Simoni-Cunego, scintille e insulti. Ma al Giro si è sempre litigato



di Leonardo Coen
la Repubblica, 29 maggio 2004

Lo scazzo tra capitan Simoni e l'ex gregario Cunego, ieri, al termine della tappa di Bormio 2000? Un déja vu, nel ciclismo. Il precedente più celebre è quello tra Bartali e Coppi, nel 1940. Ginettaccio aveva già vinto due Giri (guarda guarda: come Simoni): quello del 1936 e quello del 1937. Nel 1938 Mussolini impose al campione toscano di allenarsi per il Tour e quindi di non correre il Giro. Bartali andò in Francia e vinse, tra lo scorno dei transalpini, quell'edizione della Grande Boucle. Nel 1939 Giovanni Valetti bissò la vittoria dell'anno precedente battendo Bartali di quasi tre minuti. Dunque, Bartali voleva fare il tris (come Simoni quest'anno). 

Scrisse Gino Bartali, a proposito del famoso Giro 1940, quando lui, capitano della Bianchi, dovette accettare la vittoria del ventenne Fausto Coppi, che in teoria avrebbe dovuto essere alle sue dipendenze: “Coppi era a disposizione del direttore sportivo e io non ho mai obbligato nessuno alla schiavitù del gregario. Con me tutti hanno avuto le loro soddisfazioni. Se avessi voluto, Coppi mi sarebbe stato assegnato come gregario ma io non volevo fare dei compagni di squadra dei servi rinunciatari obbligati ai lavori forzati. Coppi, in maglia rosa, stava male e io mi fermai due volte a prendergli due borracce d'acqua perché non perdesse il primato. Coppi forò e io l'attesi sempre”.

Coppi spiegò così, qualche anno dopo, la conquista del suo primo Giro d'Italia: “Bartali era il capitano ma io non ero un suo gregario, avevo libertà d'azione. Sarei stato l'ultimo a passare ruote e borracce. Nella tappa di Firenze (Firenze-Modena del 29 maggio 1940, ndr), Bartali mi disse che avrebbe attaccato e staccato tutti. Sennonché andò via uno, poi un altro, poi un terzo, e lui lì impalato. Allora mi decisi e ebbi il Giro in saccoccia”. Quante analogie con quello che è successo nel Giro 2004. 

Ero al Tour del 1990 quando vidi consumare la vendetta di Flavio Giupponi nei confronti del gregario Claudio Chiappucci, maglia gialla a sorpresa dall'undicesima tappa. Il bergamasco Giupponi, capitano della Carrera, non sopportava l'idea d'essere detronizzato dal “Diablo”. Si accordò con l'americano Greg LeMond e un giorno condusse le danze, mettendo in crisi Chiappucci. Il quale conservò per pochissimi secondi la maglia gialla, sapendo che avrebbe inesorabilmente perso il comando alla penultima frazione del lago di Vassivière, una cronometro di 45 chilometri e mezzo che lo avrebbe seppellito. Vinse l'olandese Erik Breukink, ma Chiappucci si difese coi denti e col cuore: rimase secondo in classifica. Nella Francia che amò il ruvido "perdente" Poulidor e non amò troppo l'elegante trionfatore Anquetil, Chiappucci divenne il vero idolo di un Tour dominato, per diciotto tappe, dai peones del plotone.
(29 maggio 2004)

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