Bruno Pizzul, addio a un calciatore mancato che con grande classe ha dato voce alle nostre eterne Notti magiche anni 90



Bruno Pizzul, “è stato tutto molto bello”: addio al telecronista più imitato e inimitabile di sempre

Se n'è andato a 86 anni Bruno Pizzul, il celebre telecronista sportivo della Rai che per molti anni raccontò le partite della Nazionale italiana di calcio

di Giacomo Aricò - Vogue Italia
5 marzo 2025

“Ed è gol”. “Tutto molto bello”. “Baggio, Baggio, Baggio, parte il suo tiro: è segna!”. Per tutti coloro (come me) che amano il calcio basta leggere queste parole per sentire istantaneamente la voce del telecronista allo stesso tempo più imitato e inimitabile di sempre: Bruno Pizzul. Impossibile, anche per chi non ama il pallone, non ricordare quel suo timbro, davvero unico, con cui per decenni - soprattutto tra gli anni 80 e i primi anni 2000 - ha saputo raccontare il calcio con pacatezza, eleganza, gentilezza.

Ed è per questo che la notizia della sua morte, giunta a 86 anni (ne avrebbe compiuti 87 il prossimo 8 marzo) nella prima mattinata di questo triste mercoledì 5 marzo, ha addolorato un po' tutti. Se n'è infatti andato non solo un grande professionista sportivo, ma un uomo dalla grande nobiltà d'animo, dal cuore gigante, come lui (che era alto quasi due metri, una statura imponente e dal sorriso dolce). Un uomo schivo che non amava palcoscenici e celebrazioni ma che lungo la sua carriera ha fatto innamorare intere generazioni di italiani e milioni di tifosi che gli hanno voluto bene e che oggi lo ricordano con affetto. Partito da Cormons, cittadina al confine con la Slovenia, Bruno Pizzul è arrivato dove ogni buon giornalista sportivo sarebbe voluto arrivare: la Nazionale. Di più: i nostri cuori.


Maurizio Maule / ipa-agency.net

Bruno, ruolo: centromediano

Se Bruno Pizzul ha saputo raccontare il calcio con sentimento e partecipazione è perché lui il calcio l'ha praticato davvero - ha marcato anche il grande Omar Sivori - prima di passare al microfono. Nato in Friuli, terra di anime tenaci e grintose, il giovane Bruno tirò i primi calci nella squadra parrocchiale di Cormons, la Cormonese, passando successivamente, ormai ragazzo, alla Pro Gorizia. Come detto, altissimo, aveva visione di gioco e grandi capacità di interdizione. Insomma, chi lo superava un “armadio” come lui?


Bruno Pizzul difensore rincorre Omar Sivori 
Francesco Pira-Matteo Femia “Bruno Pizzul una voce Nazionale” 2012 
(Fausto Lupetti Editore)

Per il Bruno più giovane che in tanti ancora non conoscono esisteva solo il pallone, che sapeva diligentemente conciliare con lo studio (conseguì la maturità classica presso il liceo "XXV Aprile", e poi si laureò in Giurisprudenza). Correva a tutto campo Pizzul, fino a diventare calciatore professionista, affermandosi come centromediano. Nel 1958 venne ingaggiato dal Catania., e giocò poi per l’Ischia e la “sua” Udinese. Sul più bello, con il debutto in Serie A a portata di mano, fu un serio infortunio al ginocchio a spegnere la sua carriera agonistica. Il calcio, però, non riuscirà ad abbandonarlo.


Bruno Pizzul con la maglia del Catania 1958, terzo da sinistra seconda fila 
Francesco Pira-Matteo Femia “Bruno Pizzul una voce Nazionale” 2012 
(Fausto Lupetti Editore)

Da insegnante delle medie a telecronista

Anche quando, una volta appesi gli scarpini al chiodo, intraprese la carriera di insegnante, impartendo lezioni di materie letterarie presso le scuole medie di San Lorenzo Isontino. Nel 1969, però, ecco che il richiamo del football lo spinse a diventare un giornalista sportivo e a partecipare a un concorso nazionale organizzato dalla RAI per selezionare nuovi radio-telecronisti tra i giovani laureati del Friuli-Venezia Giulia. Oltre a quella stazza, Bruno aveva anche un voce unica: venne assunto. I vertici dell'azienda capirono subito che Pizzul - un cognome non comune che, tra l'altro, ti resta impresso immediatamente - possedeva tutte le qualità per mettersi cuffia e microfono e diventare una nuova voce del calcio. Il suo debutto arrivò presto, l'8 aprile 1970, in occasione dello spareggio di Coppa Italia tra Juventus e Bologna, disputato a Como. Per lui fu un esordio indimenticabile: fece ritardo e si collegò con ben 16 minuti di ritardo. Quella fu solo una falsa partenza. Appena iniziò il collegamento, appena cominciò a parlare iniziò la sua seconda straordinaria vita sportiva.

La tragica notte dell'Heysel

La sua voce calda e il suo stile di telecronaca, sempre pacato e preciso, portarono lontano Bruno Pizzul, sempre più amato dai telespettatori, anche perché negli anni 80 le partite di calcio stavano entrando sempre di più nei televisori degli italiani. E lui, capace di tenere alta l'attenzione del pubblico sulla partita, non poteva che essere scelto per commentare la Nazionale Italiana. Il suo primo mondiale fu nel 1986, in Messico (con gli azzurri eliminati ai quarti di finale dalla Francia di Michel Platini), poco più di un anno dopo una serata, quella del 29 maggio 1985, che per lui e per tutti quanti fu tremenda. Fu infatti Pizzul a trovarsi a commentare in diretta su Rai 1 la tragedia dell'Heysel, poco prima della finale di Coppa dei Campioni (l'attuale “Champions League”) tra Juventus e Liverpool dove persero la vita 39 persone a seguito degli scontri tra tifoserie nella curva Z di quel fatiscente stadio di Bruxelles (un muro crollò e molti tifosi bianconeri morirono calpestati). Pizzul, con grande professionalità, raccontò mestamente la partita, che si dovette giocare per motivi di ordine pubblico (la polizia belga arrivò totalmente impreparata a quell'evento sportivo e non riuscì a fermare gli hooligans inglesi).


/ ipa-agency.net

25 anni dopo, nel 2011, ho avuto il piacere di parlarne direttamente con lui. Stavo scrivendo la mia tesi di laurea su quella tragedia e lo incontrai a Pavia, dove era stato invitato per un evento. Con la sua consueta gentilezza, mi invitò a sedermi di fianco a lui: "La difficoltà maggiore, a parte il discorso di carattere professionale e la difficoltà di comunicare una situazione così drammatica, è stata difficile da sopportare a livello di coscienza di uomo, perché è successo qualcosa di assolutamente inaccettabile. L'evento sportivo nasce dal gioco ed ha un substrato di natura gioiosa, poi chi vince è sempre più contento di chi perde, però siamo in chiave ludica. Invece quella sera lì sono successe delle cose inaudite ed assolutamente inaccettabili, ti ripeto, per la mia coscienza di uomo prima ancora delle difficoltà del lavoro".
Voce delle Notti Magiche di Italia 90

Quell'incontro per me fu un sogno a occhi aperti. Avevo davanti a me l'uomo e la voce che hanno accompagnato tutta la mia gioventù, sin dalle mitiche telecronache dei Mondiali di Italia 90, in cui i gol di Totò Schillaci e Roberto Baggio ci sono entrati nelle orecchie e nell'anima grazie a quegli slanci, emotivi, trascinanti, con cui descriveva in diretta le marcature azzurre. Era lui che trascinava il sogno di un'intera nazione che per un mese intero trasformò il caldo cielo stellato di un'estate italiana in un'avventura collettiva. All'epoca ero ancora piccolo, ma ai mondiali di USA 1994, fu grazie a quella voce che persi la testa per Roberto Baggio e per il calcio. Goal dopo goal - contro, nell'ordine: Nigeria, Spagna e Bulgaria - fino a quel rigore calciato alto nella finalissima persa contro il Brasile. Anni dopo, girarono uno spot in cui si capovolse la realtà, e anche Pizzul - 25 anni prima delle prodezze dell'Artificial Intelligence - fu “ri-elaborato” per urlare “GOAL!”.

Era proprio quel suo stile di racconto, elegantissimo - come lui, sempre impeccabile in giacca e camicia (con o senza cravatta) o con il più sportivo abbinamento camicia-golf - che mi ha avvicinato al mondo del pallone, trasformando i calciatori che commentava in idoli, e poi da idoli a eroi. Non era solo telecronaca la sua, era anche una lezione di educazione sportiva, pacata, volta al rispetto degli avversari (anche quando, giocoforza, commentando la Nazionale diventi capopopolo), alla sottolineatura appassionata della prodezza sportiva, dei tocchi di classe dei campioni, dei loro gesti esemplari, anche come esempio per le nuove generazioni.


Bruno Pizzul a “Quelli che il calcio”, 2005 Alberto Terenghi / ipa-agency.net

Tutto un altro modo di fare cronaca, lontana anni luce da quella urlata e esasperata di oggi, in cui spesso i telecronisti diventano tifosi e intrattenitori che devono per forza distinguersi dagli altri puntando su un'inflessione, su una caratteristica o altro. Bruno Pizzul invece era unico, era la “voce del sogno”, in diretta, quando la partita era in corso, del ricordo, quando rievocandola torno indietro nel tempo, con nostalgia, ricordandomi precisamente di quella partita, dove mi trovavo, chi avevo vicino, chi ho abbracciato dopo che lui aveva gridato “ed è gol!”.

Basta scorrere un vecchio video su YouTube per rivivere la gioventù, come se gli anni 90 - quando il calcio con ben altri valori era bello da giocare e da raccontare - fossero ancora qui. Dopo il mondiale fallimentare del 2002 in Giappone e in Corea, l'ultimo della nazionale italiana di calcio commentata da lui, Bruno Pizzul venne allontanato dalla RAI, con grande tristezza da parte di tutti quelli, come me, gli volevano bene come si può volere bene a un “nonno”, saggio, competente, affidabile, affettuoso.


Gianpietro Malosio / Fotogramma / ipa-agency.net / ipa-agency.net

Amante del buon vino (friulano)

Dagli anni Duemila in poi Pizzul è rimasto nell'ambiente calcistico, arricchendo ogni conversazione che lo vedeva coinvolto con la consueta raffinatezza ed eleganza. Emerse anche la sua grande passione per il vino, soprattutto quello della sua terra natale, il Friuli-Venezia Giulia. Amava i bianchi friulani, come il Friulano (ex Tocai Friulano), la Ribolla Gialla e il Sauvignon, ma non ha mai disdegnato un buon Merlot o Refosco dal Peduncolo Rosso. Non si dichiarò mai un esperto tecnico di enologia, ma disse di apprezzare il vino per il suo valore culturale e conviviale. Secondo Pizzul, un buon bicchiere di vino è sempre stato un momento di piacere e condivisione, in perfetto stile friulano.

A parlarne è un bellissimo libro, Bruno Pizzul, la voce nazionale di Francesco Pira e Matteo Femia (edito da Lupetti Editore nel 2012) in cui il telecronista si raccontò a tutto tondo: dalle punizioni al Liceo perché doveva correre a prendere il treno, alle gradite imitazioni in televisione.


Ed è gol. Viaggio nelle telecronache di Bruno Pizzul


Francesco Pira-Matteo Femia 
“Bruno Pizzul una voce Nazionale” 
2012 (Fausto Lupetti Editore)

Grazie Bruno!

Sì, perché a rendere davvero un gigante Bruno Pizzul non è stata solo la sua competenza, ma anche quella (rara) capacità di essere autoironico. Sorrideva sempre, e come apriva bocca, ti trovavi lì a sognare. A non crescere mai. A emozionarti come se fosse sempre goal. A ringraziarlo, per sempre. Grazie Bruno!

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio