Aspetti Baldini, arriva Gomes


DEBUTTO VINCENTE (AFP) - Marilson Gomes dos Santos, 29 anni, 
taglia vittorioso il traguardo in Central Park in 2h09’58". 
Al debutto nella maratona della Grande Mela, 
è il primo atleta brasiliano ad aggiudicarsi la classica newyorkese

A New York vittoria a sorpresa del brasiliano davanti ai keniani Kiogora e Tergat Il campione olimpico va in crisi ed è sesto

6 Nov 2006 - La Gazzetta dello Sport
MASSIMO LOPES PEGNA NEW YORK

La maglia gialla ha portato bene, ma non a Lance Armstrong, che comunque non era qui per vincere, e neppure a Paul Tergat, campione uscente che la indossava in quanto detentore del record del mondo, giunto solo terzo, bruciato sul traguardo dal connazionale Stephen Kiogora. E purtroppo neppure a Stefano Baldini, che ne aveva messa una color oro, come la sua medaglia all’Olimpiade di Atene, cui si spegne la lampadina sulla maledetta 1ª Avenue, esattamente dove aveva perso anche le altre gare. Arriva sesto e ha il rammarico del cronometro che ferma a 2h11’33", non proprio veloce: con i suoi tempi del 1997 (3˚) e del 2002 (5˚), invece, ieri avrebbe vinto. La NY Marathon la conquista Marílson Gomes dos Santos, brasiliano, 29 anni: sì un perfetto sconosciuto, fino a ieri naturalmente, cuihannofatto mettere il giallo canarino della sua Nazionale. 

SORPRESA

Nonostante la sorpresa di vedere vincere il primo brasiliano e sudamericano e la novità di Kiogora secondo, la gara segue fedelmente il copione che qui a New York si ripete a ogni edizione come una replica di Broadway. Tutti assieme, i migliori, fino alle pendici del Queensboro Bridge, al 24˚ km poco dopo la mezzamaratona, la cui salitella equivale ai tornanti dello Stelvio: sulla discesa partepimpanteil marocchino Youssef Galmin che entra a Manhattan con un lieve vantaggio. E’ lì che avviene lo strappo decisivo che hala violenza diunterremoto: lo guida Hendrick Ramaala, il sudafricano che l’anno scorso aveva perso da Tergat per una manciata di centimetri. Fra le vittime eccellenti, in difficoltà, c’è Baldini che non riesce a tenere il passo di quell’improvvisa accelerazione. L’italiano aveva detto: «Se qualcunoparte sulla 1ª Avenue, devo per forza andargli dietro, la gara di rimonta qui non paga». Il fatto che non segua il suo progetto di battaglia è un segnale chiaro del suo stato di salute: non buonissimo. Si stacca di 200 metri, che poi diventano 500, ma poi riuscirà a galleggiare in un limbo che lo porterà al traguardo in una posizione di tutto rispetto. Intanto davanti sonorimasti in nove, piùomeno tutti i bravi. Ci si scruta negli occhi. Si aspetta che qualcuno faccia la prima mossa. Così allunga il passo Gomes dos Santos: è il km 32. Pochi pensano che abbia il fegato di provarci davvero. 

CORAGGIO 

Dirà: «Per vincere ci vuol coraggio: io oggi l’ho avuto». Così il brasiliano fa il vuoto, entra nel Bronx da solo, ha un vantaggio che sale fino a 35". Si gasa via via che brucia metri. Si volterà indietro almeno una trentina di volte per controllare. E quasi non crede ai suoi occhi quando vede che una cinquantina di metri più indietro lo inseguono, non troppo convinti, proprio Tergat e Ramaala. Poi, anche il sudafricano molla e al suo posto rinviene il keniano Stephen Kiogora. Alla fine Gomes tiene per 8": è l’unico brasiliano a non avere soprannome («Chiamatemi Marílson»), sesto posto a Chicago nel 2004 con il suo personale (2h08’48"). E’ nato a Brasilia, maa 15 anni si è trasferito a San Paolo, dove è stato reclutato da una società di atletica. La stessa di Lima: «Ci alleniamo spesso anche assieme». Detiene il record brasiliano dei 5 e10 milametri. E da oggi la sua vita cambierà. 

LE DONNE 

La sceneggiatura della gara femminile, invece, viene stravolta dalla lettone Jelena Prokopcuka, già regina l’anno scorso che bissa il successo: parte forte approfittando dell’andamento lento del gruppetto delle famose. Alla mezza è già al comando e sulla Prima si porta dietro solo l’ucraina Tatiana Hladyr. La nuova dominatrice di New York la pianta in asso al 35˚ km e vince con un bel sorriso stampato sulle labbra.

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CON EL GUERROUJ (EPA) - Lance Armstrong, 35 anni, all’arrivo in Central Park accompagnato dal grande Hicham El Guerrouj, il primo alla sua sinistra

Armstrong sotto le 3 ore: «Che fatica»

NEW YORK — Ad accoglierlo al traguardo c’è il sindaco Bloomberg. Lance Armstrong arriva 869˚ in 2h59’36". Voleva scendere sotto le tre ore: missione compiuta. Jalabert però l’anno scorso aveva fatto meglio (2h55’15"). Dice: «Se qualcuno a tre km dalla fine mi avesse proposto 3h05’, le avrei prese». Dice che in vita sua non ha mai durato tanta fatica: «Questa è in assoluto la cosa più difficile che abbia mai fatto. Mount Ventoux o Alpe D’Huez sono più facili». Sorride anche Dean Karnazes, il 44enne di San Francisco alla 50ª maratona in 50 giorni: ha chiuso in 3h00’36".

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Gasparotto conquista la sua New York: «Fiero di me»

«Ho chiuso in e ho scoperto una nuova vita»

6 Nov 2006 - La Gazzetta dello Sport
dal nostro inviato MANLIO GASPAROTTO 

NEW YORK - Operazione Gasparotto è finita. Lamaratona diNewYork è finita, e io l’ho completata ottenendo persino il tempo che avevo «sparato» ad aprile: 4h21’47". Non ho ancora capito se vale il real time (quello del chip: poco sotto le 4h20") oppureil total (calcolato dallo sparo, quando quelli come me sono magari a un km dalla linea del via). Ma questo conta relativamente perché lo scopo che laGazzetta si eradata era dimostrare quanto l’esercizio fisico organizzato e una dieta possono fare al corpo umano, anche trasformare uno come me in un runner. 

L’EMOZIONE 

Di tutto questo mi resteranno diverse cose, la (fantastica) scoperta del mondo della corsa, ma soprattutto il nuovo me: quello più magro, più atletico, più vivace. Qui dicono che se finisci la maratona di New York puoi fare qualsiasi cosa: io non so cosa farò, anzi so che da domani sono in vacanza. 

LA GENTE 

Rivivrò con calma l’attesa di Staten Island, il pontedi Verrazzano cheballa sotto i nostri piedi, la gente che ovunque ti urla «go», «forza... Italia», che a un certo punto ti aggiorna sulle distanze. Le facce splendide dei bambini, alcuni piccolissimi, che allungano la mano chiedendo il cinque. Vedevo loro e pensavo alle mie, Erica che mi aspettava a CentralParkedIreneche è rimasta a casa coi nonni ma ha voluto vedere la tv perché correva il suo papà. Dicono che quasi due milioni di persone seguano la corsa in città. Non so se è vero, ma so chenonavevo mai visto tante facce. A un certo punto ho dovuto guardare per terra per non farmi travolgere da tutte queste informazioni, colori, bandiere, facce di papà, mogli e mariti che cercavano i loro figli o compagni in gara. Tutti conun cartello, conuncappello, uncolore. Hofinito distrutto, è vero. Quando Pier Bergonzi ha dovuto lasciarmi, a metà gara, in pochi chilometri ho cominciato a vedere i fantasmi: dovevo gestirmi. Almeno per oggi la NYCM me la sono goduta solo in parte, ci homessoquasi50 minuti anche solo per rientrare in albergo e scriveremaanche in quel momento tantissima gente ha voluto sorridere ai maratoneti, salutarli, complimentarsi con « Good Job», buon lavoro. 

RIPROVERO’ 

Sei mesi, tra corse, ginnastica e incidenti stradali. Alla finenonhodetto che non correrò più e non hopianto, peròmisonocommosso come raramente mi succede. Credo che ci riproverò, nel nome però del divertimento, della compagnia e della vita sana.


L’IMPRESA - Il giornalista della Gazzetta Manlio Gasparotto. Era un sedentario, in sei mesi ha perso 13 chili e scoperto una nuova qualità della vita.

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