Ma quanti galli in quel pollaio

Erano anni che in Italia non veniva allestita una squadra con tante individualità di spicco. Corridori maturi come Saronni, Visentini e Contini, affiancati da giovani interessanti (Giupponi, Ballerini, Pagnin e Allocchio), possono essere garanzia di successo ma possono anche creare pericolosi problemi. Ci sarà rivalità tra le vedettes? Gli interessati sminuiscono il problema, ma gli addetti ai lavori aspettano la varco la Malvor-Sidi-Colnago 

di Tony Lo Schiavo 
Bicisport n. 2, febbraio 1989 

MILANO – Comunque vadano le cose, la Malvor farà molto parlare di sé. La squadra, sollecitata da Ernesto Colnago e voluta da Mario Cal, è nata come una sorta di sfida. Per il popolare costruttore di biciclette c’era la necessità, dopo il divorzio dai Del Tongo, di mettere in piedi una squadra non meno prestigiosa del suo passato. Per Cal, dopo tanti anni di “piccole squadre”, la voglia di provare l’ebbrezza dell’alta quota. A rendere più gustosa la sfida, già di difficile realizzazione, c’era anche il numero chiuso per le squadre italiane e quindi l’impossibilità regolamentare di realizzare tale progetto. 

Cal e Colnago però non si sono fatti intimorire e forti di una promessa di Omini si sono dati da fare per mettere in piedi una squadra tanto importante e prestigiosa da non poter essere rifiutata. 

Ernesto Colnago ha buttato nella mischia i “suoi” Ballerini, Giupponi, Lang, Piasecki, Piovani, Rota, Alberto e Giuseppe Saronni. Mario Cal ha confermato Contini, Faresin, Fregonese, Furlan, Lietti, Lorenzon, Pizzol e Strazzer. Ma tutto ciò non era considerato ancora abbastanza. Così Colnago ha arricchito l’insieme con Visentini e Bordonali prelevati dalla Carrera. Cal ha rivoluto con sé Allocchio e Pagnin che, dopo un felice esordio nella Malvor, avevano emigrato conoscendo periodi decisamente meno soddisfacenti. Non ancora contenti, hanno aggiunto all’insieme due neo-professionisti già ben conosciuti: Vanzella, protagonista col quartetto di Gregori, e Gallo, scalatore di belle qualità. 

Mai, in tempi recenti, una formazione italiana era riuscita a mettere insieme tanti “nomi”. Si parla di un bilancio che sfiora i tre miliardi [di lire]. Si dice che solo gli indennizzi, riconosciuti alle squadre di provenienza dei corridori “acquistati” superino i settecento milioni. 

Cifre da capogiro se si considera che gli “acquisti” sono tutti “stagionati” e le capacità di ammortamento sono piuttosto limitate. Ma è fuori discussione che l’impatto dello squadrone con il mondo delle corse sarà deflagrante. Comunque. Man mano che la squadra si arricchiva di nomi aumentavano le perplessità sulle funzionalità dell’insieme. Come potranno convivere Contini, Giupponi, Saronni e Visentini? Non sono troppe quattro punte per un Giro d’Italia? E in una squadra di capitani, che posti ci saranno per i gregari? 

Saronni sorride. Preferisce i problemi di abbondanza, dice. “Roberto è sempre stato un amico. Non credo potranno mai esserci problemi. Giupponi? Sta crescendo bene, nessuno ne limiterà il potenziale”. 

Ma intanto Flavio è l’unico che non ha voluto saperne di firmare un contratto pluriennale. Il suo impegno con la Malvor scadrà alla fine del 1989 e solo dopo il Giro d’Italia deciderà con chi vincolarsi. “Conosco il gruppo della vecchia Del Tongo, ma prima di vincolarmi alla Malvor voglio vedere bene come funzionano le cose e soprattutto come funziono io. Il 1989 sarà per me un anno importante. Devo riuscire a fare un salto di qualità. Non voglio passare, come qualche mio illustre predecessore, dal ruolo di giovane speranza a quello di vecchia delusione”. 

Più accomodante invece Silvano Contini. Le tante delusioni patite negli ultimi anni ne hanno certamente fiaccato il morale. Non vuole entrare in collisione con i grossi calibri della sua squadra. È pronto anche a rinunciare al Giro. Ci tiene molto alla Vuelta e poi è pronto a tornare al Tour de France. Più che ai problemi di coesistenza pensa a quelli di sopravvivenza sua. Non è stato piacevole per lui trascinarsi da sconfitto in un ambiente che per un attimo lo aveva innalzato alle stelle. È stanco. Se non avrà qualche incoraggiante risultato, è facile che abbandoni definitivamente. 

Visentini non si lascia coinvolgere. Lui ha il Giro d’Italia nella testa e di tutto il resto gli importa poco. Saronni? Un amico. Giupponi? Bravo. Cotnini? Può essere molto utile in una squadra. Il Tour de France? Nons e ne parla nemmeno. 

La Vuelta? Può servirmi a preparare il Giro. Il caso-Roche? Non fa testo. Tra uomini basta la parola. Con lui non è bastata. Tra uomini si parla chiaro. Lui non lo ha fatto. Contento? Molto. 

Ma il poker per le corse a tappe non è l’unica buccia di banana sulla quale potrebbero scivolare l’armonia e la bella immagine del gruppo. Ad esempio, Allocchio, Ballerini e Saronni: per chi la volata? 

Allocchio è molto cauto. La sua voglia di rivincita magari lo porterebbe a reclamare spazio ed occasioni. Ma ha già abbastanza esperienza per sapere che ci sono modi e tempi da rispettare. Dice che bisognerà vedere sul momento chis e la sentirà. Le occasioni non mancheranno per nessuno. E poi è da molto tempo che Beppe ha rinunciato alle grandi volate di gruppo quelle che invece lui preferisce. Stefano è contento di trovarsi dov’è. Con Zandegù, dice, si riesce a stare sempre sereni ed a rendere al meglio. 

Anche Ballerini si guarda bene dal creare possibili malintesi. Anzi, rinuncia addirittura alla sua etichetta di velocista. Si candida invece per qualche bella azione sullo stile di Renaix. Il suo obiettivo, afferma, è quello di battere in volata qualche piccolo gruppetto di coraggiosi. Per le volate di gruppo lascia la precedenza ai suoi compagni. 

E Saronni? Lui ha vestito i panni del capitano-allenatore. Diplomatico e accomodante. Sorridente e disponibile. C’è spazio per tutti. Ciascuno avrà modo di realizzare le proprie aspirazioni. L’unica cosa importante è stare bene ed andare forte. I problemi vengono fuori solo quando non si vince. 

Ma questo è vero fino ad un certo punto. Il Giro delle Americhe, vinto con Worre della Gewiss, non ha impedito a Pagnin di essere cacciato via dalla corte di Argentin. Un cavallo pazzo incapace di sottostare alle regole tattiche, eccessivamente attendiste, del suo capitano. Ed ora, come si adatterà alle direttive di un Saronni o di un Visentini che certamente attaccanti non sono? 

Parleremo, sussurra timidamente il corridore veneto. Pagnin è un ragazzo estremamente buono. Testardo, impulsivo, ma anche ingenuo. Sa di essere in una squadra importante, nella quale non potrà concedersi impennate, ma fida tanto nella guida di Zandegù con il quale ha esordito tra i professionisti. È chiaro però che un suo spazio lo chiede. 

Anche Lietti, emergente nel finale dell’ultima stagione., è pronto a disciplinarsi di più. Non è un cavallo pazzo come Pagnin, ma l’indole è la stessa. 

Una cosa certa è che a questa squadra non si vede come possano sfuggire le cronometro collettive. Uomini come Vanzella, Lang e Piasecki garantiscono qualcosa di più nel motore. 

Molta attesa c’è anche per Gallo, uno scalatore che dovrebbe mettersi in luce. 

Certo, non sarà facile per Algeri scegliere gli uomini per il Giro d’Italia. Contini, Giupponi, Saronni e Visentini appartengono alla fascia alta, in lotta per la classifica; Vanzella, Lang e Piasecki sono il motore della cronosquadre e passisti necessari per controllare la corsa; Allocchio è il velocista; ballerini e Pagnin sono uomini importanti nelle scelte tattiche. E i gregari? 

Inoltre, se la squadra sembra attrezzata in modo assai ricco per le corse a tappe, non offre, sulla carta, specialisti per le classiche. E, a proposito di limiti, la formazione vanta un’esperienza minima nel calendario internazionale e, diciamo pure, una limitata affinità. Una situazione questa che dovrà per forza essere superata visto che il programma prevede la partecipazione a tutti gli appuntamenti più qualificati del calendario mondiale 
Tony Lo Schiavo

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