PAUL SILAS - The Punisher


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica

ʼCause I wanna be free
Whatʼs a smilinʼ fact
When the whole stateʼs racist 

Così cantavano a metà anni Novanta i Public Enemy, rap crew newyorkese capostipite della denunce razziali negli Stati Uniti e nel mondo, tra lʼaltro visti in Italia in una fantasmagorica esibizione live. Il «racist state» del brano By The Time I Get To Arizona era appunto lʼArizona, stato dove storicamente confluiscono bianchi medio-borghesi di una certa età e dove la leggenda vuole che gli unici afro-americani siano quelli fuoriusciti dalle prigioni statali della vicina California. 

Negli ultimi dieci anni, lʼespansione urbana di Scottsdale-Phoenix e il boom edilizio nel resto dellʼArizona hanno un poʼ affievolito queste leggende, ma di certo, nellʼimmediato dopoguerra, non doveva essere facile essere afro-americani in Arizona, e più precisamente a Prescott, dove ancora oggi la percentuale di afro-americani residenti nella cittadina è dello 0.5%. 

Da lì parte la storia di Paul Silas, ragazzone afro-americano nato il 12 luglio 1943 a Prescott, ma presto trasferitosi nel nord della California, a Oakland, dove alla McClymonds High School (conosciuta da tutti come “The Mack House”, nel ghetto di West Oakland) comincia a esprimere il suo duro e intenso talento cestistico. 

Oakland è una fucina di talenti del basket, e la McClymonds è la scuola più prolifica di giocatori di alto livello. Per la palestra di Myrtle Street sono passati fenomeni quali Bill Russell, Antonio Davis, Joe Ellis, e soprattutto Demetrius “Hook” Mitchell, streetballer che, narra la leggenda, viene considerato (parole in coro di Gary Payton e Jason Kidd, oaklandiani doc) il più forte giocatore mai uscito dai sobborghi di Oakland, nonché il più avvezzo a vizi e stravizi (anche se dalla sua ultima uscita di prigione, nel 2004, pare essersi disintossicato definitivamente). 

In una scuola quindi storicamente abituata a giocatori di alto livello, Silas si conferma un giocatore degno delle attenzioni di quasi tutte le università della Division I, visto che la McClymonds è da decenni una “osservata speciale” dagli scout universitari, sempre a caccia di talenti cui assegnare borse di studio cestistiche. 

Silas opta per la Creighton University, a Omaha, Nebraska, lontano dalla California e soprattutto da Oakland. Ala di poco più di due metri, capace di giocare contro ali piccole molto più veloci di lui e ali grandi di stazza maggiore della sua, Paul fa valere la propria fisicità difensiva, spesso al limite della scorrettezza, e soprattutto la naturale propensione ad andare a rimbalzo, suo autentico marchio di fabbrica. 

Giocatore intenso, dalla maniacale etica lavorativa (ritenuta, secondo stereotipo, molto difficile da trovare in un giocatore afro-americano degli anni Sessanta), era il sogno degli allenatori. Le sue lacune offensive, in particolare come realizzatore, lo fecero scegliere al Draft NBA del 1964 al secondo giro (ma comunque con la 10ª chiamata assoluta) dai Saint Louis Hawks. 

In Missouri trova lʼaltra scelta di quellʼanno degli Hawks, Jeff Mullins da Duke, chiamato con la pick numero 5, e nomi altisonanti come Bob Pettit, Zelmo Beaty e Lenny Wilkens, in una buona squadra che termina la regular season 1964-65 con 45 vinte e 35 perse, senza però ottenere risultati significativi in postseason. 

Le prime tre stagioni di Silas a Saint Louis sono abbastanza deficitarie sul piano offensivo (5.2 punti a partita di media) ma incoraggianti a livello difensivo, con lʼex studente della McClymonds bravo a crearsi una meritata fama di mastino dʼarea. 

Nella stagione 1967-68 Silas esplode anche in attacco. La sua media realizzativa sale a 13.4 punti a partita, e Paul va in doppia cifra di media (11.7) anche a rimbalzo. Con un record di 56-26 gli Hawks si presentano ai playoff con il miglior bilancio della Western Conference, ma vengono subito eliminati dai San Francisco Warriors, in quella che sarà la ultima stagione degli Hawks a Saint Louis. 

Nella stagione successiva infatti la franchigia si trasferisce ad Atlanta, in Georgia, e quel campionato sarà lʼunico che Silas giocherà in Georgia (peraltro molto al di sotto rispetto al suo rendimento a Saint Louis), visto che nel 1969-70 viene ceduto ai Phoenix Suns, franchigia appena nata ma già con tantissimo talento, su tutti il grande Connie Hawkins, uno dei più riusciti esemplari modellati per la NBA dallo streetball newyorkese. 

Silas nella sua nativa Arizona diventa un giocatore completo, grande difensore, buon realizzatore e ottimo rimbalzista (17.5 punti e 11.9 rimbalzi a partita nel 1971-72) e per la prima volta discreto passatore (4.3 assist di media), suo punto debole fin dallʼinizio della sua carriera NBA. 

Mai raddoppiato e sempre “battezzato” dalle difese avversarie, e facilitato dallʼincremento della sua produzione offensiva, con gli anni ha sviluppato una visione di gioco più ampia. Senza una grande esperienza di playoff e figuriamoci di finali, Silas, finalmente, approda nella stagione 1972-73 ai Boston Celtics dellʼera post-Bill Russell, ancora uno squadrone ma con una considerevole mancanza di peso in area. 

In Massachusetts giocoforza il rendimento offensivo di Silas subisce un calo, visti i grandissimi talenti offensivi in maglia biancoverde (John Havlicek, Dave Cowens e Jo Jo White i migliori), anche se le sue medie si stabilizzano su cifre ragguardevoli (13.3 punti e 13 rimbalzi per gara). 

Nel 1973 i Celtics vengono sconfitti 4-1 dai New York Knicks nelle Eastern Conference Finals, ma nel 1974 Boston ritorna alla vittoria, conquistando il suo dodicesimo titolo NBA, il primo del dopo-Russell, sconfiggendo in finale i Milwaukee Bucks di Kareem Abdul-Jabbar, un tiratissimo 4-3 di cui Silas è protagonista difensivo, immolandosi stoicamente sul più incontenibile Kareem Abdul-Jabbar visto nella sua ventennale carriera NBA. 

Trave portante dei Celtics di coach Tom Heinsohn, Silas era una sequoia difensiva alta poco più di due metri che suppliva in parte alla mancanza di un centro di peso in mezzo allʼarea. 

Nella stagione successiva, 1974-75, i Celtics furono eliminati nelle Eastern Finals dai Washington Bullets futuri campioni NBA. Nel 1975-76 Boston vinse ancora una volta il titolo, battendo 4-2 in una emozionante Finale i Phoenix Suns, con Silas a fare un gran lavoro sulle piste del trio-lunghi dei Suns, Alvan Adams, Garfield Heard e Curtis Perry, tutti e tre grandi rimbalzisti e grandi realizzatori. 

Quella fu lʼultima stagione di Silas ai Celtics (chiusasi con cifre di tutto rispetto, 10.7 punti e 12.7 rimbalzi a partita). Ceduto ai Denver Nuggets nel 1976-77, concluse poi la carriera con tre stagioni ai Seattle SuperSonics, dove nel 1978-79 vinse il titolo NBA nello squadrone con Gus Williams, Jack Sikma, Dennis Johnson e Fred Brown. In quella stagione Silas totalizzò 5.6 punti e 7 rimbalzi di media, per di più facendo il lavoro sporco quando i due lunghi titolari, Sikma e Shelton, erano in panchina. Lunga e intensa la carriera da proʼ di Silas, terminata con 11.782 punti e 12.357 rimbalzi, cifre pesanti, come la sua presenza nelle aree NBA. 


Paul Theron Silas 

Ruolo: ala forte/ala piccola 
Nato: 12 luglio 1943, Prescott, Arizona (USA) 
High school: McClymonds 
Statura e peso: 1,99 x 102 kg 
College: Creighton (1960-1964) 
NBA Draft: 2º giro, 10ª pick assoluta 1964 (St. Louis Hawks) 
Pro: 1964-1980 
NBA: St. Louis/Atlanta Hawks (1964-1969), Phoenix Suns (1969-1972), Boston Celtics (1972-1976), Denver Nuggets (1976-77), Seattle SuperSonics (1977-1980) 
Palmarès: 3 titoli NBA (1974, 1976, 1979) 
Riconoscimenti: 2 NBA All-Star (1972, 1975), 2 NBA All-Defensive First Team (1975, 1976), 3 NBA All-Defensive Second Team (1971, 1972, 1973) 
Cifre NBA: 
punti: 11.782 (9,4 PPG) 
rimbalzi: 12.357 (9,9 RPG) 
assist: 2.572 (2,1 APG) 
Numeri: 29, 12, 35, 36 
Da coach: San Diego Clippers (1980-1983), Charlotte/New Orleans Hornets (1998-2003), Cleveland Cavaliers (2003-2005), Charlotte Bobcats (2010-2012) 

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