FOOTBALL PORTRAITS - Gascoigne, la striscia di Gazza
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di Christian Giordano ©
Guerin Sportivo © - marzo 2008
«Sin da quando è apparso sulla scena del calcio inglese, questo talentuoso centrocampista è stato inseguito da guai e polemiche, in campo e fuori». Questo l'attacco di un articolo di BBC news del 19 marzo. Del 1998. Sembra scritto adesso, perché in dieci anni nulla è cambiato. Anzi, se possibile, le cose sono soltanto peggiorate. E ora hanno un nome: Mental Health Act, la legge che permette alla polizia inglese di internare chi, per disturbi psichici, è pericoloso per la pubblica incolumità.
Perché tale era il protagonista di due incidenti avvenuti il 20 febbraio in altrettanti hotel del Tyneside, dopo che era stato cacciato dal Gateshead Marriott: il Malmaison di Newcastle e l'Hilton di Gateshead, dove oltre a devastare l'arredo, insultare e minacciare i clienti e attivare l'allarme antincendio, si presentava nudo alle cameriere e con sulla fronte la scritta «Mad», matto. Nel trentennale della legge Basaglia, fa ancora più effetto. È difficile spiegare - specie ai più giovani, a chi non l'ha visto giocare o a chi non conosce appieno lo spirito primigenio del calcio inglese - chi e soprattutto che cosa è stato Paul John Gascoigne. Un talento pari solo alla forza autodistruttiva, che, più ancora della carriera, gli ha rovinato la vita. Oltremanica, non c'è appassionato che non abbia visto in lui ciò che sognava di essere e il se stesso che invece era diventato.
Giocatore "continentale" per tecnica e fantasia, britannico per il resto, tutto in uno: Gazza. Secondo di quattro figli di John e Carol, Paul è nato il 27 maggio 1967 a Dunston, hinterland di Gateshead, sulla riva sud del fiume Tyne: terra che più Geordie non si può. Prima di procedere a svariati traslochi i Gascoigne vivevano in una stanza al piano superiore di una council house con bagno in comune. A dieci anni, col padre in Germania in cerca di lavoro, assiste alla morte di Steven Spraggon, il fratellino di un amico, investito da un¹auto di fronte ad una pasticceria. Poco dopo, altro trauma: il papà ha un¹emorragia cerebrale e resta in ospedale per otto mesi. Il calcio, giocato per strada o al parco da quando ha quattro anni, è una via di fuga. A otto anni è nella squadra della scuola, poi, pur non avendo l¹età minima necessaria, entra nel Redheugh Boys Club locale. Intanto, mostra i primi segnali di una personalità compulsiva.
Malato di slot-machine, una volta, giocatosi tutti i soldi, rubò 15 sterline dalla borsetta della sorella e perse anche quelle. Affetto da cleptomania, ruba nei negozi, ma - dirà - più per il brivido che per la merce in sé. Gli scout lo notano nei Gatshead Boys, ma fallisce i provini per Ipswich Town, Middlesbrough e Southampton prima che, nel 1980, la leggenda Jackie Milburn, la cui statua campeggia di fronte al St. James Park, lo segnali al Newcastle United. Con i Magpies firma da praticante nel 1983, due anni dopo vince da capitano la FA Cup giovanile e debutta in prima squadra dove poi farà strana coppia con il brasiliano Mirandinha. Risalgono a quel periodo i primi, mitologici aneddoti di quando - preso di mira per l'incipiente pinguedine - raccoglieva le barrette di cioccolato tirategli dagli spalti, le scartava e se le mangiava uscendo dal campo. Quando Terry Venables lo firmò per il Tottenham, nel 1988, Gascoigne divenne il primo calciatore britannico a sforare il tetto dei 2 milioni di sterline (2,3), etichetta pesante per un 21enne.
Figurarsi se l'esordio, in un torneo internazionale di precampionato, avviene a Wembley e gli Spurs le buscano per 4-0 dall¹Arsenal. Stadio e avversaria, invece, gli porteranno bene. All'Imperial Stadium, un mese dopo debutta in nazionale entrando nella ripresa di Inghilterra-Danimarca 1-0 (rete di Neil Webb). E sempre lì, contro i Gunners nella semifinale di FA Cup del 1991, dopo sei minuti segnerà su punizione da trenta metri il primo gol del 3-1 che varrà al Tottenham la storica, e per lui tragica, vittoriosa finale. La prima stagione con il club nord-londinese gli porta anche il primo gol con l'Inghilterra, segnato da sostituto sempre nel tempio della capitale nel 5-0 sull¹Albania. Italia 90 presenta invece il miglior Gascoigne visto in campo internazionale. Trascina la rappresentativa dei tre leoni sino alle semifinali, il miglior risultato post-Mondiale 1966, e quando contro la Germania Ovest (poi vincitrice ai rigori) prende, da diffidato, il giallo che gli costerà la squalifica, piange come un bambino. Così sconvolto da salire, a fine gara, sul pullman dei tedeschi. In patria, quelle lacrime scatenano la Gazzamania.
Cinque mesi più tardi la BBC lo sceglie come Sportivo dell'anno: è il secondo calciatore dopo Bobby Moore. Come ogni apice, lì inizia la discesa. Al 15¹ della finale di Coppa d'Inghilterra 1991, contro il Nottingham Forest, il suo tackle da codice penale sul difensore Gary Charles gli procura la rottura del crociato del ginocchio destro. Il bello è che non se ne accorge: si alza e va in barriera, Pearce segna sulla susseguente punizione e lui, al 17', si accascia dal dolore. Sarà la sua ultima partita con il club del White Hart Lane e gli costerà 16 mesi di stop e 12 di ritardo nel trasferimento alla Lazio, dove, inseguito giorno e notte dai tabloid britannici, arriverà per 3,5 milioni di sterline. Il presidente Sugar, boss dell¹elettronica con la Amstrad, ce ne aveva rimessi un paio. Delle sue tre stagioni in biancoceleste si ricordano il gran gol di testa all'89 nel derby (il primo dei 6 in 43 presenze in Serie A), i rutti nel microfono (alla Norvegia andò peggio, con un «vaffa» via-etere), gli scherzi da spogliatoio e gli infortuni: eppure viene considerato, per il carattere e le sventure, un'icona di una certa "lazialità".
Forse perché campione lo era anche di sfortuna. All'esordio, dopo 45° gli cede il ginocchio appena guarito, e messo a rischio - sempre nel settembre '92 - in una rissa in un night del Tyneside. Nel gennaio '94, si rompe una costola nel match contro la Sampdoria; in aprile, in allenamento, si frattura una gamba in due punti: un anno fermo. Nel frattempo picchia per due anni la fidanzata, e futura moglie, Sheryl Kyle e occasionalmente i paparazzi. Nel '95, per 4,3 milioni di sterline, Walter Smith lo porta ai Rangers, subito trascinati dal Giocatore dell'anno al Double, e alla doppietta coppa di lega-campionato (il nono filato per i Blues, record eguagliato) l'anno dopo. Gazza ritrova la nazionale, ma tre anni dopo, nel ritiro spagnolo Glenn Hoddle lo taglia dai 22 per Francia 98 e quello gli sfascia la stanza, «come posseduto dal demonio».
Così "fuori" da prendere a calci una sedia da scalzo. Per tornare ad alto livello, dirà il Ct, a Gascoigne servono cinque cose: smettere di bere, tornare più in forma che mai, cambiare alimentazione, imparare a controllare le emozioni e stare lontano dagli infortuni: «Deve guardarsi dentro e chiedersi che cosa vuole, dove sta andando e come ci arriverà. Se non lo farà, nessuno potrà aiutarlo». Mel Stein, consigliori di Gazza (passato in estate al Middlesbrough), non trova di meglio che prendersela con Hoddle per aver reso pubblici i dettagli. Il suo ex mentore Smith, invece, nel 2000 lo prende all'Everton e l'anno successivo lo convince al ricovero in una clinica dell'Arizona. Tutto inutile.
Gascoigne è in caduta libera: prima in First Division, al Burnley, poi come allenatore-giocatore (finito) nella seconda divisione cinese, al Gansu Tianma, e al Boston United, in League Two. Nel 2005 è manager del Kettering Town, club di non-league, per 39 giorni prima che il presidente Imraan Ladak lo licenzi perché «sotto l'influenza dell'alcool prima, durante e dopo parecchi allenamenti e partite».
Il resto è cronaca dell'ultimo anno. L'intervento d'urgenza allo stomaco, per un'ulcera perforante all'indomani del 40° compleanno. Il ricovero coatto all'ospedale di Middleton St. George, a Darlington, dove ha trascorso 18 giorni a curare una dipendenza da cocaina da 2.000 sterline quotidiane. La settima riabilitazione, stavolta nella modesta casa paterna a Gateshead - vicino quelle della madre, della sorella Lindsay, del fratello Carl - visto che, dopo l'ennesima, furiosa lite - per 40 mila sterline non restituite - con lo storico compagno di bevute e coinquilino Jimmy "Five Bellies" (Cinquepance) Gardner, non ha più un posto dove abitare. A parte i cuori di chi l'ha visto giocare e ha sognato di essere, in campo, come lui.
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