FELICE DI ESSERE PERINI
di EUGENIO CAPODACQUA
la Repubblica, 8 settembre 1992
BENIDORM - Per i francesi, è quasi più famoso di Bugno. Al Tour è stato uno degli uomini più richiesti in televisione: la sua lucida pelata è diventata familiare oltralpe quasi come il capoccione perennemente fasciato dal caschetto di Jean Robic "testa di vetro".
In Spagna adesso lo conoscono bene. E' stato uno degli artefici, forse il più utile e tempestivo, della vittoria di Bugno, quindi del dispiacere patito da Indurain. Prontissimo a ricucire l' unica fuga della corsa (l'allungo di Leblanc, Echave, Boltz e Bruyneel) da cui gli azzurri erano rimasti fuori. Abilissimo a lanciare Bugno verso la vittoria, dopo un ultimo, magistrale chilometro. Per tutti vale il commento commosso del Ct Martini: "E' stato meraviglioso l' uomo che ha determinato il risultato più di tutti".
Forse, solo qui da noi Giancarlo Perini, trentatré anni da Carpaneto Piacentino, non gode di credito proporzionato al suo valore. Colpa di una miopia che ci porta a considerare solo la superficie, il primo, la vittoria, il vincitore. Poi, invece, scopri un Perini. E nel ciclismo di oggi figure come le sue sono fondamentali per gli equilibri e per i giochi di squadra. E il plotone, nel quale pedala con onore da dodici anni, lo stima e lo rispetta.
Forte al Giro ("l' avevo visto lavorare splendidamente nella tappa vinta da Bontempi a Melfi", dice Martini), strepitoso al Tour, dove, pur dedicandosi anima e corpo a Chiappucci, ha concluso all'ottavo posto. E chi conosce l'ignobile fatica che impone ad un gregario il Tour de France, sa anche cosa vuol dire un exploit del genere.
Poteva mancare, dopo le gesta in Francia un club a suo nome? Adesso c' è e a guidarlo c' è nientemeno che sua madre, la prima dei suoi fans. Che lo ha seguito, ovviamente, anche a Benidorm.
La prima bici a dodici anni, una fiammante "Rossi" regalata dal padre Ettore, morto due anni fa, cui appena dopo il traguardo di Benidorm ha dedicato piangendo la sua bella prestazione spagnola. Una vita di sacrifici: pane e bicicletta. Ma sempre in allegria. Gente come Perini è rimasta umilmente nell'ombra senza farsi crucci.
"Non mi lamento. A che servirebbe, del resto? Ho sempre lavorato duro. Mi basta la soddisfazione di aver fatto bene il mio lavoro". Parole un po' di circostanza, certo. Ma sincere. Anche se covano un desiderio ormai non più mascherabile.
"E' vero, la vittoria; la prima vittoria ora che so di poterla ottenere la inseguo, la voglio. Ma non ci riesco ancora". Già, perché il nostro, che gli amici chiamano affettuosamente "Pero" non ha mai vinto una corsa. Grande o piccola che sia. Ci ha provato al Tour disperatamente. Ci proverà ancora.
"Perché mi restano ancora poche stagioni da correre e non voglio concludere senza questa soddisfazione". Intanto pensa al futuro. Quello un po' più lontano è un ben avviato negozio di biciclette aperto da qualche tempo al paese natale ("Va discretamente, ma bisognerebbe avere più tempo da dedicarci").
Quello più immediato invece è rappresentato da un contratto più vantaggioso. "Perché mi debbo vergognare a dirlo? Certo, vorrei cambiare squadra, anche se alla Carrera sono stato sempre molto bene. Qui si fatica e si suda e non mi resta molto tempo per guadagnare". Ma la trattativa con Boifava, manager della Carrera va per le lunghe. In attesa c' è anche la ZG Bottecchia, pronta ad accaparrarsi il corridore. "Aspetto una risposta - dice Perini - e non è detto che vada davvero via".
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