JAMAAL WILKES - Lezioni di piede perno
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
Le più belle barbe della NBA negli anni Settanta erano quella di Kareem Abdul-Jabbar dei Milwaukee Bucks e quella di Jamaal Wilkes dei Golden State Warriors. Barbe “significative” e straordinariamente ben curate che davano a entrambi un qualcosa di sacro, di fatidico, forse anche perché entrambe appartenenti a musulmani estremamente convinti.
Un bravo ragazzo, un bravo studente, un esempio in campo e fuori, così Jamaal Wilkes è sempre stato fin dai tempi della high school.
Figlio prediletto della California, nato a Berkeley il 2 maggio 1953 come Jackson Keith Wilkes, a ogni livello cestistico ha sempre vinto, e tanto, e da protagonista. Cresciuto a Santa Barbara, cittadina 160 chilometri a nord di Los Angeles, il giovane Jamaal incanta alla Santa Barbara High School, con la sua stranissima e tecnicamente sbagliatissima meccanica di tiro: palla portata fin quasi dietro la nuca, descrivendo una specie di cerchio sopra la testa, partendo da destra nel caricamento e girando verso sinistra nel rilascio, senza nemmeno considerare le più elementari norme di esecuzione che vengono insegnate ai neofiti cestisti.
Ma nulla importava, perché Jamaal era un micidiale e al contempo elegantissimo tiratore. Nonostante la meccanica, ritenuta inguardabile dai puristi, il gioco di Jamaal era caratterizzato da una intelligenza cestistica fuori del comune, e poi era elegante, soffice, maestoso e tremendamente efficace.
Una small forward di un metro e 98 centimetri, grandissimo realizzatore fin dai tempi della Santa Barbara High School, con prestazioni offensive che gli assicurano una borsa di studio nella migliore università per il basket che il mondo conosca in quel periodo, ossia UCLA.
In maglia Bruins, Wilkes (ancora conosciuto con il nome di Keith) non delude le aspettative. Con la squadra di coach John Wooden vince il titolo NCAA nel 1972 e nel 1973 da protagonista, assieme ad altri campioni come Henry Bibby e Bill Walton, nella incredibile striscia di 88 vittorie consecutive. Vinto tutto a livello di college, e dopo aver fatto scorta di nomine come All-American nei suoi anni a UCLA, al Draft NBA del 1974 Jamaal viene scelto con la 11ª chiamata assoluta dai Golden State Warriors, in una prima tornata che vede i Portland Trail Blazers chiamare con la pick numero uno Bill Walton, suo ex compagno di squadra in oro-blu, oltre a una vecchia conoscenza del nostro campionato, Clifton (Cliff) Pondexter alla 16.
I Warriors di metà anni Settanta “appartenevano” a Rick Barry, leader della squadra con il quale Wilkes andò subito d’accordo. La straordinaria intelligenza cestistica di Wilkes lo portava a fare la cosa giusta al momento giusto, a perdere pochissimi palloni e a trovarsi sempre in sintonia con Barry, carismatico realizzatore e talvolta incontentabile primadonna.
Nellʼanno da rookie Jamaal trova ampio spazio nei Warriors, dando una grossa mano a Barry a portare nella Bay Area lʼunico titolo NBA nella storia della franchigia. Battuti nei playoff i Seattle SuperSonics e i Chicago Bulls, in finale i Warriors, prima della serie dati per spacciati, cappottarono clamorosamente i favoriti Washington Bullets, vincendo la prima e la quarta partita a Washington.
Nella stagione 1974-75 Wilkes collezionò 14.2 punti e 8.2 rimbalzi a partita, con un sensibile incremento nei playoff (15 punti di media in 17 gare) e l’ovvio riconoscimento di Rookie of the Year per “Silk”, seta, per la morbidezza del tiro e lʼeleganza dei movimenti. Infine, dopo la conversione alla religione islamica, il cambio ufficiale di nome da Keith Wilkes a Jamaal Abdul-Lateef, pur continuando a mantenere il cognome di nascita.
Nella sua seconda stagione, 1975-76, Jamaal arriva già allʼAll-Star Game, totalizzando una media punti di 17.8 punti e 8.8 rimbalzi a partita, ed entra nellʼAll-Defensive Second Team. I Warriors però non riuscirono più a ripetersi ai livelli dellʼanno prima, e così la squadra, come spesso succede, cominciò a sfaldarsi. Nella stagione 1977-78 Jamaal Wilkes fu ceduto ai Los Angeles Lakers, dove andò ad affiancare un altro ex UCLA (nonché fratello di fede musulmana), Kareem Abdul-Jabbar.
La prima stagione di Wilkes nella Città degli Angeli fu abbastanza tribolata. Una frattura a un dito lo fece stare lontano dal parquet per 31 partite, e poi ne condizionò rendimento e cifre, facendolo scendere a 12.9 punti e 7.5 rimbalzi a partita.
Nella stagione successiva un Jamaal Wilkes in salute dimostrò a tutti coloro che avevano storto il naso per il suo rendimento sottotono della stagione precedente che si sbagliavano a diffidare di lui, che chiuse le 82 partite di regular season alla media di 18.6 punti a partita.
Un anno dopo i Los Angeles Lakers vinsero il titolo NBA, con la famosa serie finale contro i Philadelphia 76ers di “Doctor J”. Le Finali NBA del 1980 vengono ricordate per la strepitosa Gara6 di Magic Johnson che a Philadelphia, in assenza dellʼinfortunato Kareem Abdul-Jabbar, offrì da centro una strepitosa performance da 42 punti, 15 rimbalzi e 7 assist. La super prestazione di Johnson oscurò però un’altra magistrale prova, quella di Wilkes, che segnò 37 punti, il suo massimo in carriera nei playoff, e fu fondamentale per portare i Lakers al titolo.
Quell’anno Wilkes raggiunse i 20 punti di media a partita, facendo ancora meglio la stagione successiva, 1980-81 (22.6 punti per gara), anche a causa dell’infortunio di Magic Johnson, che rimase fuori per più di metà campionato.
Ma ormai il meccanismo del primo Show Time (ancora senza James Worthy e Byron Scott) era partito, e nessuno poteva più fermarlo. Il contropiede condotto da Magic, con Norm Nixon e Wilkes a prendere le fasce esterne della treccia era qualcosa di straordinario.
I Lakers nella stagione 1981-82 rivinsero il titolo NBA, di nuovo a spese dei Philadelphia 76ers, in una stagione nella quale Wilkes, allʼapice della maturità, si mantenne ancora una volta oltre i venti punti a partita (21.1).
Anche le due successive stagioni dei gialloviola (battuti in finale da Sixers e Celtics) furono positive, ma il rendimento di Wilkes, pur rimanendo a ottimi livelli (19.6 punti nel 1982-83 e 17.3 nel 1983-84) cominciava sensibilmente a calare.
Nella stagione 1984-85 Los Angeles arrivò ancora una volta al titolo (per Wilkes il quarto), ma Jamaal giocò solo 42 partite (a 8.3 punti di media), fino allʼinfortunio al ginocchio sinistro di febbraio, che gli fece saltare il resto della regular season e i playoff.
Partendo dalla panchina per dare spazio al più giovane, fresco ed esplosivo James Worthy, Wilkes ormai aveva sempre minore impatto nel gioco dei Lakers. La stagione successiva fu l’ultima per Jamaal, al mesto addio con 13 partite in maglia Clippers e 5.8 punti in 15 minuti di media per gara. Prestazioni e squadra che lo portarono al ritiro il giorno di Natale del 1985. Un grande giocatore e una grande persona, mai sopra le righe e con un immenso talento cestistico.
Jamaal Abdul-Lateef (Jackson Keith Wilkes)
Ruolo: ala piccola/guardia tiratrice
Nato: 2 maggio 1953, Berkeley, California (USA)
High school: Santa Barbara
Statura e peso: 1,97 m x 85 kg
College: UCLA
Draft NBA: 1º giro, 11ª scelta (Golden State Warriors, 1974)
Pro: 1974-1985
NBA: Golden State Warriors (1974-1977), Los Angeles Lakers (1977-1985), Los Angeles Clippers (1985)
Palmarès: 4 titoli NBA (1975, 1980, 1982, 1985), 2 titoli NCAA (1972, 1973)
Riconoscimenti: 3 NBA All-Star (1976, 1981, 1983), NBA Rookie of the Year (1975), 2 NBA All-Defensive Second Team (1976, 1977), NBA All-Rookie First Team (1975), 2 Consensus NCAA All-American First Team (1973, 1974)
Cifre NBA:
punti: 14.644 (17,7 PPG)
rimbalzi: 5.117 (6,2 RPG)
assist: 2.050 (2,5 APG)
Numeri: 41, 52
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