SOGNANDO UN GIRO D'ALTRI TEMPI
Le cronache di Mario Fossati scritte per Repubblica
di MARIO FOSSATI
la Repubblica, 20 maggio 1987
IL SETTANTESIMO Giro ciclistico d'Italia si presenterà, domani, a Sanremo, come da programma: "Operazioni preliminari". Posdomani ci offrirà il prologo, chilometri 4 contro il tempo. Venerdì un'arrampicata, si fa per dire, al San Romolo: e una cronodiscesa dalla cima del Poggio sempre su Sanremo.
Io pensavo che gli 8 chilometri di discesa, trasformati in una cronometro all'ingiù, fossero stati ispirati a Torriani da un sogno ovvero, nel caso, da quell'attività psichica che il patron svolge durante i suoi tradizionali sonni epatici. Invece, no: sembra che il "numero" glielo abbia suggerito Fiorenzo Magni, che un altro anno (me lo ha confidato lui stesso) solleciterà Torriani ad indire una nuova importante dantesca "calata", dalla vetta dello Stelvio a Bormio.
A me pare che le folle del ciclismo si entusiasmino assai più a vederli salire i "giganti della strada" non "ad affondare" a valle. Ma il ciclismo d'oggi ha evidentemente deciso di non trascurare l'aspetto grottesco meglio se deforme o paradossale.
Da domani mattina (ritrovo) a venerdì sera, il Giro d' Italia avrà coperto chilometri 43, per ritrovarsi alla località di partenza, Sanremo appunto. La cassetta - leggi offerte delle sedi di tappa, interessi pubblicitari legati alla tivù - fa sì che il Giro, al pari del Tour, sia esageratamente lungo (traguardo finale a Saint Vincent, 13 giugno).
Un giorno, ahimè, lontano il tono mercantile del Giro veniva modulato in rapporto al suo corredo tecnico e alla particolare situazione emotiva, di cui una corsa ciclistica ha bisogno. Oggi, non più. Per gli sponsor moltiplicare i giorni di corsa significa moltiplicare la loro immagine, appiccicare i manifesti su mille e una cantonate. I ciclisti, tenori e coristi, naturalmente si adeguano e amministrano lo sforzo con fiscale puntiglio cosicché ogni tappa elargisce a noi osservatori su quattro ruote, scampoli di cronaca che vieppiù si rarefanno.
Nella monotona frenesia del ciclismo odierno un'ombra di uggia ti invade. Che vorremmo vedere dal 70esimo Giro, che sta per nascere? Io fantastico un intelligente ritorno all'indietro, che si sposa - sempre nella mia fantasia - alla presa di posizione di un giovane pedalatore: Fondriest o Bugno o il ruvido Pagnin, eccetera, eccetera. Gli altri, i grandi, ci hanno, a tutt'oggi, almeno in parte, deluso. Le vittorie di Saronni sono annunciate costantemente per l'indomani. Il campione del mondo Moreno Argentin ha conquistato una Liegi-Bastogne-Liegi dal finale curioso (la balordaggine dei due uomini di testa in attesa [Roche e Criquielion, nda] del suo volo di falco ci è sembrata di una macroscopica proporzione). Moser invecchia: un record dell'ora al coperto, a Mosca, in autunno, sarebbe un modo elegantissimo per chiudere una carriera. Visentini, l'ultima maglia rosa, avrebbe temporeggiato fin qui per "esplodere" al Giro. Gli sarà partner Roche, a cui Visentini ricambierà al Tour il favore presumibilmente ricevuto. Perduto LeMond, ferito da una fucilata in una battuta di caccia, il Giro conta molto sulla classe di Anderson e sulla vena di Bernard. Bontempi, leggo, ha lucidato lo scatto in vista dei traguardi di tappa. Da Sanremo a Saint Vincent (via Bari) la corsa ci convinca che il ciclismo è anche uno sport e il Giro d'Italia una prova popolare!
MARIO FOSSATI
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