DOMINIQUE WILKINS - The Human Highlight Film
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
Provate a chiedere a un tifoso della Fortitudo Bologna, o a uno del Panathinaikos, che cosa pensa di Dominique Wilkins, “The Human Highlight Film”, come venne soprannominato ai tempi degli Atlanta Hawks. Non ve ne dirà un gran bene, anche se ʼNique ha vinto quasi da solo l’Eurolega nel 1996 ed è stato protagonista, nel 1998 a Bologna, di una delle più forti Fortitudo di sempre, ovviamente dopo essere stato, piuttosto a lungo, uno dei giocatori più dominanti nella NBA.
La sua permanenza europea, giocoforza arrivata verso la fine della carriera, non sarà ricordata come la più fedele, intensa, atletica e dedita della storia del basket, ma la sua carriera, nel suo insieme, di certo sì.
Fin dai tempi della Washington High School (liceo non della capitale degli Stati Uniti, ma dellʼomonima Washington in North Carolina… Dominique – anche se nato a Parigi per via del padre, graduato della Air Force – è un uomo del Sud), Wilkins impressiona con straordinarie performance offensive e una fisicità tale da far sgranare gli occhi agli scout universitari in giro per i vari classics di fine stagione, come il Capital, il Dapper Dan o il Kentucky Derby Festival.
Alla fine, già con molta pressione addosso perché considerato dai media una sorta di predestinato, Dominique opta per un college vicino casa, la University of Georgia. Resta in canotta Bulldogs per tre anni, tre stagioni da dominatore nella South East Conference, con una media totale di 21.6 punti per gara e il titolo di Player of the Year 1981 prima di rendersi eleggibile per il Draft NBA del 1982.
Con la terza chiamata assoluta, dietro James Worthy (da North Carolina ai Los Angeles Lakers) e Terry Cummings (da DePaul ai San Diego Clippers), Wilkins viene scelto dagli Utah Jazz, che però hanno grossi problemi finanziari e societari e cercano un modo per sbarazzarsi di Wilkins, a sua volta certo non entusiasta della destinazione Salt Lake City.
Dopo non poche traversie, il 3 settembre 1982 il front office dei Jazz e quello degli Hawks mettono a punto la trade che nello Utah, in cambio del prospetto “di casa” agli Hawks, porta John Drew, Freeman Williams e meno del milione di dollari promesso a Frank Layden, GM dei Jazz.
Dominique arriva in una squadra che ha un disperato bisogno di punti. Il miglior realizzatore è anche il miglior difensore della squadra, ovvero Dan Roundfield, in mezzo all’area cʼè un grande stoppatore come Wayne “Tree” Rollins, ma il roster è debole nel reparto guardie e quindi nella costruzione del gioco. È la stagione 1982-83, lʼanno da rookie di Dominique, gli Hawks di coach Kevin Loughery chiudono con un record di 43 vinte e 39 perse in regular season e tornano ai playoff (nella stagione precedente furono eliminati al primo turno dai Philadelphia 76ers), ma escono dopo tre combattute gare (2-1, si giocava ancora al meglio delle tre partite) contro i Boston Celtics. Nella terza e ultima partita, al Boston Garden, “storica” la rissa tra Danny Ainge e Tree Rollins, con Ainge che placca e atterra in stile football americano Rollins, che cadendo, sotterrato da svariati corpi belligeranti, non trova di meglio che mordere una mano di Ainge, causandogli una ferita da due punti di sutura.
Nonostante quella bruciante eliminazione, che peraltro si ripeterà più volte nella storia passata e recente degli Hawks, Atlanta ha subito la consapevolezza di aver trovato l’uomo che stava cercando: unʼala piccola di grande personalità, surreale atletismo e capace di realizzare vagonate di punti e di portare pubblico all’Omni Coliseum di Atlanta, storicamente una delle arene più vuote della NBA.
Da matricola Dominique totalizza 17.5 punti e 5.8 rimbalzi di media a partita, impressionando per atletismo e spettacolarità e lasciando intravedere piccoli spezzoni di ciò che sarà la sua carriera.
Nella sua seconda stagione NBA, con 21.6 punti per gara, è il miglior realizzatore degli Hawks ma Atlanta, guidata dal quasi esordiente Mike Fratello (il buon paisà, a soli 33 anni, nel 1981 aveva allenato gli Hawks per tre gare, tutte perse, subentrando a coach Hubie Brown), ancora una volta non va oltre il primo turno di playoff, stavolta sconfitta 3-2 dai Milwaukee Bucks.
Stagione fallimentare per gli Hawks quella del 1984-85, 34 vittorie e 48 sconfitte, ma con la definitiva consapevolezza di avere trovato il giocatore-franchigia su cui costruire la squadra, un leader da 27.4 punti e 6.9 rimbalzi di media, capace di infiammare le arene di tutta la NBA con la sua leggendaria two handed windmill dunk, che gli vale la vittoria alla gara di schiacciate all’All-Star Game di Indianapolis.
Intanto gli Hawks hanno assemblato una signora squadra, con scelte oculate ai Draft come Glenn “Doc” Rivers, Randy Wittman, Kevin Willis e Antoine Carr. Nella stagione successiva infatti vi fu l’esplosione degli Hawks di coach Fratello, 50 vittorie e 32 sconfitte in stagione regolare, e grandi aspettative per i playoff. Ma proprio in postseason arrivarono le prime picconate al progetto. Dal 1986 al 1989 Atlanta raggiunse le 50 vittorie in stagione regolare, per poi sciogliersi come neve al sole ai playoff, senza mai raggiungere nemmeno la Finale della Eastern Conference.
Eliminati 4-1 al secondo turno dai Celtics nel 1986 e dai Detroit Pistons nel 1987, 4-3 ancora al secondo turno dai Celtics nel 1988 (forse la serie-chiave che fece capire agli Hawks che il tempo per vincere se ne stava andando), e infine 3-2 al primo turno dai Milwaukee Bucks nel 1989.
All’alba dei suoi 30 anni, Dominique Wilkins si trovava a fare i conti con una etichetta poco simpatica, quella di essere uno splendido perdente. Grandi le rivalità con Boston e con Detroit, grande agonismo e grandi sfide, sistematicamente perse dalla squadra di cui lui era il leader. Le sue cifre restavano fantastiche, nessun calo apparente durante i playoff, ma la sua squadra soccombeva sempre.
Da circa metà anni Ottanta ai primi anni Novanta, era apparso sulla scena un altro fantastico giocatore, anchʼegli considerato fino a quel momento uno splendido perdente, un giocatore della generazione immediatamente successiva a quella di Wilkins ma con le sue stesse caratteristiche, un certo Michael Jordan.
Il 28 gennaio del 1992 Dominique si rompe il tendine d’Achille destro contro i Philadelphia 76ers, e la sua stagione è ovviamente chiusa. Dopo una riabilitazione a tempo di record, Wilkins si presenta al via della stagione 1992-93, a 33 anni e con ancora una gran voglia di stupire e di dimostrare di non essere un giocatore finito.
È proprio in quella stagione che Wilkins dimostra il suo spessore, totalizzando 29.9 punti di media in regular season (con 11 partite saltate per la frattura, a dicembre, dell’anulare della mano destra) e ottenendo lo scontato premio di Comeback of the Year, mettendo a tacere chi lo voleva finito dopo il grave infortunio.
Nonostante tutto questo, però, il suo destino è ormai scritto. Non è mai riuscito a trascinare i suoi Hawks oltre il secondo turno di playoff, e quella rimarrà per sempre la sua croce. In inglese “capro espiatorio” si dice scapegoat, e a lui è affibbiata la colpa per gli Hawks belli e incompiuti di coach Fratello.
Nella stagione 1993 si compie idealmente il destino di Dominique al massimo livello NBA, quando Atlanta viene annientata 3-0 al primo turno di playoff dai Chicago Bulls di Michael Jordan, che in quella serie cominciarono la rincorsa al primo Three-peat, coronato un mese abbondante più tardi a Phoenix.
Nella stagione successiva, dopo più di 11 anni in Georgia, Wilkins viene ceduto ai Los Angeles Clippers in cambio di Danny Manning. Da quel momento Dominique cambierà una squadra a stagione, sempre distinguendosi per lʼimmenso talento e lʼinnata attitudine realizzativa: Boston Celtics nel 1995, Panathinaikos nel 1996, San Antonio Spurs nel 1997, Fortitudo Bologna nel 1998 e infine Orlando Magic nel 1999, prima del ritiro, a 39 anni.
Un grandissimo campione, un giocatore eccitante e vibrante, che in una squadra da titolo e con un ruolo alla Scottie Pippen o alla James Worthy sarebbe entrato tra i 50 migliori giocatori nella storia della lega. Dominique lascia la NBA con 26.668 punti segnati in 1.074 partite, e un mare di highlights impressi nella storia del gioco. Massimo rispetto per “The Human Highlight Film”.
Jacques Dominique Wilkins
Ruolo: ala piccola
Nato: 12 gennaio 1960, Parigi (Francia)
Statura e peso: 2,02 m x 105 kg
College: Georgia (1979-1982)
Draft NBA: 1º giro, 3ª scelta assoluta 1982 (Utah Jazz)
Pro: 1982-1999
Carriera: Atlanta Hawks (1982-1994), Los Angeles Clippers (1994), Boston Celtics (1994-95), Panathinaikos (Grecia, 1995-96), San Antonio Spurs (1996-97), Fortitudo-TeamSystem Bologna (Italia, 1997-98), Orlando Magic (1999)
Palmarès: Eurolega 1996, campionato greco 1996, oro Mondiali Canada 1994
Riconoscimenti: 9 NBA All-Star (1986-1994), classifica marcatori NBA (1986), All-NBA First Team (1986), 4 All-NBA Second Team (1987, 1988, 1991, 1993), 2 All-NBA Third Team (1989, 1994), NBA All-Rookie Team (1983), 2 NBA Slam Dunk Contest (1985, 1990), MVP Final Four Eurolega 1996, MVP Coppa di Grecia 1996, Naismith Memorial Basketball Hall of Fame (dal 2006)
Cifre NBA:
punti: 26.668 (24.8 PPG)
rimbalzi: 7.167 (7.6 RPG)
assist: 2.677 (2.5 APG)
Numeri: 21, 12
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