Roche - Un superman dalle gambe d'oro

E' stato il dominatore della stagione vincendo Giro d'Italia,
 Tour e Campionato mondiale, un tris che soltanto Merckx può vantare 


di DARIO CECCARELLI
l'Unità, lunedì 23 novembre 1987

Un anno fa, alla gente comune, il suo nome non diceva nulla. educe da una delicata operazione al ginocchio, aveva corso per la Carrera senza combinare nulla di buono. Stephen Roche era angosciato:  il suo telefono, nella casa di Sagys, vicino a Parigi, non squillava mai. «Che mi abbiano dimenticato?», si diceva tastandosi quel maledetto ginocchio ormai inutilmente guarito.

Un anno dopo, Stephen Roche è un altro uomo. In pochi mesi, vincendo Giro, Tour e campionato mondiale, è riuscito a lare un'impresa che finora era riuscita solo ad Eddy Merckx, un uomo tanto famelico di vittorie da meritarsi il soprannome di «Cannìbale». Ora, Stephen Roche è famoso quasi come Maradona. In Irlanda è diventato una sorta di eroe nazionale: il suo conto in banca si è moltipllcato (la Fagor, la sua nuova squadra, lo ha ingaggialo per più di un miliardo); il suo telelono squilla continuamente tanto che sua moglie Lydia lo ha convinto ad installare una segreteria telefonica.

Grande campione, ma anche grande uomo questo irlandese di Dublino. Compirà 28 anni il 28 novembre, ma la sua giovinezza pare che l'abbia lasciata nelle sue verdi colline. Roche infatti è un uomo dalle mille sfaccettature, liscio all'apparenza ma pieno di spigoli nella sostanza. La faccia e gli occhi sono dolcissimi, come anche iI suo modo di parlare e di essere disponibile con la gente; il suo carattere, però, è duro come un macigno, tetragono alla fatica, alle avversità, alla paura. In un certo senso è un ciclista all'antica, che macina chilometri infischiandosene dei frequenzimetri; in un altro, invece, è assai moderno: come quando lascia l'Irlanda per abitare a Parigi, città più «professionale» per un ciclista; come quando non ha esitazioni a passare alla squadra che lo paga di più; come quando, nella tappa di Sappada al Giro, manda al diavolo gli ordini di scuderia attaccando di sorpresa Visentini. 

In Italia, e anche fuori, quel suo gesto fece molto discutere: fu interpretato, giustamente, come un colpo basso dell'irlandese nei confronti dell'italiano, già di per sé in difficoltà. Eppure Roche, dopo essersi beccato insulti e sputi, riuscì a riconquistare la simpatia del pubblico italiano che, in virtù della sua classe, gli perdonò anche lo scudo di cinismo che si trascina appresso. Roche è fatto così: pragmatico, essenziale, cocciuto come tutti gli irlandesi. Poi, avendo davvero conosciuto la povertà, bada soprattutto  al sodo: e cioè a vincere. L'esatto contrario di Visentini.

«Io so bene cosa sia la povertà, perché a 15 anni sono finito in una fabbrica a imbottigliare il latte. Certo che mi piaceva la bicicletta, sentivo che avrebbe potuto portarmi lontano, ma potevo salirci solo quando smettevo di lavorare. Per riuscire nel ciclismo sono venuto in Europa, come LeMond e Kelly. Arrivai a Parigi di notte con un pullover, una valigia e un indirizzo: quello di un club dilettantistico. Non conoscevo neppure una parola di francese, sapevo solo una cosa, però: che volevo diventare qualcuno. Quella notte aspettai fuori dalla sede fino a quando non venne ad aprirmi  la  donna delle pulizie...».

Un'adolescenza difficile, quella di Roche, dalla quale ha ricavato una concezione assai severa del suo «Non sono un cinico, sono solo uno che vuol fare bene il suo lavoro: che è correre, e quando uno corre deve vincere. Con i soldi posso stare tranquillo, comperare una casa a mio padre, che ancora lavora in fabbrica. Ora tutti mi applaudono, sei il migliore mi dicono. E se poi mi faccio male? Chi si ricorda più di me?». 

Roche, che ha due figli (Nicolas di 3 anni e Christel di uno) proviene da una famiglia numerosa. Uno dei suoi quattro fratelli, Laurence, 19 anni, corre per una società dilettantistica parigina. Roche però, coerentemente alla sua concezione del ciclismo come fatica di vivere, non fa nulla per aiutarlo. «Sarebbe il modo migliore - dice - per farlo diventare un pessimo corridore. Deve fare i miei stessi sacrifici per verificare se questo mestiere fa proprio per lui». 

Davvero una testa dura, questo Roche. Pensate che il povero Laurence (che sicuramente muore dalla voglia di andare all'anagrafe e farsi cambiare il cognome) non riesce a scroccare più di una cena al mese a casa del fratello. 

Professionista dal 1981, Roche, ciclisticamente parlando, è un conservatore, un bastian contrario delle nuove metodologie. «Bisogna allenarsi, mangiare, dormire. I corridori italiani hanno dimenticato queste cose. Si preoccupano solo di fare esami clinici e un sacco di test. Credono che per vincere bastino le ruote lenticolari, la bici ultraleggera e il computer sul manubrio». 

Dopo la sua vittoria al Giro d'Italia, e il suo scontro con Visentini, Roche, con i suoi modi tutti educati e perbene, ha lanciato potenti schizzi di vetriolo contro l'italiano. «Ha tanta classe, però non dovrebbe fare questo mestiere. Non gli va bene mai niente: l'acqua è troppo fredda, l'albergo ha una stella in meno, il letto troppo scomodo. Eh, no, un grande campione non può permettersi atteggiamenti di questo genere».

Lingua svelta, Roche, anche se apparentemente mielata. Parla con facilità inglese, francese, gaelico e perfino in italiano si fa capire benino. Uomo inflessibile con se stesso, Roche ha tuttavia una non comune inclinazione alle pubbliche relazioni. È sempre gentile con tutti, e mai rifiuta un autografo o un'intervista. È bravo anche nel coltivare le alleanze, lasciando agli amici la soddisfazione di una vittoria.

Infine, pur essendo abbastanza taccagno, Roche se ne vale la pena è anche disposto a sborsar quattrini.

Ai Mondiali di Villach, per esempio, si è pagato di tasca sua l'albergo e tutte le spese di organizzazione. È insomma un irlandese, con testa dura e relativa malinconia in fondo al cuore, che non dimentica chi non ha preso iI battello: «Vorrei che le mie vittorie spingessero le autorità irlandesi a considerare con più attenzione il problema dello sport. Nel nostro Paese ci sono molti disoccupati, e se non altro bisogna vedere lo sport come un mezzo per dare lavoro a tanta gente. Io, d'altronde, sono il primo dei fortunati».


1981: esordio e 10 vittorie 

• Stephen Roche è nato a Dublino iI 28 novembre 1959. È professionista dal 1981, anno nel quale vince 10 corse tra le quali la Parigi-Nizza, l'Etoil des Espoirs e iI Giro di Corsica. Torna al successo nel 1983 (5 vittorie) aggiudican- dosi il Giro di Romandla e l'Etoil des Espoirs. Nel 1984 vin- ce quattro corse, tra cui il Giro di Romandla, la Nlzza-Alasslo, una tappa della Parigi-Nizza. Buono il 198S: 13 vittorie con una lappa al Tour de France e Il terzo posto in classifica generale, una tappa alla Parigi-Nizza e il secondo posto finale, il Tour dei Midi Pyrenées e due tappe del Giro del Delfinato. Nel 1986, passato alla Carrera, non vince nulla a causa di un'operazione al ginocchio. Nel 1987 il grande riscatto: vince la Vuelta Valenciana, la tappa a cronometro a Col d'Eze nella Parigi-Nizza, due tappe al Giro di Romandia e la classifica finale, due tappe e il successo finale al Giro d'Italia, una tappa a cronometro e la classifica finale al Tour, il campionato mondiale a Villach.


Irlanda: in bicicletta un decimo della popolazione

• Due grandi campioni, Roche e Kelly, ma il resto? Come è organizzato il ciclismo in Irlanda? Vediamo qualche cifra. I ciclisti tesserati (su una popolazione di 3 milioni e 300 mila abitanti) sono 3483 così suddivisi: 293 esordienti, 200 juniores, 2983 dilettanti, 7 professionisti. Molti dilettanti (più che in Italia che è cinque volte più grande dell'Irlanda), quindi, ma pochissimi professionisti. Che sono: Roche, Kelly, Early. Kimmage, Alan, Paul McCormack e Riordan. I primi quattro corrono in Europa, gli altri in Usa. In Irlanda ci sono tre federazioni regionali presiedute dall'lrish Cycling Tripartite Commitee. Presidente dell'ICT è Liam King. 
In Irlanda ogni anno vengono organizzate 300 corse a livello nazionale. Quella più attesa è comunque il Giro d'Irlanda (che si disputa verso la fine di settembre) sponsorizzato da una casa automobilistica giapponese, la Nissan.  

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