Carrera-Inoxpran (1984) - Dalle padelle ai jeans: una proposta interessante


di CHRISTIAN GIORDANO ©
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Il primo approccio della Carrera al ciclismo avviene verso la fine del 1983.

Lelio Solci, dal 1976 fino alla pensione (2003) direttore di Apindustria Verona, telefona a Tito Tacchella. Argomento: l’invito a cena di Francesco Gobbi, direttore dell’Associazione piccole e medie industrie di Brescia. 

Più che profumo di grana Tito subodora olezzo di grane, perché, come scrive ne Il Bello dell’Italia, quello era un “periodo turbolento per i rapporti sindacali”. Allarme presto rientrato. 

“Il dottor Gobbi, che tu conosci – lo tranquillizza subito Solci – vorrebbe farti incontrare il presidente di un’azienda sua associata per un’interessante proposta di sponsorizzazione”. 

Il presidente che Tito Tacchella incontra a quella cena è Achille Prandelli, titolare della Inoxpran (acronimo facile facile: da Prandelli e inox, l’acciaio di pentole e posateria). Il feeling scatta automatico. 

“Prandelli si dimostrò persona molto garbata e disponibile, con la quale entrai subito in sintonia”, ricorda Tito di quel primo, benaugurante incontro.

“La sua interpretazione del ciclismo come sport che godeva di una popolarità trasversale, che non era alternativo agli altri sport e in cui il mondo femminile rappresentava una quota significativa fra i supporter, mi ha subito fatto capire quanta passione vi riversava: mentre parlavamo, la sua era l’espressione tipica del tifoso che difende la squadra del cuore. I suoi sorrisi non erano perché aveva la squadra migliore, ma perché conosceva i suoi atleti e sapeva che si impegnavano con tenacia e davano sempre il massimo”. 

Nel 1981 con Giovanni Battaglin la Inoxpran aveva centrato la doppietta Vuelta/Giro, ma alla storica doppietta (riuscita prima solo a Eddy Merckx) erano seguite un paio di stagioni così così. E ora il patron cercava perlomeno un co-sponsor, che sarebbe potuto diventare anche primo marchio su quella gloriosa – e, ammettiamolo, iconica – maglia biancorossa. 

“I nostri direttori sportivi Davide Boifava e Sandro Quintarelli” [, nda] – mi ripeteva – mi assicurano che con i pochi innesti di corridori già contattati è possibile allestire uno squadrone in grado di essere protagonista sia nelle corse in linea sia in quelle a tappe”. 

Boifava & Quintarelli – bresciana la volpe, veronese di Fane il gatto ed entrambi ex corridori – saranno di parola. E lo sarebbe stato anche Tito. 

“Il suo entusiasmo era contagioso e mi convinse. Gli assicurai che avrei caldeggiato il progetto nell’imminente riunione del consiglio prima della fine dell’anno”, scriverà lo stesso Tacchella di Prandelli nel suo memoir del 2020 per i 55 anni dell’azienda. 

Detto, fatto. In quel pomeriggio d’inizio dicembre 1983, all’ordine del giorno c’era “Proposta di sponsorizzazione di una squadra ciclistica”. 

“È una decisione che richiede un impegno finanziario consistente – esordisce il fratellone Imerio, tutt’altro che convintissimo – e su questa pesa un’incognita legata ai risultati sportivi. Ho analizzato i risultati dei corridori Inoxpran e sinceramente non sono entusiasmanti. A parte Battaglin, che purtroppo comincia a sentire il peso degli anni, gli altri sono giovani promettenti, ma niente di più”. 

In realtà, più che gli anni in sé (33 il 22 luglio, tantini in tempi in cui il Giro ’76 del 34-enne Gimondi fu salutato come miracolo di longevità agonistica, nda), sul provato fisico del “Battaglia” a incidere erano stati anche e soprattutto malanni, incidenti e cadute. C’è però dell’altro a preoccupare il gran consiglio dei Tacchella. 

“Possiamo pure avere una buona squadra come asserisce Prandelli – incalza il pragmatico Domenico, terzo fratellino all’anagrafe e primo in statura – ma il ciclismo si infiamma sui risultati individuali. Quando si parla di ciclismo, sono al massimo quattro o cinque i [nomi dei] corridori che rimbalzano sulla bocca di tutti. Non pensate che sia possibile contattare uno di questi?”. 

Questo il resoconto “ufficiale”, o perlomeno quello da tramandare ai posteri e di sicuro redatto da (mani) esperte in marketing & comunicazione. 

Ora, a parte che è lecito dubitare che in una riunione del consiglio, per quanto ufficiale, i venetissimi Tacchella Bros. abbiano davvero utilizzato, testuali, espressioni come “impegno finanziario consistente” e magari pure coniugato verbi come “asserire” o, come leggerete fra poco “avviluppare” – e si badi bene: non per incapacità bensì per non abitudine –, il punto cruciale era un altro. E riguardava quale strada eventualmente intraprendere, e con che mezzi. 

“Le vostre osservazioni sono indiscutibili – chiarì Tito – ma in questo momento dobbiamo fare la scelta sui corridori tesserati Inoxpran. Se non siamo convinti, forse è preferibile lasciar perdere”. Tito, consapevolmente o no, aveva toccato il tasto giusto. 

“Che sta succedendo – irrompe Giovanni, nella circostanza più patriarca che papà – Non è da voi rinunciare alla corsa soltanto perché non avete il cavallo vincente. In questi giorni si ragionava sul fatto che il ciclismo ha una platea internazionale e, nei Paesi nei quali esportiamo, è fra gli sport più popolari e seguiti”. 

Tenetelo a mente questo aggettivo: “internazionale”. Lo ritroveremo spesso. Perché già in quel primo consiglio era stato impiantato il seme. Originario e originale. 

“Hai ragione – chiosa Tito ci stiamo avviluppando in una palude di negatività. Le tue parole ci impongono di considerare, per contrapporle, anche le valenze positive”. 

Era fatta. La Carrera, ai tempi ancora nemmeno co-sponsor, non sarebbe stata una squadra come le altre. Niente mobilificio né fabbrichetta da “Giro-di-Puglia-più-importante-del-Tour”. Avrebbe avuto un respiro – e soprattutto un mercato –, appunto, internazionali.

Non era questione di se, ma solo di quando e come.

CHRISTIAN GIORDANO
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