LA FAMIGLIA SE L' ASPETTAVA, "ORA SPERIAMO NELLA POLIZIA"


di DANILO CASTELLARIN
la Repubblica, 31 gennaio 1990

STALLAVENA - La mamma se l'aspettava. L'aveva confidato qualche giorno fa al parroco di Stallavena, don Battista Tacchella, cugino di terzo grado del padre della piccola Patrizia, Mario [in realtà Imerio, nda]. Ho quattro figlie e non vorrei che gli succedesse qualcosa. La preoccupazione era nell'aria. E da tempo attorno alle sorelle di Patrizia si era stretto il cerchio di una sorveglianza discreta. La paura era per Sara, 17 anni. Ma anche Laura, appena quindicenne, doveva spiegare dettagliatamente i suoi movimenti. I controlli erano meno attenti solo per le piccole della famiglia, Patrizia (9 anni a maggio) e Amalia, di quattro. 

Una lunga attesa 

Forse per questo ieri pomeriggio la madre Luciana Favari, 40 anni, e il padre Imerio (48) hanno fatto passare tre ore prima di lanciare l'allarme ai carabinieri. Prima di chiamare la tenenza di Stallavena, alle 18 e 45 di lunedì sera, i genitori hanno telefonato al supermercato e ad alcuni amici di Patrizia. Ma si trattava di controlli rapidi, che potevano richiedere al massimo mezz'ora. Per questo non si spiega la lunga attesa. Colpa della troppa fiducia nella tranquilla vita di paese, dicono gli agenti della Squadra Mobile. 

Quello che è capitato a Patrizia poteva capitare ad una qualsiasi delle quattro figlie. Forse, più semplicemente, nessuno dei familiari si aspettava che l'incubo dovesse capitare proprio a loro, nella tranquilla Stallavena, un paesino pedemontano ai piedi della catena dei Lessini. Le luci della città erano lontane e Verona, assediata dal traffico, dalla frenesia per i mondiali di calcio e dalla crescente ricchezza che calamita fiorenti interessi, sembrava a distanza di sicurezza. 

Anche per la residenza ufficiale la famiglia aveva preferito una vecchia casa patrizia a venti chilometri dal centro città dove Tito, uno dei tre fondatori dell'impero dei jeans, aveva fatto restaurare quattro anni fa Cà Zanobia, con immensi saloni, pareti affrescati dal Tiepolo, piscina ed eliporto dove, ogni sera, puntuale come un cronometro, atterrava dolcemente l'elicottero Agusta bianco-azzurro con il marchio rosso Carrera o il jet Beechcraft. Ma il pilota aveva l'ordine di evitare la rotta che attraversa la città. 


Tre fratelli inseparabili 

Meno chiacchiere, meno fastidi, era il motto di famiglia. Tant'è vero che, nonostante l'espansione mozzafiato dell'azienda veronese, i tre inseparabili fratelli, Tito, Imerio e Domenico, preferivano glissare interviste e obiettivi fotografici. Anche ieri, la prima, estenuante giornata d'attesa, è trascorsa nel più impenetrabile (seppur comprensibile) riserbo. Non una parola della madre. Nessuna dichiarazione del padre alle dozzine di cronisti che stazionavano davanti al piazzale dell'azienda. 

Alle 15 e 30 solo il capo ufficio-stampa della Carrera, Gianfranco Belleri, ha fronteggiato la raffica di domande, consegnando un asciutto comunicato ai giornalisti: "La famiglia Tacchella, non avendo finora avuto alcuna notizia, lascia ampia delega alle forze dell'ordine ringraziandole sin d'ora per il lavoro sostenuto ed augurandosi che si raggiunga al più presto la risoluzione del caso". 

Nella palazzina in mattoni e cemento armato costruita a fianco dell'immensa fabbrica di jeans si sono raccolti nell'appartamento al primo piano i tre fratelli Domenico, Tito ed Imerio insieme alle tre sorelle. In Uganda è stato avvertito fratello Eliseo, missionario comboniano. Una scelta antica la sua: da sempre ha preferito lasciare ai fratelli la gestione dell'impero finanziario. Nel salotto dell'appartamento, arredato in stile moderno, con moquette, decorazioni in marmo e divani verdi, la madre Luciana Favari vive le drammatiche ore dell'attesa. 

Fonogrammi interminabili di una esasperata sequenza già vissuta ad appena 40 chilometri di distanza da Candido Celadon. Ma, fino a tarda sera nessuna telefonata. Imerio e Luciana resistono. E il portavoce Gianfranco Belleri smentisce categoricamente la ricorrente voce di un collasso nervoso della donna. Sembra anche che nessun legale sia stato ufficialmente incaricato di seguire il caso. "Di avvocati ne abbiamo una quarantina per tutto il gruppo. Ma non possiamo affidare nessun incarico se i rapitori non si fanno vivi". 

Imerio Tacchella scongiura di lasciare libera la linea: Non sappiamo ancora nulla. Patrizia usciva sempre accompagnata. Tranne ieri. Speriamo si risolva tutto in pochi giorni. Patrizia ha 9 anni, è tanto piccola. E' ancora una bambina. 


E' tanto piccola 

Poi un sussulto nella cornetta e ancora una preghiera: "Mi lasci libero il telefono, la prego". Un uomo semplice Imerio Tacchella. Figlio del responsabile della società elettrica che alimenta la vallata, aveva deciso di tentare la fortuna fin da giovanissimo. Per questo aveva lasciato i libri e si era iscritto al corso di sartoria dell'Istituto don Calabria. Fu lui, precedendo i tre fratelli, a tagliare i primi jeans.
DANILO CASTELLARIN

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