 1980-81), con Larry Brown come nuovo coach ma volenterosa di dimostrare che anche nella grande palude del Jersey cʼè del bel basket da seguire. 

La stagione dʼesordio di Buck è eccezionale, come, a sorpresa, lo è quella dei Nets. Nel 1981-82 Williams (15.5 punti e 12.3 rimbalzi a partita) si guadagna il premio di Rookie of the Year e i Nets (44 vinte e 38 perse) i playoff, un miracolo per una squadra talentuosa ma giovane che, oltre a Williams, aveva Mike Gminski, Darwin Cook, Ray Williams, Mike Woodson, Albert King e Otis Birdsong. 

Nelle successive quattro stagioni i Nets arrivano sempre ai playoff, ma senza mai andare oltre il secondo turno, raggiunto solo una volta, nel 1984, quando furono eliminati nella semifinale della Eastern Conference dai Milwaukee Bucks. Fino allʼavvento di Jason Kidd nelle Meadowlands sarà lʼultima serie vinta da New Jersey fino al 2002, lʼanno della Finale NBA persa 0-4 contro i Los Angeles Lakers del primo Three-peat gialloviola. 

Buck Williams è una icona dei Nets di quegli anni, lʼimmagine più sana e dura di una squadra che lavorava sodo, soprattutto sotto le plance. La sua intensità pare contagiare i compagni, anche se appare chiaro che Buck ha bisogno di qualche superstar da “proteggere” e che la sua massima realizzazione può e deve essere solo quella di security in una squadra da titolo. 

Dopo otto stagioni sulla riva ovest dellʼHudson River, il 24 giugno 1989 arriva la trade, rumoreggiata già da oltre due anni, da quando il front office dei Nets si era reso conto di dover ricostruire. Williams viene ceduto ai forti Portland Trail Blazers in cambio del perennemente infortunato Sam Bowie. Per Buck, al massimo della sua maturità fisico cestistica, è lʼoccasione per dimostrare quanto vale nel ruolo che gli è sempre stato pronosticato, quello di bodyguard di stelle NBA. Ai Blazers ci sono il grande Clyde Drexler e il playmaker Terry Porter, i rossoneri sono una squadra che punta al titolo NBA ma alla quale manca proprio unʼala forte di peso sotto canestro. E per rendere ancora più duro e arcigno il presidio delle due aree, quellʼanno Portland cede uno dei suoi pezzi pregiati, Kiki Vandeweghe, talentuosa ala dal tiro devastante ma ritenuta troppo “soft” sottocanestro. 

La stagione 1989-90 è quella della svolta per i Blazers, che al termine di una straordinaria postseason si giocano la Finale NBA contro i “Bad Boys” di Motown, i famigerati Pistons campioni in carica. Isiah Thomas e Joe Dumars nel backcourt, Dennis Rodman e Bill Laimbeer alle ali, Vinnie Johnson sesto uomo e il resto dei “ragazzacci” di Detroit però si dimostrano troppo forti e soprattutto troppo fisici per i Blazers. E nonostante le ottime prove sottocanestro di Williams, Detroit soverchia Portland con un gioco duro, capace di ingabbiare Drexler e Porter e di mettere facilmente fuori causa un centro poco fisico come Kevin Duckworth. 

I Pistons si confermano campioni NBA battendo 4-1 i Blazers, che comunque uscirono a testa alta. Buck, subito una colonna portante e uno dei più pagati della squadra, si guadagna fino allʼultimo centesimo lo stipendio versando sul campo sangue e sudore. 

Nella stagione successiva, 1990-91, con allʼincirca la stessa squadra Portland raggiunge le Western Conference Finals, ma viene sconfitta 4-2 dai Los Angeles Lakers di Earvin “Magic” Johnson, che pochi mesi dopo, il 7 novembre 1991, dichiarerà al mondo la propria sieropositività e del 23enne Vlade Divac, interessantissimo centro serbo dalle eleganti movenze e dallʼintelligenza cestistica superiore. 

I Lakers in finale si piegheranno poi ai Chicago Bulls di sua maestà Michael Jordan, che pone fine a unʼera di vertice gialloviola che ricomincerà con il terzo millennio. Nel mentre i Blazers di Williams sono ancora uno squadrone, gli manca poco, pochissimo per diventare campioni NBA. Ogni anno in tanti pensano che sia quello buono per gli appassionati tifosi in camicia a scacchi del Rose Garden, ma alla fine a fregiarsi dellʼanello di campione NBA è sempre qualcun altro. 

Anche nella stagione 1991-92, infatti, Portland disputa unʼaltra egregia regular season, 57 vinte e 25 perse. Vittoria facile nella Pacific Division, spazzati via i Lakers al primo turno, i Suns al secondo e i Jazz nelle Western Conference Finals, i Blazers raggiungono la seconda Finale NBA in tre anni, stavolta contro i Bulls, i campioni uscenti che non hanno alcuna intenzione di abdicare. 

Dopo le epiche sfide contro Karl Malone nella serie con i Jazz, per Buck Williams ecco un altro avversario particolarmente nasty, ovvero Horace Grant, lavoratore sporco dʼarea e occhialuto pure lui. Grant è più alto, più grosso e più giovane di Williams, ma Buck non cede di un millimetro. La lotta sotto canestro tra i due occhialuti è uno spettacolo nello spettacolo, quasi quanto quella tra Jordan e Drexler. 

Alla fine la spunteranno per 4-2 i Bulls, che bissano il titolo poi triplicato lʼanno dopo e così mettono fine alle velleità di quella generazione di Blazers. Williams, allora 31enne, continuerà per altri 4 anni ad alto livello con Portland, prima di andare a concludere la carriera a New York con i Knicks, al fianco di altri due “duri” come Patrick Ewing e Charles Oakley. Le cifre di Buck non rendono completamente onore alla dedizione e allʼintensità che il prodotto di Maryland ha espresso in campo, e di certo chi lo ha visto giocare ne ha ben presente la durezza del gioco. 


Charles Linwood “Buck” Williams 

Ruolo: ala forte/centro 
Nato: 8 marzo 1960, Rocky Mount, North Carolina (USA) 
High school: Rocky Mount 
Statura e peso: 2,02 m x 98 kg 
College: Maryland (1978-1981) 
Draft NBA: 1º giro, 3ª scelta assoluta (New Jersey Nets, 1981) 
Pro: 1981-1999 
NBA: New Jersey Nets (1981-1989), Portland Trail Blazers (1989-1996), New York Knicks (1996-1999) 
Riconoscimenti: NBA Rookie of the Year (1982), NBA All-Rookie First Team (1982), All-NBA Second Team (1983), 3 NBA All-Star (1982–1983, 1986), 2 NBA All-Defensive First Team (1990, 1991), 2 NBA All-Defensive Second Team (1988, 1992), numero 52 ritirato dai New Jersey Nets 
Cifre NBA: 
punti: 16.784 (12,8 PPG) 
rimbalzi: 13.017 (10 RPG) 
stoppate: 1.100 (0,8 BPG) 
Numero: 52 

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