FOOTBALL PORTRAITS - Bulgarelli, Capitàn Bulagna
https://www.youtube.com/watch?v=I01cl9cBg84
di CHRISTIAN GIORDANO, Sky Sport 24 (12 febbraio 2009)
Ci sono colori, odori, umori che quando ti entrano sottopelle, non te li lavi più via. Neanche se dalla tua Bologna giri il mondo perché della tua passione, il pallone, hai fatto un lavoro. Perché sin da ragazzino eri il più bravo, il più lucido, il più geometrico.
Giacomo Bulgarelli, bolognese di Portonovo di Medicina, classe 1940, del calcio italiano è stato uno dei suoi registi puri e seri. Mai seriosi, però. Era bolognese dentro, prima di esserlo sul campo, Bulgarelli. Amava ridere e scherzare, la buona tavola e le dotte conversazioni. Senza prendersi troppo sul serio, anche quando ne avrebbe avuto il titolo.
Da bandiera del club mai lasciato, nel ’64 vinse il secondo scudetto “impossibile” di Fulvio Bernardini: otto anni dopo Firenze, Bologna. Per il Dottore un altro miracolo lontano dalle metropoli.
«Io ho cominciato a giocare nel ’53 nel Bologna, e ho smesso nel ’75: ho fatto 22 anni nel Bologna. Son sempre stato tifoso del Bologna. Era la mia squadra del cuore quindi la soddisfazione è difficile da spiegare».
Nella squadra tricolore Pavinato era il capitano, Bulgarelli il simbolo, il cervello che innescava Nielsen e Pascutti.
In nazionale Mondino Fabbri lo riteneva così indispensabile da farlo giocare con un ginocchio rotto. Era il Mondiale del ’66, allora non c’erano le sostituzioni e quando Giacomino sentì crac, lasciò i suoi senza luce. E fu Corea. Come il Ct di cui era pupillo, Bulgarelli pagò caro quel KO.
In nazionale rimase fino al vittorioso Europeo di Roma ’68, ma in quel torneo non giocò mai. L’ultima delle sue 29 presenze in azzurro, con 7 gol, risaliva all’anno prima.
Col calcio giocato chiudere il 4 maggio 1975, dopo 486 partite e 58 gol in rossoblù.
Nella sua seconda carriera il Bulgarelli telecronista è stato un’ottima seconda voce, chiara e precisa com’era lui in campo. Ha continuato a vivere a Bologna e a tifare rossoblù, ma solo su ribalte locali. Su quella nazionale serviva un altro stile. E Bulgarelli ne ha sempre avuto. Più di tutti. Perché anche quello, quando ti entra sottopelle, non te lo lavi più via.
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