FOOTBALL PORTRAITS - Faccia d'angelo, polso di ferro: così Mandorlini si gioca tutto (2005)

la Repubblica © - ed. Bologna, 13 novembre 2005

Faccia d' angelo. Ai tempi dell'Inter lo chiamavano così, per i riccioli scuri e gli occhi chiari, chiarissimi: azzurro tenebra, per dirla alla Arpino. Andrea Mandorlini, però, sul campo, di angelico aveva poco, pochissimo: per referenze chiedere a Ruben Buriani, l'ex rossonero. Da giocatore era un mastino, un duro. E tale è rimasto da allenatore. Per referenze chiedere, stavolta, a Giacomo Cipriani, che in soli due giorni ai suoi ordini deve aver capito, a suon di urlacci, quand'è ora di "tagliare sugli esterni" e quando invece di "andare dentro". 

In campo, il Mandorla sapeva fare tante cose, forse nessuna strabene, ma tante: era la sua forza e il suo limite. Non sono stati tanti a credere in lui, ma chi l'ha fatto non se n'è poi pentito. Primo fra tutti Giovanni Trapattoni, che lo "inventò" libero nell'anno dello scudetto dei record, '88-89, quando l' Inter venne al Dall'Ara a straripare: 6-0. «Dove lo mettevi giocava», ripeteva il Trap, che oggi farebbe carte false per averne uno così allo Stoccarda. 

Nato a Ravenna il 17 luglio 1960, calcisticamente cresce nel Ravenna ma è dalle giovanili del Torino che approda nel calcio professionistico. Nelle due stagioni granata ('78-79 e '79-80, 27 gare e nessun gol), ha come compagno Renato Zaccarelli, che oggi ritrova al Bologna come ds. Inutile spandere inchiostro su chi l'abbia sponsorizzato con Alfredo Cazzola: poco tempo fa proprio Zac aveva cercato invano d'affidargli la panchina del Toro. 

Nell'80 Mandorlini è un aitante (1,82 per 74 kg) mestierante, che oscilla tra difesa e mediana. Sta all'Atalanta in B (34 gare e un gol), dove critica e ambiente quasi lo stroncano, tanto da farlo andare all'Ascoli, da Carletto Mazzone; che gli dà fiducia al punto che, dopo tre stagioni in A (73 partite, 5 gol), Andrea si ritrova a Milano. 

I sette anni all'Inter (275 presenze, 13 reti) saranno i migliori della carriera, protagonista l'anno del titolo e forse colpevolmente trascurato dalla causa azzurra: solo una presenza nella Nazionale Giovanile, Roma, 13 febbraio 1980, URSS-Italia 1-0. 

Acquistato come terzino sinistro, lui, destro naturale, giostra da jolly e debutta segnando, il 22 agosto '84, in Spal-Inter 0-3 di Coppa Italia. Combattente indomito, se ne ricorda la memorabile battaglia in semifinale di Coppa UEFA al Santiago Bernabéu col Real Madrid, il 16 aprile '86: la chiuse solo l'espulsione ai supplementari decretata dall'olandese Keizer. 

L'anno dopo, complice una delle tante squalifiche del titolare Daniel Passarella, Trapattoni lo "promuove" libero in una gara col Como. Altri due anni, e il Gioânn ne farà il perno della difesa-scudetto. Messi in archivio i due campionati all'Udinese (42 gare, 2 gol), uno in B e l'altro in A, gli ultimi da calciatore, e i primi approcci in panchina chiusi da un subentro e un esonero alla Manzanese (Dilettanti, '93-94), il Mandorlini allenatore comincia sul serio, come fece da calciatore, a Ravenna. 

Nel '94-95, da vice, lavora con Alberto Cavasin e Adriano Buffoni, l'anno dopo affianca Giorgio Rumignani e centra la promozione in B, nel '96-97 collabora con quello che ritiene il suo autentico maestro, Walter Alfredo Novellino: gli si sente vicino pure caratterialmente, «anche se io sono romagnolo, mentre lui, essendo del sud, è un tantino (eufemismo, ndr) più focoso». L'apprendistato si chiude, la stagione successiva e sempre in B, accanto a Mauro Sandreani. 

E' dal '98-99 che il Mandorlini allenatore cammina con le proprie gambe: prima alla Triestina in C2 girone A, poi a La Spezia. A Trieste, subentrato alla quinta giornata con la squadra decima, termina al secondo posto la "regular season" e arriva fino in fondo nei playoff, fermandosi però sul più bello. L'anno dopo guida lo Spezia dalla C2 alla C1 e lì al secondo posto, infilando in due anni una striscia di 40 risultati utili consecutivi: meglio di lui in Italia ha fatto solo il Milan di Fabio Capello (58) e nel resto d' Europa bisogna scomodare l'Arsenal di Arsène Wenger e il Chelsea di José Mourinho. 

Lasciata la Liguria, nel 2002 è a Vicenza in B. Parte malissimo, terzultimo dopo 11 giornate, ma dopo altrettante (8 vinte, 0 perse) galoppa. Poi il gruppo ha un calo e chiude all'ottavo posto: più su, comunque, della salvezza tranquilla richiestagli. Eppure, nonostante il bel gioco palla a terra, preferibilmente con quattro dietro e, là davanti, una punta grossa assistita da due ali, piove qualche critica. I tifosi non gli perdonano la voglia di spiccare il volo (e lui non gradisce uno striscione), forse c' è pure qualche bega intestina. A Vicenza, guida la Primavera Mimmo Di Carlo, rivale di domani col suo Mantova, e poco gradisce l'esodo dei "suoi" giovani in prima squadra. Così Mandorlini si stacca dalla città berica, dove faceva colazione da Bolzani, la caffetteria preferita dal mito Paolo Rossi, insieme a Stefan Schwoch, idolo locale cui però non esita a levare la fascia di capitano. 

Roberto Zanzi (altro ravennate), dg dell'Atalanta, lo vuole per tornare in A: detto, fatto. Ma qui, nonostante un gioco a sprazzi divertente, dura 7 pareggi e 8 sconfitte (tra cui il 2-1 col Bologna di Mazzone, bravo a rimontare dopo rischi micidiali). 

Sposato con Susanna, papà di Davide (22 anni, calciatore al Perugia) e di Matteo (16), poco a suo agio con taccuini e telecamere (degne di miglior causa alcune apparizioni a Pressing Champions League), Mandorlini è uomo di campo più che di salotti. Tendenzialmente introverso, si scioglie solo con gli amici, e preferisce non averne sul terreno di gioco e negli spogliatoi, "territori" dove sa, alla bisogna, alzare la voce. 

A Bologna è arrivato dopo aver rescisso, mercoledì mattina, il contratto con l'Atalanta valido fino al 2006, portandosi il fidatissimo Roberto Bordin, qualcosa più che un "secondo" e il preparatore atletico Mauro Marini, già con lui a Bergamo. 

Domani sera la prima. Un bel test per capire subito se nel passaggio dall'"angelo" (Ulivieri, copyright del quarto ufficiale Trefoloni a Torino) alla "Faccia d'angelo", qualcuno non se la giocherà anche, la faccia. 
CHRISTIAN GIORDANO


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